I soci accademici del GISM, Gruppo Italiano Scrittori di Montagna – Accademia d’Arte e Cultura alpina, hanno voluto riunirsi spinti dalla volontà di affermare il significato di elevazione spirituale che caratterizza l’Alpinismo in una sezione interna al gruppo.
Questo nucleo “elitario” si è formato per dimostrare che chi afferma e ricerca questa idealità non è un singolo, ma tutto un gruppo di forti e noti scalatori di ieri e di oggi, riuniti nel GISM dall’espressione artistica del rapporto uomo-montagna che ha caratterizzato nel passato eminenti figure dell’alpinismo, come Julius Kugy, Emilio Comici, Ettore Castiglioni, Giuseppe Mazzotti e Dino Buzzati.
In passato i grandi nomi dell’Alpinismo erano caratterizzati da una capacità tecnica, idee specifiche e luoghi d’interesse, una preparazione atletico-sportiva, desiderio di conquista, eppure molti tra loro usavano queste utili componenti materiali per raggiungere uno status superiore, per elevarsi spiritualmente ed evolversi.
Per entrare nello specifico di questo importante evento affrontiamo il tema direttamente con il Presidente del GISM, Spiro Dalla Porta Xydias.
Qual è il rischio o il problema nel confondere il mezzo con il fine?
Non è facile rispondere alla prima parte della domanda, in quanto solo una conoscenza diretta permette di prescindere dall’eventuale affermazione grafica, che malgrado ogni buona volontà può sempre risultare confusa. In questo senso io posso garantire sulla spiritualità di prassi e di intenti di Anderl Heckmair, e tutti noi, più avanti negli anni, la riconosciamo e la ritroviamo in Armando Aste. E posso esserne certo in Emilio Comici data la coerenza tra pensiero, ideale e stile di prassi.
Il rischio di confondere il mezzo con il fine sta nel partire per un fine, e lasciarsi poi prendere la mano – e l’orgoglio – dal mezzo.
Che cosa significa elevarsi spiritualmente?
Per me significa cercare di valorizzare e gratificare l’ idealità, (la “Scintilla Divina” per i Sufi), innata in noi.
In che senso l’Alpinismo permette elevazione spirituale?
Nel senso che in un mondo asservito al vantaggio materiale l’alpinismo, oltre a raffigurare materialmente l’elevazione verso il cielo, nella prassi ti obbliga ad una concentrazione assoluta, liberandoti dai coinvolgimenti della materiale quotidianità (catarsi).
L’affermazione «siamo solo di passaggio su questa Terra» accomuna il credente, quale che sia la sua religione o religiosità, e l’ateo, per convinzione e “credo”. Se ciò è vero allora, in questo breve tempo, perché fare Alpinismo?
Perché la vita quotidiana normale e abitudinaria ti prende nella sua competizione esistenziale per cui finisce col coinvolgerti nella fruizione materiale. Allora l’alpinismo, con la violenza (nel senso positivo) della sua azione, ti riporta alla transitorietà dell’esistenza terrena.
Leggendo i nomi, le storie, le aree d’influenza e gli stili dei più o meno grandi alpinisti che vivono la montagna come una “vocazione” sembra chiaro che l’elevazione spirituale sia ciò che li accomuna davvero. È corretto questo pensiero?
Certamente, anche se l’ ottica di questa loro elevazione può apparire diversa. Ed è proprio questa “comunità” che raggruppa gli alpinisti del GISM.
Le tante discipline odierne nell’ambito della montagna hanno spostato il “Senso della vetta”. Il socio Accademico Marco Blatto ha osservato che anche oggi niente è perduto e si può comunque ritrovare la propria elevazione nel “Senso della meta”. Sei d’accordo? È ancora possibile ritrovare questo cammino e quindi un fine “superiore”?
Penso che la vetta, in quanto Vetta, rappresenta simbolicamente (ma in un certo senso anche materialmente) la Meta. Da cui il “Sentimento della vetta” (o Vetta).
Intervista di Christian Roccati
Segnaliamo inoltre questa intervista video a Spiro Dalla Porta Xydias >
www.mountainblog.it/christianroccati
www.christian-roccati.com
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