Due cose amo particolarmente della primavera: starmene seduto al sole a carpire il rumore discreto dell’acqua di fusione nivale che scorre lungo le grondaie, e il fragore delle cascate che precipitano in valloni sperduti. Nelle belle e calde giornate di sole, quassù la fusione è massima e la neve si ritira velocemente lasciando spazio a distese di “bucaneve”. Più in alto, dove lo spessore del manto è ancora consistente, una marmotta spunta d’improvviso dalla distesa bianca e se ne sta per un attimo stupita a guardarsi intorno, per capire se non sia uscita troppo presto. L’acqua che scorre richiama alla ripresa dinamica della natura per lungo tempo pietrificata dal freddo invernale. Mentre risalgo il vallone penso al silenzio provato tre mesi fa, quando tutto era pietrificato dal gelo. Rammento le giornate in solitaria passate appeso alle mie piccozze e sulla punta dei miei ramponi. Là, su quella ripida cengia innevata avevo faticato a passare e, lassù, ove oggi scende copiosa l’acqua, ero salito con movimenti delicati, avviluppato in un mondo irreale. Oggi, ancora da solo, ho con me corda e materiale d’arrampicata ma è solo una scusa per godere appieno del meglio che la natura sa dare in ogni stagione. La scalata non è facile ma, come tante altre volte sono in solitaria e trasportato in un mondo quasi irreale. I movimenti e le manovre si susseguono precisi e metodici. Direi che è quasi rilassante. Un gipeto volteggia poco più in alto alla ricerca delle carcasse di camosci e stambecchi lungo i conoidi delle grandi valanghe scese soltanto pochi giorni fa. Questo paesaggio è da millenni modellato dall’acqua, sotto forma solida o liquida. Le grandi glaciazioni del Quaternario ne hanno segnato il volto, cascate e valanghe ne approfondiscono le pieghe. Un mistero dinamico che va oltre il tempo. Sulla cima della parete, anch’essa un’antica soglia del gradino glaciale, ho raggiunto la mia meta e il mio scopo: uno spettacolo meraviglioso che ora mi godrò in silenzio per un po’ di tempo, cercando di cogliere i diversi toni e le note delle “acque mosse” che precipitano dal gradino di valle superiore. Certo, sarei potuto salire fin qui a piedi, ma la possibilità di scegliere le regole del “viaggio” più adatte alla mia fame di sensazioni è una fortuna cui non so rinunciare.