MENU

20 Ottobre 2019

Alessandro: oltre ogni parete!

Cari amici,
sono tornato meno di due giorni fa dal Nepal e finalmente posso riprendere le fila di belle e importanti interviste che avevo effettuato prima di partire.

La prima a cui voglio dedicarmi è quella allo straordinario Alessandro “Ale” Mennella, savonese classe 1983 e residente a Genova, di mestiere sviluppatore informatico.

Si tratta di un uomo e un atleta straordinari, che oltre alle sfide sportive affronta quella di una condizione di difficoltà notevole, derivata dalla sindrome che lo affligge, la Usher. La sua esistenza è piena di colori e di emozione e credo che sia essa stessa un simbolo che faccia venir voglia a chiunque di “vivere con saggezza e in profondità, e succhiare tutto il midollo della vita, sbaragliare tutto ciò che non sia vita e non scoprire un punto di morte di non esser vissuti”. 

Da quanto vai in montagna e in natura? Cosa rappresentano per te?
Faccio escursioni e pratico arrampicata fin da bambino, sono attività occasionali per uscire dal caos metropolitano. Affrontarle, per me, significa affrontare anche difficoltà e sfide non banali, che vanno oltre la quotidianità.

Tu sei un forte atleta: come hai iniziato e oggi quali discipline pratichi?
Sì, sono un atleta forte a tavola, davanti a un piatto di pasta… nel triathlon, invece, sopravvivo! Ho iniziato da pochi anni, partendo dalle gare di corsa. Ho cominciato a correre come testimonial del progetto Run4Usher, creato dalla società no profit RarePartners col duplice obiettivo di raccogliere fondi a sostegno della ricerca sulla Sindrome di Usher e di informare e sensibilizzare le persone su tale malattia, da cui sono affetto. La corsa, piano piano, è diventata una passione sempre più crescente, facendomi arrivare a correre la Maratona di New York. Ho continuato il percorso, spostandomi verso il triathlon, prima a livello amatoriale – sempre nel contesto della mia collaborazione con RarePartners – e poi a livello agonistico, iniziando a partecipare alle tappe dell’Italian Paratriathlon Series.

So che pratichi sport in acqua: che tipologia di allenamenti fai?
Essendo ipovedente, riesco ad allenarmi in autonomia solamente in piscina, dove posso seguire tabelle, preparate dal mio allenatore, che mi fanno lavorare su tecnica, forza e velocità.
Durante la stagione estiva, mi alleno anche in mare, nuotando insieme alla mia guida, alla quale sono assicurato da un laccio collega una mia gamba alla sua e che ci permette di allenarci insieme, evitando che io finisca in Corsica…

Cammini e corri: che tipologia di trekking/hiking e quali corse?
Ho sempre affrontato percorsi di tipologia e difficoltà differenti, rimanendo sempre in un contesto escursionistico e non alpinistico.
Le gare di corsa a cui partecipo sono principalmente su strada (mezze maratone e maratone), occasionalmente ho corso anche dei brevi trail (con grande impegno della mia guida!)

Quanto ti alleni e come?
Il triathlon, essendo uno sport multidisciplinare e multitecnico, richiede un gran numero di allenamenti, soprattutto in alta stagione: la mia settimana tipo comporta circa 8 allenamenti, di cui 2/3 per ognuna delle tre discipline e, quando si riesce, un combinato bici+corsa. A questi vanno aggiunte, inoltre, 1/2 sedute di supporto (pilates e core stability), lavoro utile sia per lo sport che per compensare il deficit vestibolare che mi porto dietro da sempre, a causa della Sindrome di Usher.

Sei anche un viaggiatore e un grande lettore. Trovi un legame tra questi due elementi?
Certo. Viaggiare significa anche leggere, o almeno per me era così, soprattutto da ragazzo, quando la degenerazione visiva non era ancora molto avanzata e non avevo bisogno di particolari condizioni per leggere libri.
In viaggio si hanno molte occasioni per leggere, soprattutto durante gli spostamenti, e lo stato mentale – più rilassato e più aperto – favorisce la lettura. Per questo dico che viaggiare significa leggere.
Allo stesso tempo, leggere significa viaggiare: gli spazi che puoi percorrere all’interno della tua mente e che ti vengono aperti da un buon libro sono infiniti, ben più grandi del mondo reale ed esplorabile.

Sei affetto da una patologia rara, ma non così rara, che si chiama Sindrome di Usher. Puoi spiegarci meglio?
La Sindrome di Usher è una malattia genetica, comporta sordità alla nascita e una progressiva perdita della vista a causa di una degenerazione retinica, chiamata Retinite Pigmentosa. Nel mio particolare sotto tipo, il tipo 1, il livello di sordità è profondo e si presenta anche un problema a livello vestibolare, il che causa difficoltà, soprattutto nello sport e nell’attività fisica in generale.

Che cos’è RarePartners?
RarePartners è una società no profit che opera nel campo delle malattie rare, lavorando sia sull’aspetto comunicativo, relativo all’informazione e alle raccolte fondi, sia su quello scientifico, ricercando soluzioni, anche multi e interdisciplinari, a sostegno della ricerca sulle malattie rare.
Da novembre 2014 è molto attiva sulla Sindrome di Usher, per la quale ha creato e contribuito diversi progetti.

Come influisce la Usher sulle discipline sportive e culturali che vivi con grande passione?
I limiti posti da una malattia spesso ce li poniamo noi stessi, li dobbiamo superare nella nostra mente, ancor prima che fisicamente.
Per cui spesso non è la malattia a influenzare quello che facciamo, ma noi che ci lasciamo influenzare da essa.
Nel mio caso, la degenerazione visiva – causata dall’Usher – ha sì limitato o quasi annullato alcune delle mie attività preferite (giocare a calcio, vedere film, leggere libri, ecc.) ma non ha mai “svuotato” la mia vita o il mio tempo: è importante sapere adeguarsi – e superare – di volta in volta ai nuovi limiti posti dalla patologia senza però lasciarsi condizionare da essa.

Si sta evolvendo il mondo che gravita intorno a questa patologia rara? Cosa auspichi al riguardo?
Nulla di particolare, semplicemente si deve continuare a lavorare sia sotto l’aspetto scientifico che in quello riguardante la qualità della vita del paziente.
Il percorso sulla prima strada varia molto in base al tipo di malattia, nei casi come la Sindrome di Usher la ricerca non è completa e c’è ancora molta strada da fare, ma ci sono anche malattie ancora a inizio percorso, il che porta a casi di malattie rare non diagnosticate.
Sulla seconda strada la tecnologia assistiva sta migliorando molto le condizioni di vita dei pazienti, in particolare sotto l’aspetto della comunicazione, e andrà avanti sempre più velocemente …ma il fattore determinante della qualità di vita di una persona, non solo un paziente, è se stessa.

La tua prossima avventura?
Il 15 settembre nuoterò la 7 km in mare, da Finale Ligure a Noli, nell’Open Water Tour. La farò insieme a Marcella di RarePartners e abbiamo legato la nostra partecipazione a una campagna di raccolta fondi a sostegno della ricerca sulla Sindrome di Usher.
Abbiamo deciso di dare il nome “#mifidodiTE” alla campagna perché incentrata sulla fiducia: sia quella che c’è tra me e Marcella durante la nostra nuotata sia quella che hanno i donatori in noi e nel progetto che portiamo avanti. https://buonacausa.org/cause/mifidodite.

Non aggiungo altro a questa intervista …credo che parli da sé.

La vita è adesso.

Christian Roccati
Follow me on FACEBOOKInstagram