Ieri, mentre scendevo dalle vallate per raggiungere Genova, nel cielo è comparso un gigantesco viso in cielo, una faccia immensa, che si è tuffata attraverso le nubi, a osservare cosa fanno gli uomini.
Era lì, fermo eppure in movimento, e trasmetteva orrore, nel senso originale della parola.
Uno stupore sacro e infinito.
Mi son chiesto perché attribuiamo alla definizione di Dio questo tipo di immagini, eppure dovremmo vederlo in tutte le cose. Da Mitra in poi, ogni divinità monoteistica è stata considerata secondo dimostrazioni di potenza unica e assoluta. Eppure l’armonia è ovunque… Perché sentirsi schiacciare dalla colpa, dal peccato…
Perché?
Il peccato non esiste. Non esistono le persone cattive e non deve assolutamente esistere il concetto di colpa. Ci sono cause ed effetti. Se privo dell’amore un bambino, il suo temperamento energico magari si trasformerà da entusiasta in crudele, o ciò che la morale comune ritiene tale. Se non spiego a un ragazzo, dando risposte alle sue domende e attenzione ai suoi legittimi bisogni, il suo modus operandi magari comprenderà atteggiamenti che la società ufficiale relega a egoismi.
Armonia… cause e non colpe, dolcezza e non tolleranza.
Comprensione, sempre e comunque, e commisurazione certa delle reazioni proporzionale alle azioni. Certa.
Dio, o il suo concetto, perché dev’essere un super volto che sconvolge le nuvole tra piaghe e diluvi universali?
Preferisco la canzone che si rivela nelle pecore che si muovono a schermaglia. E’ possibile racchiudere in un enorme complesso algoritmo quel turbinio e da esso trarre un’aria che può diventare opera teatrale o alfabeto o scultura o esempio.
Una fotografia può evocare ricordi lontani di terre irlandesi e da questi frammenti ecco favole di folletti e nubi in corsa sotto cieli stellati invisibili al chiarore della luce, sia quella del sole, sia la poesia interna che niente può spegnere.
Penso al compositore Jerbas Agnelli che vide una fotografia di Paulo Pinto che ritraeva una serie di passeri appoggiati su cavi elettrici e l’interpretò come una canzone, come se stesse osservando un pentagramma e realmente suonò quella melodia.
La “grande bellezza” è lì davanti e noi a immaginare chissà cosa… a lottare per aver la supremazia sul niente.
Chi tradisce, colpevolizza, ordina, piega le regole al proprio dolore… Basterebbe molto meno, sarebbe sufficiente giudicare tutto con trasparenza e condannare niente, perché tutto è giudicabile e niente condannabile.
Dio o il suo concetto può essere in ogni cosa, senza alcun peccato e con una voglia immensa di vivere e magari di far l’amore, con una splendida fanciulla o con l’esistenza stessa.
La vità è gioia e dolore, quanto può essere meravigliosa, di aria, fango e sangue.