Quella di giovedì 30 aprile è stata la giornata del Cerro Torre, una delle montagne simbolo, mito patagonico, per gli alpinisti di tutto il mondo.
Al pomeriggio la polemica, ovvero la presentazione in anteprima dell’ultimo libro di Reinhold Messner, “Il grido di pietra” (Corbaccio), che vede l’alpinista altoatesino nelle vesti di storico ricostruire la vicenda della tanto discussa prima al Cerro Torre di Cesare Maestri, Cesarino Fava e Toni Egger nel ’59; Messner è stato categorico: “Cesare nel ’59 non può essere salito in vetta al Cerro Torre“, lo dimostrerebbero secondo lui l’incrocio dei racconti dei protagonisti, l’attrezzatura – soprattutto le piccozze – non adatte ad affrontare il “fungo” finale, e il fatto che nessuna delle cordate successive abbia mai ritrovate tracce – ad esempio i chiodi a pressione – di quella salita.
Polemica, dicevamo, nonostante Messner abbia dichiarato grande stima per Cesare Maestri e sostenga che il suo reale interesse in questo lavoro di indagine sia in realtà la conoscenza delle motivazioni psicologiche degli alpinisti.
Nella serata al teatro Auditorium invece la grande festa, ovvero un racconto suggestivo delle salite e dei protagonisti del Cerro Torre con un Maurizio Nichetti abile conduttore capace di creare un’atmosfera leggera, assistito da letture, musica, filmati, immagini. Presenti in sala molti protagonisti della vetta patagonica, ma non Cesare Maestri.
Una serata pensata volutamente per rimanere lontani da una polemica la quale naturalmente ancora una volta si è subito accesa: una discussione su cui non sentiamo il bisogno di dire la nostra sembrandoci essa qualcosa di cui l’alpinismo probabilmente non ha bisogno.
Preferiamo lasciarvi al racconto per immagini della presentazione del libro di Messner, e riproporvi un’intervista che proprio Cesare Maestri ci aveva rilasciato tre anni fa in occasione della 54^ edizione del TrentoFilmfestival.
Andrea Bianchi