Il Presidente Mattarella sulla diga per i 60 anni
Il disastro del Vajont si verificò la sera del 9 ottobre 1963, alle 22,39, nel neo-bacino idroelettrico artificiale del torrente Vajont, al confine tra Friuli-Venezia Giulia e Veneto. Una frana di 260 milioni di metri cubi di roccia e fango, precipitò dal soprastante pendio del Monte Toc nelle acque del bacino alpino realizzato con l’omonima diga; la conseguente tracimazione dell’acqua contenuta nell’invaso, con effetto di dilavamento delle sponde del lago, coinvolse prima Erto e Casso (paesi vicini alla riva del bacino), mentre il superamento della diga da parte dell’onda di 250 metri d’altezza provocò l’inondazione e distruzione degli abitati del fondovalle, tra cui Longarone, e la morte di 1.910 persone, tra cui 487 minorenni.
Le cause della tragedia, furono ricondotte ai progettisti e dirigenti della SADE, ente gestore dell’opera fino alla nazionalizzazione, i quali occultarono la non idoneità dei versanti del bacino, a rischio idrogeologico. Dopo la costruzione della diga si scoprì infatti che i versanti avevano caratteristiche morfologiche (incoerenza e fragilità) tali da non renderli adatti ad essere lambiti da un serbatoio idroelettrico. Nel corso degli anni l’ente gestore e i suoi dirigenti, pur essendo a conoscenza della pericolosità, anche se supposta inferiore a quella effettivamente rivelatasi, coprirono con dolo i dati a loro disposizione, con il beneplacito di vari enti a carattere locale e nazionale, dai piccoli comuni interessati fino al Ministero dei lavori pubblici.
Sessant’anni dopo, l’immane tragedia viene ricordata oggi 9 ottobre con la visita del Presidente Sergio Mattarella al cimitero monumentale e alla diga.
“Il Vajont continua a dare una lezione terribile ed indimenticabile di quanto sia importante la tutela del territorio”, ha affermato il presidente Mattarella parlando a Torino in occasione del Festival delle regioni, dove ha più volte sottolineato l’importanza della tutela del territorio e dell’ambiente.