Il canyoning – o torrentismo – è una disciplina sportiva outdoor che, nonostante sia considerata di nicchia, nel tempo ha saputo conquistare un pubblico sempre più ampio: dal grande esploratore al principiante, dall’atleta al torrentista sporadico, dal perfezionista tecnico all’escursionista, dallo scienziato al curioso. Si tratta infatti, di una disciplina molto affascinante, ma non certo priva di rischi. Proprio a causa della sua alta tecnicità, il torrentismo necessita di un punto di riferimento ufficiale che aiuti gli appassionati ad orientarsi nella pratica e nella corretta promozione dell’attività. La realtà nazionale di riferimento è AIC – Associazione Italiana Canyoning che da più di vent’anni rappresenta la grande famiglia degli amanti del torrentismo “non commerciale” e che opera per una corretta promozione e crescita dell’attività sportiva. Dopo un primo anno di mandato, e alla luce degli sviluppi che AIC ha vissuto nel tempo, abbiamo deciso di intervistare la Presidente dell’Associazione: Monica Boraso.
Ciao Monica, raccontaci un po’: come nasce AIC e come si è evoluta negli anni?
AIC nasce nel 1998 in risposta alla richiesta diffusa in tutta Italia da parte di gruppi autonomi e praticanti che volevano darsi una voce univoca e creare comunità. C’era il desiderio di “farsi sentire”, conoscere e sviluppare l’attività. Tra il primo gruppo di fondatori, mi piace ricordare la figura di Maurizio Biondi (scomparso dieci anni fa esatti): è stato fondamentale per la creazione di SNC, l’organo didattico di AIC. Dalla fondazione ad oggi, direi che di strada ne è stata fatta perché AIC, venti anni dopo, conta centinaia di soci in tutta Italia, diversi sostenitori stranieri ed è inoltre riconosciuta, assieme alla Scuola Nazionale Canyoning, come l’istituzione storica e rappresentativa del torrentismo moderno italiano.
Quali sono i valori e gli obiettivi di AIC?
Secondo me il valore principale che caratterizza AIC è la passione per un’attività molto tecnica ed impegnativa che ci permette di addentrarci in ambienti straordinari, impervi e riservati a pochi. Un altro valore è la curiosità per quanto ci sia ancora da esplorare, attrezzare e percorrere. Il tutto si affronta poi con impegno, coerenza, rispetto, fatica e tanta amicizia. Altri aspetti imprescindibili sono: la tutela dell’ambiente forra, la ricerca della sicurezza, lo sviluppo della tecnica, la formazione e l’aggregazione, con l’obiettivo di continuare ad essere il punto di riferimento per il torrentismo in Italia e l’interlocutore principale verso le varie realtà territoriali e le istituzioni.
Solo di recente il canyoning ha assunto una connotazione sportiva dato che in passato veniva usata come metodologia di ricerca esplorativa da parte e dalle compagnie elettriche. In Italia esistono ancora delle forre inesplorate?
Certamente. Potremmo infatti dire che ogni torrentista è una persona con il naso all’insù, che scruta pareti e pendii, che in prossimità di ogni cascata immagina quale possa essere l’itinerario d’accesso, la sequenza delle calate, la portata dell’acqua. Naturalmente, al giorno d’oggi è raro trovare “un super gioiello”: le forre più interessanti ancora da scoprire e attrezzare richiedono un’esplorazione complessa o faticosa, ma l’apertura e la catalogazione di un nuovo percorso resta il sogno di ogni torrentista.
Esistono leggi nazionali e regionali che legittimano e regolamentano l’attività di figure professionali diverse nell’accompagnamento in canyon. Qual’è l’attuale posizione di AIC in questo contesto e alla luce delle polemiche sorte lo scorso anno?
Polemiche e “scontri” ci sono da quando il torrentismo è diventato commercialmente interessante; AIC si è sempre volutamente e coerentemente tenuta al di fuori dell’ambito commerciale. La realtà dell’accompagnamento commerciale è normata da regolamentazioni regionali, una legge quadro e direttive europee che non sempre collimano, dando adito a rivendicazioni di parte che a volte non sembrano legittime. Pur al di fuori di qualsiasi interesse all’attività di accompagnamento commerciale, non vedo di buon grado chi vuole garantirsi l’esclusività della pratica a discapito degli altri. Inoltre, a mio parere, è una forzatura voler assimilare l’insegnamento tecnico della disciplina all’accompagnamento commerciale: sono due aspetti molto diversi (per scopo e metodologia) che non hanno nulla a che fare l’uno con l’altro, ma che vengono talvolta accomunati per convenienza, nell’ottica di conquista di una sorta di monopolio sull’attività.
Qual è il consiglio che daresti a chi si rivolge a terzi per fare un’esperienza di canyoning in merito alla professionalità degli accompagnatori che li seguiranno?
