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13 Gennaio 2014

Senza categoria

L’IPOTESI DEL FOHN.

Nella palestra dove vado io durante l’estate, dentro negli spogliatoi, più precisamente nella zona docce, c’è anche un lungo piano di marmo – credo proprio finto marmo – ed un grande specchio. Poco più in là, proprio all’uscita delle docce, c’è un tavolino in pendant con il ripiano di marmo, anche se nemmeno lui lo è, di marmo.

Appena sopra, appeso al muro, c’è un altro specchio ed appena sotto allo specchio ci sono due cavi elettrici alla cui estremità sono attaccati dei fohn che poggiano, stanchi, sul tavolino che nemmeno lui è di marmo; roba che uno si aspetta due fohn di quelli che trovi negli alberghi o in piscina o – appunto – nelle palestre. Invece no, sono due di quei fohn tipo quelli che ognuno di noi ha a casa.
In particolare uno di questi è nero ed argento, dal design moderno ed elegante, uno di quelli che quando lo guardi pensi che in un minuto avrai fatto e potrai uscire da lì. L’altro invece è un po’ squadrato dalle forme richiamanti vagamente gli anni ottanta e dai colori decisamente anni ottanta: blu e fucsia.
L’idea che mi sono creato di quel fohn è che si sia fatto una propria esperienza per sopravvivere, che abbia sviluppato una certa capacità basata sul fare la cosa giusta al momento giusto.

Quel fohn lì mi ha colpito dalla prima volta che ho messo il piede in palestra; mi ha colpito perché non centra assolutamente un cazzo con tutto quello che ha intono. Eppure se ne sta lì, evidentemente da molto più tempo del suo compagno che a dire il vero è già stato sostituito più volte.
A me quel fohn è stato simpatico fin da subito perché mi sembrava diverso e forse anche un po’ incompreso. MI sembrava uno di quei refusi di un altra epoca, una di quelle cose che ti fanno pensare che “come si facevano le cose una volta…”

Allora un giorno, mentre mi asciugavo i capelli con quel fohn lì – perché ormai uso solo quello e se lo sta usando qualcun altro preferisco comunque aspettare – ho pensato che a me piacciono le cose davvero usate, mi piacciono le cose consumate dalla storia vera ed autentica che si portano dietro. Non necessariamente bella, ma vera ed autentica, appunto.
Me lo immagino mentre gestisce i vecchi ingranaggi per fare in modo di rendere sempre al massimo e senza fare eccessiva fatica; me lo immagino appassionato in quello che fa anche se è consapevole dei propri limiti e della sua apparenza in contrapposizione con tutto il resto.
Semplicemente fa il suo, tiene duro e se ne fotte beatamente del resto.
E’ buffo ma è così che me l’immagino.

Poi ho iniziato a chiedermi se sia così anche per le persone, ed i segni che si portano dietro.
Mi sono chiesto se alcune dinamiche valgano anche per gli uomini e le donne e per il loro modo di rapportarsi alle cose del mondo ed alle montagne – oltre che per i fohn ovviamente.
In fondo non è molto diverso, in fondo tutti noi cerchiamo la nostra strada e cerchiamo di tener duro, chi in un modo chi in un altro.
Alcuni di noi incarnano la tecnica e l’innovazione, altri invece preferiscono rimanere legati alle tradizioni e ad aspetti più convenzionali.
In fondo credo che ispirarsi a quel fohn dalle linee “superate” possa essere utile per tutti e poi, non so voi, ma io ho sempre provato simpatia per quelli un po’ più brutti e sfigati ma che in fondo hanno sempre un asso nella manica e sanno risolvere le situazioni con esperienza ed un pizzico di fortuna.

Basta cercare di soffiare piano…

www.lucaalbrisi.com