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4 Giugno 2015

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MONTE BIANCO DA RECORD con la foto panoramica più grande al mondo

Panoramica del Monte Bianco. Foto: Filippo Blengini. Clicca sulla foto per vedere l'immagine nel dettaglio

Panoramica del Monte Bianco. Foto: Filippo Blengini. Clicca sulla foto per vedere l’immagine nel dettaglio

MONTE BIANCO DA RECORD: IL TETTO D’EUROPA PROTAGONISTA DELLA FOTO PANORAMICA PIÙ GRANDE AL MONDO. STAMPATA OCCUPEREBBE 100 METRI PER 30.

“Sono un ingegnere e un fotografo amatoriale. Per cinque anni, ogni mattina, partivo da Courmayeur e raggiungevo il cantiere più alto d’Europa, quello delle nuove funivie e me lo trovavo davanti, in tutto il suo splendore: il Monte Bianco. L’ho fotografato spesso, ma ero sempre insoddisfatto: come catturare in una foto tutta quella incommensurabile bellezza, e le emozioni che mi trasmetteva? Poi mia moglie Alessandra e io abbiamo avuto una grande idea”. Filippo Blengini, autore della fotografia più grande del mondo – il Guinness dei Primati sta certificando la richiesta – racconta come è riuscito, con l’aiuto della moglie, abile “cacciatrice di sponsor”, e di un team, a realizzare il famoso scatto a 360° sul Monte Bianco. Dopo mesi di postproduzione, il risultato è una foto che se fosse stampata in dimensioni reali, occuperebbe 100 metri di lunghezza per 30 di altezza.

Non è stato difficile per Filippo Blengini scegliere il versante italiano del Monte Bianco, sopra Courmayeur, come protagonista di uno scatto che entrerà nella storia: un panorama unico, che nel tempo ha ispirato alpinisti, esploratori, scrittori e artisti. Un susseguirsi di ghiacciai, crepacci, seracchi, distese di neve su cui si elevano pinnacoli e creste di roccia, balconi naturali e pareti vertiginose, che compongono un quadro quasi astratto nella sua eterea bellezza. Non solo, anche per la sua vocazione internazionale: dalla vetta più alta d’Europa lo sguardo spazia tra Italia, Francia e Svizzera.

Per realizzare l’impresa il team di Blengini si è “appostato” sul Petit Flambeau, a 3.440 metri: una posizione strategica. Solitamente questo genere di fotografie panoramiche viene scattato dalla cima dei grattacieli: in questo caso il punto di vista dell’osservatore è al centro dell’immagine e in linea con l’orizzonte, e quindi l’immagine non appare deformata dalle lenti. Chi la osserva viene veramente trasportato sopra Courmayeur, praticamente in cima al Monte Bianco.

La foto, a 10 giorni dal lancio ufficiale, su www.in2white.com, ha ottenuto più di un milione di visualizzazioni. Sul sito si può zoomare ogni dettaglio con sorprendente nitidezza. Sorprendere alpinisti o sciatori, incantarsi per i giochi di luce tra i ghiacciai e la roccia, riconoscere le cime che si offrono alla vista, come il celebre Dente del Gigante, simbolo di Courmayeur. “Matteo La Torre, Roland Clauss, il collega Guido Bethaz, appassionato di foto ed esperto di montagna ed io siamo partiti da Courmayeur, dal versante italiano, il più spettacolare e impressionante” spiega il fotografo. “Siamo saliti a bordo delle Funivie del Monte Bianco, che all’epoca erano ancora in fase di rinnovo. Dal Rifugio Torino abbiamo raggiunto Punta Helbronner, a quota 3.462 metri, ed eccoci al confine con la Francia.

Da fine ottobre all’inizio di novembre, per 15 giorni e un totale di 35 ore di lavoro, il team ha controllato la macchina fotografica – un modello semiprofessionale – armata di un imponente teleobiettivo, che ha ruotato su una testina meccanica, scattando più di 3 immagini al secondo. Un lavoro appassionante, ma condotto in condizioni proibitive. “Battere un record significa per definizione affrontare situazioni mai sperimentate, ed è stato così anche per noi. Come sa chi va in alta montagna, a meno dieci gradi, e a più di 4.500 metri, le batterie durano molto meno. Anche noi eravamo presto “scarichi”, dovendo restare immobili al freddo. Inoltre computer e strumentazione dovevano essere sempre alimentati. Il meteo in continua evoluzione e le nuvole in movimento rendevano poi difficile garantire la visibilità e l’uniformità della luce” racconta Blengini. “Faticoso, ma ne valeva veramente la pena.”

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