Ci sono molti modi per vivere, uno di essi è viaggiare.
Ci sono molti modi per viaggiare, uno di essi è vivere.
Se chiudo gli occhi posso sentire la porosità delle colonne romane e delle cantine di Orvieto, la consistenza delle pareti granitiche del Bianco e l’inconsistenza della dolomia sovrana dell’est. Il sapore delle olive all’ascolana e il colore degli uliveti liguri, il rumore delle onde a Capo Vaticano e a Porto Azzurro, al Golfo degli Aranci e a Molfetta. L’eco delle Gravine di Puglia e il vuoto dei cieli da torcicollo di romagna. Di quanti colori e odori si parlerebbe e per quante settimane se volessimo enunciare gli elementi bianchi, rossi e verdi?
Mi viene in mente il discorso di Robin Williams in Will Hunting: “Se ti chiedessi sull’arte probabilmente mi citeresti tutti i libri di arte mai scritti. Michelangelo. Sai tante cose su di lui: le sue opere, le aspirazioni politiche, lui e il papa, le sue tendenze sessuali, tutto quanto vero? Ma scommetto che non sai dirmi che odore c’è nella Cappella Sistina. Non sei mai stato lì con la testa rivolta verso quel bellissimo soffitto… mai visto”.
Se chiudo gli occhi ricordo la meraviglia di Neuschwanstein e il sapore della birra teutonica e dei crauti, ma anche il piacere irlandese di una Kilkenny sorseggiata a Kilkenny. Sorrido al “mind the gap” nella metro londinese mentre mi dirigo alla casa di Freddie, l’indiano Bulsara. Ricordo il vento sulla Tour Eiffel che punta da Lyon e la brezza dei battiti di ventimila mani all’Herculis nello stadio Louis II a Montecarlo. Diverso è il turbine che fa correre le nuvole alle scogliere di Moher, differente persino da quello scozzese che sale e ridiscende le Highlands fino a Lochness, una dicotomia affine a quella che passa tra le spire svizzere che da Losanna puntano ai 4000 e quelle che dal Medale scendono a Lecco.
Se non apro le palpebre posso sentire il profumo del pesce croato di Rovinj, l’ironia pungente slovena, il mutare della campagna austriaca, il profumo speziato che aleggia nelle vie di Amsterdam, che tutto sa fuorché di mulini. Pane di realtà per i nostri sensi, pronti a ingannare il cervello e a farci credere l’esistenza. Dubbio iperbolico, caro il mio Descartes… e pensare che ho anche visto la tomba di Hume, con la mente rivolta a te.
Per far eco a un grande che fu, ecco nuovi occhi che si aggiungono ai miei…
Turchia, ora so cosa si specchia del vetro dei bicchiari di çay e quale sia il suo odore…
Christian Roccati
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