Dipende dall’obiettivo di chi inizia a praticare il torrentismo: se lo si fa per conoscere ed imparare a praticare una nuova disciplina in piena sicurezza e in autonomia, allora la scelta giusta è AIC. Grazie alla Scuola Nazionale Canyoning, offriamo ai nostri soci corsi di formazione di ogni livello, da quello per principianti a quelli più avanzati e specifici. Se lo scopo è invece quello di una pratica estemporanea, un assaggio appagante ma breve, allora il consiglio è quello di farsi accompagnare da un professionista titolato. La professionalità, in senso lato, la si trova tanto nelle guide titolate quanto negli istruttori SNC, ognuno nei rispettivi ambiti.
E se si va da soli? Che caratteristiche deve avere una buona forra per potervi praticare canyoning in sicurezza?
Certamente la pratica in sicurezza non dipende dalla forra, ma dal modo di affrontarla, esattamente come una via in montagna. Esiste una scala delle difficoltà condivisa internazionalmente (pur con qualche differenza) che definisce il livello di impegno, requisiti ed esperienza necessaria per affrontare ciascuna forra. Per la tipologia di progressione, tecniche e materiali da usare, il torrentismo è comunque uno sport principalmente di squadra. Per questo, a mio parere, è fondamentale avvicinarsi all’attività dopo una formazione specifica e scegliere un percorso adatto al proprio livello, valutando scrupolosamente sia le caratteristiche tecniche del percorso che le condizioni meteo e la portata d’acqua del momento. La sicurezza sta quindi nel possedere le capacità adeguate al percorso che si vuole affrontare.
Come influisce la presenza dell’uomo sulla flora e fauna delle forre attraversate? E’ possibile praticare un’attività di canyoning totalmente rispettosa dell’ecosistema che si attraversa?
Si, certo. Ci sono studi che dimostrano come mediamente l’impatto antropico in una forra sia pressoché irrilevante. Pensiamo ad un torrente stretto e a profilo, quasi verticale, durante una piena (situazione che si ripete con regolarità stagionale). Durante eventi del genere, il torrente può subire modifiche a volte anche sostanziali: pozze che si riempiono o svuotano di ghiaia e detriti, enormi massi spostati lungo l’alveo e tronchi trasportati a valle o incastrati in qualche insenatura. Di fronte a questi elementi è difficile sostenere che l’impatto di poche centinaia di percorrenze annue possa avere ripercussioni rilevanti sull’ecosistema della forra. Ricordiamoci che un torrentista è colui il quale, a volte con gran fatica, percorre un itinerario di avvicinamento con il materiale in spalla, entra nell’ alveo del torrente, si cala con corde per pareti e cascate, nuota in pozze e laghetti facendo al massimo delle fotografie. Durante la sua percorrenza, non impatta con l’ambiente circostante, non lascia immondizie, non inquina, non spara agli animali. Anzi, come la maggior parte degli sportivi, è un amante della Natura.
È anche vero però, che alcune forre sono ambienti molto delicati, non soggetti a piene drammatiche e per i quali un forte impatto antropico potrebbe risultare dannoso. In questo senso è particolarmente critico lo sfruttamento commerciale intensivo di alcuni percorsi che si prestano bene allo scopo per alcune caratteristiche particolari, come un facile accesso o la ludicità del percorso o la sua bellezza.
Infine, purtroppo, spesso è proprio il torrentista a dover fare i conti con l’inciviltà di molti che negli anni hanno utilizzato le forre come discariche a cielo aperto, soprattutto se vicine a centri abitati o attraversate da ponti. È proprio per contribuire in modo costruttivo alla tutela dell’ambiente che AIC annovera tra i suoi progetti “Forre Pulite” il cui scopo è proprio quello della rimozione (vi lascio immaginare con che impegno e fatica) di immondizia di qualsiasi natura dai torrenti particolarmente “inquinati”.
Esistono delle forre che più di altre sono tutelate dal punto di vista ambientale e che non si possono percorrere: come riconoscerle?
Esistono diverse aree tutelate o nelle quali è interdetta la pratica del torrentismo. Non sempre però questo avviene a ragion veduta da parte delle amministrazioni locali e soprattutto non sempre per ragioni puramente di tutela ambientale. Talvolta eventuali regolamentazioni sono segnalate da apposita comunicazione in loco o tramite informazioni reperibili sui siti degli enti locali. Diversamente, non è possibile “riconoscere” un torrente tutelato o interdetto se non si è in possesso dell’informazione; il Catasto AIC delle forre italiane – ad esempio – riporta queste informazioni al pari del forum Infocanyon by AIC, contenitore aperto a tutti i torrentisti e ricco di informazioni utili. Per contro, con l’esperienza è possibile valutare la delicatezza di un particolare ambiente (se pur se non segnalato e tutelato da regolamenti specifici) e adottare comportamenti adeguati a preservarlo.
AIC si adopera da anni in questo ambito per dialogare con le Amministrazioni e trovare un punto di incontro fra le richieste della comunità dei torrentisti e i legislatori.
