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24 Gennaio 2017

Al di là di noi, una presa alla volta

Sono sempre stato affascinato dal rumore del turbine nelle foreste di crinale. Si dice che il vento “soffia” o “grida”, talvolta “ulula”. Nessun epiteto o apposizione metaforica potrebbero descrivere quel suono.

In questo clima è facile capire le raffigurazioni mitologiche delle banshee britanniche; alcune popolazioni anglosassoni, e in particolare gli avi degli irlandesi, immaginavano lo spirito della morte che urla nelle oscure notti, sentendo il suono delle brezze del nord.

Immagino con facilità i demoni di ghiaccio in cui gli inuit incarnavano le loro paure, stretti gli uni vicino agli altri, nelle loro tane di torba, durante le tenebre artiche.

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Cammino insieme a Elena superando fonti cristalline tra queste rocce metamorfiche di serpentinite e lerzolite e incontro abeti e pini. Erano solo dei fanciulli l’ultima volta che son venuto a scalare queste montagne e oggi li ritrovo come giovani adulti, alti due volte me. Ondeggiano a correre di quello stesso vento che spaventa gli uomini; con le loro foglie ad ago “vedono” il vicino mare quando spira il phoen, mentre ora che danzano al ballo della tramontana, si scompongono.

Questo vento freddo gli ricorda qualcosa che è dentro di loro, ma che mai hanno vissuto. Quasi non credono allo spirito dell’aria che sussurra alla loro corteccia di neve perenne e crinali inaccessibili. Loro sono i re del nord in questo sud ligure. Che cosa cita quest’aria beffarda… quali leggende racconta? Loro sono i giovani protettori di daini e caprioli… chi sono questi camosci e stambecchi a cui il vento si riferisce?

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Lascio il giovane bosco alla sua crescita, al suo “A Silvia” leopardiano, mentre mi avvio al mio “Sabato del villaggio“.

Giungiamo alle piccole guglie, per noi allenamento e ponte verso le grandi pareti, mattone di sogni per un cammino ascetico e artistico.

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Scaliamo, mentre le spire si fanno tormenta, mentre l’aria pungente diventa nevischio e poi neve ghiacciata. Sbatte da tutte le parti, da sotto e da sopra. L’arrampicata si fa dominio, tra equilibrio sulla roccia e, prima contrasto e poi armonia, con il vento. Per stare dritto mi devo abbandonare completamente nel vuoto e le folate mi sostengono.

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Arrampichiamo in costante caduta per riequilirare il peso dell’aria che ci getta dalla parte opposta. Se cedesse anche solo per un attimo, noi precipiteremmo. Questa è armonia, e noi cerchiamo d’impararla, di suonare la musica del vento con il corpo e della roccia con i piedi.

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Fa freddo e non facciamo che sorridere contenti in questo “parco giochi per esploratori“; quanto mi piace vivere… vivere veramente. Oggi è come se mi avessero tuffato in una vasca del più buon dolce sorbetto. Non devo percorrere le solite migliaia di chilometri ma, come ho fatto per tanti anni, vivo il mondo degli spiriti che compare qui… e mi regala questo paradiso gelido. Danzo ancora con la tormenta, e son già nei luoghi per cui mi addestro, quasi già mi sento la persona che diverrò.

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Dopo esserci allenati e aver dato sfogo ai nostri sogni, ci sentiamo una volta ancora rinati, ancora una volta più avanti verso il nostro prossimo sogno e ancora una volta gustandolo un passetto alla volta. Non scalo per stare qui o per passare bene il tempo, arrampico per evolvermi e ascendere.

Accendo il pc per scrivere due righe e trovo un pensiero riportato da un’amica cara che ho portato in Groenlandia, una brava trekker, grande viaggiatrice.

“Chi passa la propria vita inseguendo il futuro è come colui che si illude di raggiungere l’orizzonte, senza rendersi conto che esso si allontanerà esattamente di un passo ad ogni passo che lui compirà nella sua direzione. L’uomo saggio invece non mira a raggiungere il futuro, in quanto è consapevole che esso si costruisce nel presente e che ci sarà sempre futuro fino a quando ci sarà un domani, in quanto oggi era il futuro di ieri e domani sarà già passato”
Xavier Wheel

…e una bella considerazione, ma mi domando: magari entrambe le cose? Proprio perché oggi é il futuro di ieri, il futuro é raggiungibile. Ciò dato a sapere allora l’orizzonte non solo é raggiungibile, ma é anche superabile e cela tante meraviglie che domani, il passato di dopodomani, chiameremo casa. Saremo noi stessi.

Perché non una vita a superare orizzonte dopo orizzonte? Perché non essere oltre e ancora oltre?

Christian Roccati
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