Notte… penso a “Uno, nessuno e centomila” di Pirandello. Dirai: “ma non hai niente di meglio da fare alle 2 e 40 di notte?”. “Alle 3 meno venti intendi?” – rispondo io, e ci siamo già intesi. Proprio qui sta il punto.
Mio padre è valdostano e io per anni ho vissuto un terzo del tempo all’incirca in Vallée: oppure due terzi in Liguria? Potrei metterci una settimana a sviscerare detta analisi, ma mi accontenterò di sette giorni.
In quelle epoche della mia vita, ogni sera in cui gli “alpinisti” rientravano a tavola, partiva la narrazione delle loro avventure e al termine di essa, non mancava mai una bella… una bella… come chiamarla?
Questa qui insomma:
Coppa dell’amicizia.
No, non Grolla, ma Coppa dell’Amicizia.
Questo è il nome dell’oggetto raffigurato nella mia foto e né Pirandello, né la sua o nostra pazzia possono cambiarle il verso. Si tratta di una coppa che contiene caffé, grappa e un pochino di zucchero. Si dà fuoco alla bevanda e quando le fiamme si abbassano, si sorseggia. Si passa al compagno il contenitore, come un calumé della pace, e si continua il giro senza mai tornare indietro: la coppa va solo in un verso.
Non è possibile comprare per sé la Coppa dell’Amicizia ed essa dev’esser ricevuta in dono da un Vero amico.
Quando i turisti vogliono consumarne il prezioso caffé alla valdostana chiedono la “grolla” e al posto della stessa viene servita la coppa, così l’errore si diffonde sempre di più. Il contenuto viene poi arricchito con vari componenti piovuti dalla fantasia: nel caso migliore chiodi di garofano… di norma molti altri liquori.
Il caffé alla valdostana era molto semplice perché servito nelle valli di contadini e pastori, quando si pensava ancora che l’alcool scaldasse il corpo, invece di raffreddarlo; di certo intensificava l’animo e tanto bastava a raggiungere il più ambito scopo. I valligiani possedevano il caffé (…meglio della cicoria…) e producevano grappa; avevano anche lo zucchero, anche se non tutti lo amavano nella scura bevanda. Non serviva molto altro e di certo non potevano comprare whisky pregiati o gin o qual’altro composto forestiero oggi “intrugliato” a caso nella coppa.
La Grolla è un altro oggetto: un calice di legno, non a caso riferito alla parola Graal, cesellato a regola d’arte e creato al tornio, che ospita altre bevande; i chiodi di garofano non sono esenti dalla tradizione, ma riservati alle mense più ricche e associati al vino caldo, (per esempio il vin Brulé).
Non ho niente di meglio da fare alle tre di notte? No, al momento no. Penso alla pazzia di Pirandello, alla coppa dell’Amicizia dai lembi blu, allo chalet in Valle d’Aosta, e alle chiacchierate al tavolo di mia nonna, con il camino acceso di fiamme d’altri colori e a poca distanza gli scarponi, sempre pronti.
Uno: nessuno e centomila… una serata come un’altra.
Christian Roccati
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