Da area geografica a sistema politico. Il sottotitolo del libro di Marcella Morandini e Sergio Reolon, “Alpi regione d’Europa” – presentato nella Sala Belli del Palazzo della Provincia di Trento – sintetizza efficacemente l’appassionato e documentato lavoro degli autori del saggio, edito da Marsilio.
Lo ha sottolineato Mauro Gilmozzi, assessore provinciale all’urbanistica e agli enti locali, chiamato ad aprire e chiudere la presentazione, ricca di spunti ed indicazioni. “Non è un caso – ha detto Gilmozzi – che questo momento arrivi ad un anno dal riconoscimento dell’Unesco, a Siviglia, delle Dolomiti quale patrimonio universale dell’umanità. In quel doppio riconoscimento, prima geologico e poi di valore paesaggistico dove identità e cultura, e dunque l’uomo, giocano un ruolo decisivo, vive anche lo spirito di questo libro. Perché affronta un grande tema riferito ad un grande territorio, dove vivono 12 milioni di persone con istituzioni e lingue diverse. Ed è condivisibile ovviamente la sfida di chi ritiene le Alpi capaci di futuro, capaci di dire no ad una montagna che invecchia e si spopola, attraverso la costruzione di responsabilità, di reti, di rapporti. Certo, occorre saper stare dentro il grande cambiamento, occorre mettere ipotesi comuni al servizio della montagna. In questo senso il cammino della Fondazione nata proprio attorno al riconoscimento dell’Unesco – capace di aggregare realtà istituzionalmente così diverse – è già uno strumento di cui tenere conto. Così come le iniziative della Provincia autonoma di Trento attorno ai territori di confine sono buoni esempi di impegni per tenere la gente legata alla montagna, perché nessuno può comunque dimenticare che viverci, in montagna, non è affatto semplice. Per questo è importante il lavoro di Marcella Morandini, funzionaria del segretariato permanente della Convenzione delle Alpi, cresciuta in val di Fiemme e di Sergio Reolon, per cinque anni presidente della Provincia di Belluno, profondo conoscitore ed attento indagatore dei temi legati allo sviluppo delle aree montane. E’ importante perché ci sprona ancora una volta a praticare con orgoglio quella responsabilità capace, nei nostri territori, di impedire l’omologazione e di favorire invece le distinzioni“.
Molti gli spunti offerti dagli interventi di Marcella Morandini e Sergio Reolon, stimolati dalle domande di Giampaolo Pedrotti, capo ufficio stampa della Provincia autonoma di Trento. Ed una la domanda che percorre tutto il saggio. Ovvero: può essere arrestato il declino delle Alpi? E’ questo infatti il tema alla base del libro che, sulla scorta di una consolidata elaborazione culturale dell’ultimo decennio, indica una prospettiva concreta: sottrarre la montagna all’esclusiva delle decisioni che si prendono nelle aree urbane e metropolitane e restituirle quella possibilità di autogoverno che un tempo aveva. Il punto di arrivo proposto è una “regione europea delle Alpi” che superi la frammentazione tra stati e nazioni. E in questo, Reolon afferma, l’esperienza autonoma di Trento e di Bolzano – guardacaso realtà nelle quali lo spopolamento e la fuga dalla montagna sono state tenute sotto controllo – può risultare decisiva. E proprio Trento e Bolzano, indicati come paradigma di quel che si deve fare per salvare le Alpi, potranno “rivitalizzare in questo compito la loro stessa autonomia“.
I passaggi per arrivarci – nell’analisi degli autori – vengono individuati appunto nella rete delle autonomie già esistenti (però ridefinite e riqualificate mettendo al centro i territori e non più motivi etnici e linguistici) e nella costituzione di “province speciali alpine” (Verbania, Sondrio, Belluno). Passaggi, sostengono Morandini e Reolon, già possibili subito, attraverso l’attribuzione di competenze e di forme di autogoverno da parte delle rispettive Regioni. Le radici culturali nelle quali affonda questa proposta sono solide: da Luigi Zanzi (“Le Alpi nella storia d’Europa” che propone un approccio eco-storico) a Werner Batzing (“Le Alpi”, che spazia dalla storia all’ambiente, dall’economia al cambiamento climatico), ad Annibale Salsa (“Il tramonto delle identità tradizionali” che spiega lo “spaesamento e il disagio esistenziale” delle popolazioni delle Alpi anche da un punto di vista antropologico).
Questo è dunque il cammino indicato da Morandini e Reolon: da un lato aggiornare e reinterpretare il dibattito facendo il punto su queste elaborazioni culturali, dall’altro andare oltre indicando un percorso concreto, anche istituzionale. “La modernità – è stato detto – ha segnato la più grave frattura tra uomo e territorio, è tempo di riconciliazione e le Province speciali montane sono la nostra proposta. L’esempio delle Dolomiti-Unesco ci dice che collaborare si può e si deve. C’è il rischio che la montagna sia vista in ottica di pura salvaguardia. No, non si tratta di aree svantaggiate, bensì di aree diverse. Dobbiamo recuperare il senso e l’orgoglio dell’appartenza alla comunità alpina. Anche perché nei giorni della tragedia ambientale del Golfo del Messico che decreta la fine dell’era del petrolio, si va verso una situazione che può rivelarsi favorevole ai territori montani stessi“.
Fonte: Ufficio Stampa Provincia Autonoma Trento
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