Il torrentismo è uno sport che porta le persone ad immergersi nell’ambiente a 360 gradi: verticalità, acqua, terra e relativi ecosistemi sono gli elementi con cui si entra in contatto. Come influisce questa “immersione” nella percezione educativo – ambientale di chi pratica canyoning?
Come dici tu appunto, ogni giornata in forra è un vero proprio “viaggio” in un mondo d’ acqua, di roccia e muschio, di raggi di sole alternati al buio, di frastuono, di freddo alternato al sudore, di corde ed attrezzature….di emozioni e sforzi difficili da descrivere. La nostra percezione è di “consapevolezza” del privilegio, del significato e perché no anche dei rischi del momento. Mi sento di dire che un torrentista è necessariamente uno sportivo, un amante della Natura, a modo suo scienziato ed astronauta, esploratore ed atleta. Di conseguenza, imparare a vivere l’ambiente è un aspetto fondamentale che è giusto affrontare da subito nella formazione di un torrentista. La diffusione (ancora relativamente limitata) del torrentismo porta con sé pro e contro: lo svantaggio è che non a tutti è chiaro il rispetto che si deve avere per un ambiente così chiuso ed equilibrato come quello di una forra. Il vantaggio, per contro, è che lavorando bene su una corretta formazione si possono prevenire i danni tipici della fase pioneristica che ogni attività in ambiente ha vissuto.
Il covid ha segnato anche la pratica sportiva di molte persone che, cercando il distanziamento sociale, si sono riversate sulla montagna creando non pochi problemi. Come sta vivendo questo momento il canyoning e con quali conseguenze?
La pandemia ha ovviamente travolto e stravolto anche tutti noi. In primis obbligandoci ad annullare eventi in calendario tra cui il nostro Raduno Internazionale, molto atteso e conosciuto, e molti dei corsi della nostra Scuola, recuperati poi in autunno. Quindi si può dire che non c’è stata una maggiore frequentazione delle forre, anzi. D’altronde è molto raro, per fortuna, che qualcuno si improvvisi torrentista perché l’ambiente da affrontare non si presta all’improvvisazione. In generale la popolazione torrentista si è astenuta dall’attività, come suggerito anche dal Corpo Nazionale del Soccorso Alpino e Speleologico, e quando ha potuto tornare in forra ha adottato comportamenti e dispositivi idonei, come ad esempio l’uso di mascherine in neoprene.
Si avvicina la stagione fredda: come cambia la pratica del torrentismo in inverno?
La pratica del torrentismo invernale, sdoganata ormai da diversi anni, aumenta molto il livello del rischio e quindi delle capacità tecniche e valutative necessarie. Per affrontare una discesa in inverno sono necessari diversi accorgimenti: abbigliamento e attrezzatura specifica, padronanza di tecniche particolari ma soprattutto tanta esperienza e una buona abitudine alla gestione delle emergenze. Il nemico principale è il freddo, ma molti di noi osano e la ricompensa sono paesaggi da fiaba.
Che diresti di questo tuo primo anno come Presidente?
Certamente è stato un anno di per sé non semplice sotto vari punti di vista ed inoltre, il primo in cui una donna ha assunto un ruolo indubbiamente particolare. Posso dire di essere contenta, concentrata e determinata. Sento il sostegno del Direttivo, del mio predecessore Luca Dallari, dei soci e soprattutto delle socie AIC. Le quote rosa nella nostra associazione sono rappresentate da donne grintosissime che mi hanno ispirata e portata all’ideazione di “Forra in Rosa”, un evento annuale tutto al femminile.
In generale quella che sto vivendo è un’importante esperienza di crescita personale all’interno di un Direttivo che opera da sempre con costanza e dedizione e dal quale imparo ogni giorno qualcosa. AIC è un’associazione con una lunga tradizione e un futuro nel quale ci proietteremo in modo flessibile e con idee chiare.
Quali son i progetti di AIC per il futuro?
Evolverci. Connetterci. Adattarci. Collaborare. Comunicare. Istruire. Esplorare…e divertirci sempre! Più nel concreto: tecnica e sicurezza sono stati i punti cardine della prima fase di crescita dell’attività, poi si è data importanza crescente all’ambiente e al confronto con altre realtà, ora si entra nella fase della maturità con una crescita magari più lenta, ma in cui non c’è più spazio per l’improvvisazione. L’obiettivo è quello di alzare il livello del dialogo e del confronto – tra scuole, figure professionali, enti amministrativi, etc. – perché la materia in discussione è diventata (in buona parte grazie al lavoro ventennale svolto da AIC) un’attività autonoma e riconosciuta. Non si tratta più di una curiosità un po’ naif valida solo per riempire un articolo estivo su una rivista non di settore. Sta a noi farlo capire a chi è rimasto vent’anni indietro.
Intervista di Jessica Ceotto
Foto di foto by Alberto Galetti e Simona Franz.