A rinunciare – quando le condizioni avverse lo impongono – sono allenati: Nives Meroi e Romano Benet lo hanno fatto più volte sugli ottomila himalayani di cui ne hanno raggiunto 11 delle 14 vette, ed ora lo fanno di fronte ad una sfida che non è alpinistica ma probabilmente ancora più impegnativa, sempre rispettando il principio primo di affrontare le difficoltà insieme.
Nives Meroi non parteciperà alla serata del 6 maggio al TrentoFilmfestival dedicata all’alpinismo himalayano, avendo espresso agli organizzatori la volontà di assistere il marito Romano Benet colpito un anno fà da una malattia che gli si manifestò proprio durante la salita del dodicesimo ottomila, il Kanghchenjunga (l’organizzazione del Festival ha diramato la notizia con un comunicato nella serata di oggi 5 maggio).
Più o meno nello stesso periodo Nives si era chiamata fuori dalla corsa femminile alla conquista dei 14 ottomila, precisando che i motivi non erano legati alla pausa forzata per le cure del marito, bensì al fatto di non voler partecipare ad una gara che tale non può essere, se le condizioni non sono le stesse per tutti i contendenti.
La prima donna che ha conquistato tutti gli ottomila infatti – il quattordicesimo, l’Annapurna, pochi giorni fà – è la sud-coreana Oh Eun-Sun, che si è però avvalsa di un imponente supporto tecnico e logistico, tra cui l’utilizzo di ossigeno, spostamenti in elicottero tra i campi base e ingente utilizzo di climber sherpa (inoltre il record è ancora oggetto di verifiche per i dubbi sull’effettivo raggiungimento di una delle cime, proprio il Kanghchenjunga).
Nives e Romano – in compagnia del giovane Luca Vuerich, morto per una caduta in montagna lo scorso gennaio – hanno invece sempre affrontato l’Himalaya secondo una vera e propria etica, fatta di salite senza ossigeno – nemmeno per emergenza – nè portatori di alta quota, la sola tendina smontata e caricata in spalla dopo ogni campo, insieme ai rifiuti che si riportano a valle.
Un’etica che Nives non vuole imporre alle altre alpiniste, ma che non le consente di accettare di far partecipare ad un alpinismo competitivo dove il fine giustifica ogni mezzo.
Scelte – come quelle rapide e intuitive che spesso si devono prendere in alta quota – che i due alpinisti friulani hanno sempre condiviso all’unanimità, perchè – riprendendo le parole di Nives in una recente intervista di Erri De Luca – “non siamo due alpinisti, uno più uno, siamo una coppia, una forza di alleanza e di combattimento“.
Ho incontrato più volte Nives e Romano, rimanendo anch’io conquistato dal loro “semplice stile alpino”: a loro invio insieme allo staff di MountainBlog tutti i nostri auguri e incoraggiamenti; di seguito vi riproponiamo l’intervista che registrai con loro in occasione di Outdoor Days 2008 a Riva del Garda, in cui ci raccontarono del tentativo al Makalu, ma anche di una visione sociale del fare alpinismo (la foto di questo articolo fu scattata in quell’occasione):
ascolta l’intervista (23/05/2008) > [audio:https://www.mountainblog.it/audio/NMeroi230508def.mp3]
L’intervista di Erri De Luca (Corriere della Sera, 28/04/2010] >
Articolo e intervista di Andrea Bianchi
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