La Commissione Tutela Ambiente Montano e Culturale, nell’ambito delle serate che accompagnano la mostra “Il fiume Brembo: le Acque, le Genti, la Storia” presenta l’evento “Serata in rosa: le rifugiste delle Orobie si raccontano“.
L’appuntamento è previsto per venerdì 5 novembre alle ore 21.00 presso il Palamonti di Bergamo. Modera l’incontro Emanuele Falchetti, giornalista della rivista Orobie. Presente in sala anche Roberto Serafin (Redattore de Lo Scarpone e della Rivista del C.A.I.), Rossella Begnis (Rifugio Longo) Anna Bortoletto (Rifugio Grassi), maternità permettendo Elena Sangalli (Rifugio Cazzaniga) Serena Sironi (Rifugio Falc) Jessica Ruffinoni (Rifugio Dordona) Patrizia Sirtoli (Rifugio Capanna 2000) Silvana Rodigari (Rifugio Coca) Valeria (Rifugio Gherardi) Battistina Bagini (Rifugio Calvi) ed Eugenia (Rifugio Lecco).
La serata è stata pensata per rendere omaggio ad esempi di imprenditoria femminile e di scelte coraggiose di donne che non hanno paura dell’isolamento, che sopperiscono alla forza fisica maschile con grandi capacità organizzative, con la dolcezza, l’abilità di sapersi adattare all’essenziale e soprattutto con uno sconfinato amore per la montagna. Saranno presenti donne che gestiscono direttamente un rifugio o che collaborano in modo insostituibile con un marito o un compagno; giovani che da qualche anno hanno intrapreso con entusiasmo e inventiva questa attività e meno giovani che la praticano da anni accumulando una notevole esperienza. Non sono alpiniste di professione, ma mamme giovani e meno giovani, cuoche, cameriere, studentesse, tecnici forestali, architetti. Nel tempo questo lavoro si sta appaiando a titoli impegnativi, senza nulla togliere a quante lo affrontano con la semplicità e il coraggio del volerci riuscire. Una scelta di vita spesso radicale, che le rende forse un po’ folli agli occhi di chi è abituato ad una vita di sicurezze: alcune, in strutture più accessibili e frequentate, mantengono il peso di un’attività estesa a lunghi periodi, anche tutto l’anno, altre vivono per tre-quattro mesi all’anno accanto alle vette, circondate solo da rocce e prati e come amici gli escursionisti di passaggio, qualche alpeggiatore o gli stambecchi. Donne che vivono ad alta quota, oltre i 2.000 metri, per alcuni mesi o anche più e con loro altre donne che operano negli alpeggi, nelle stazioni sciistiche in inverno e in tutte quelle attività connesse con l’abitare in alta montagna. Oggigiorno Rifugista e Gestore non è più solo uomo, anzi sembra che, a lungo andare, diventerà proprio una professione anche femminile.
La serata sarà accompagnata dalla proiezione di immagini sulla vita delle rifugiste. Seguirà un piccolo rinfresco.
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