“…e non è colpa mia se esistono spettacoli con fumi e raggi laser, se le pedane sono piene di scemi che si muovono…”
Patriots – Franco Battiato
Apro il giornale. L’ennesimo. La foto del Cervino (ovviamente preso dalla parte italiana) occupa la pagina intera dell’inserto. Mi faccio coraggio e trovo la voglia di leggere le odierne perle di saggezza e di storia dedicate al compleanno del “Re di pietra” (non me ne voglia il Monviso). Ecco quello che in sintesi vorrei leggere ma so che non sarà così. Centocinquant’anni fa la prima ascensione. La prima grande tragedia data in pasto ai media. La prima grande sfida. Due i protagonisti: Whymper, l’inglese visionario. Carrel, la guida anomala, il montanaro anticonformista anch’egli con il cancro della Gran Becca. La reciproca stima presto vince l’iniziale diffidenza. Poi, però, è la “ragion di stato” a prevalere e il neonato Club alpino italiano “corrompe” la guida di Valtournenche. Vuole la vetta a tutti i costi. Whymper lascia così deluso Valtournenche constatando che l’uomo che avrebbe voluto con sé nella prima ascensione si è fatto comprare. La scorrettezza è grande quanto la reazione dell’Inglese, che rientrato a Zermatt organizza una sua spedizione. Commette delle leggerezze, ma raggiunge per primo la vetta. Qualcuno dirà che lo ha fatto lungo la via più facile rispetto alla cordata italiana che ha attaccato dal Breuil. Ma la Gran Becca se ne frega delle sfide, delle amicizie perdute, delle ragion di stato, dei tradimenti. Ha già in mente una dura vendetta per la sua cima violata. Durante la discesa l’inesperienza di alcuni degli elementi della cordata franco -anglo- svizzera è pagata a caro prezzo. Quattro morti e una corda spezzata, sospetti e critiche feroci a Whymper. L’inglese non farà mai più dell'”alpinismo”. Questo singolare compleanno meriterebbe silenzio, rispetto per i morti, riflessioni anticonformiste, meno luci e meno chiasso. Torno alla realtà delle pagine di giornale, quelle per la massa. Si sprecano i commentatori radical chic, quelli delle interviste nei salotti. Della Gran Becca non ne hanno forse neanche mai calcato le pendici. Si sprecano le banalità così come ogni genere di manifestazione attorno alla “Gran Becca”, il cui scopo dietro una maschera carnascialesca è solo quello di attirare turisti e visitatori. Il Cervino sarà illuminato! Quale cinico e poco sincero lume commemorativo per le decine di persone che vi hanno perso la vita. Passeggiate, conferenze, gadgets. Venite signori! Il Re è nudo! Messner dichiara per la gioia di cronisti faciloni: “Una volta il Cervino ha respinto anche me”. Penso: ecchissenefrega! mentre mi risparmio gli articoli delle solite firme del giornalismo “per bene” di montagna. Stimo alcuni di loro e mi piacerebbe leggere un grido di rivolta alla spettacolarizzazione della “Gran Becca”. Ma non è così. Chiudo il giornale e penso a Whymper, a quello che gli sta passando per la testa in questi giorni se può vedere tutto ciò. No, proprio non ci salirebbe più sulla sua amata e maledetta montagna. Ne farebbe a meno di scrivere la storia. E già mi pare di vederlo, seduto in un prato a disegnare un trionfo di fiori colorati.