Nirmal Purja. Invernale al K2 2020-2021. Foto: Sandro G.H. Fonte: facebook
‘Nims’: “È ora che l’intera comunità alpinistica si sostenga a vicenda e accolga gli scalatori Nepalesi e Pakistani nella stessa confraternita degli scalatori d’Elite di tutto il mondo, senza alcun pregiudizio…”
Rattristato per le recenti polemiche che hanno investito la prima salita l’invernale del K2, con accuse ingiuriose ai nepalesi di aver tagliato le corde fisse, Nirmal Purja, leader del team che il 16 gennaio scorso ha firmato la storica impresa, ieri ha pubblicato un nuovo post sui suoi canali social in cui ha fornito ulteriori dettagli sulla scalata e invitato la comunità alpinistica internazionale ad unirsi, sostenendo senza pregiudizi gli scalatori Nepalesi e Pakistani.
“Desidero rivolgermi ad alcuni commenti su una metafora che ho usato nel post di ieri e correggere alcuni dettagli emersi sulle corde fisse. Il termine “perdente” vale per la negatività nella vita in generale e certamente non per alcun individuo. Solitamente cerco di non sprecare le mie energie in negatività ma in questo caso, poiché si tratta di totali bugie e mi preoccupo per le persone a cui tengo, ritengo sia importante fornire ulteriori commenti.
La nostra squadra di scalatori nepalesi ha fissato le corde dal Campo 1 alla cima (mentre la squadra di Ali [Sadpara] ha fissato le corde dal Campo Base fino al Campo 1). Non siamo stati pagati da nessuno per rischiare la vita e per trasportare e fissare quelle migliaia di metri di corde che alla fine sono state utilizzate da tutti quelli che sono andati oltre il Campo 1. Solitamente, clienti e altri scalatori pagano anche le corde fisse da sistemare. Talvolta ci si accorda per attrezzare la via. Anche in questo caso, dipende da vari fattori e non è così semplice come potrebbe sembrare. Quindi, era importante per noi avere un team autosufficiente per operare efficacemente in condizioni così estreme e non affidarci ad altri. Non tutti comprendono la portata della scalata sul K2. Abbiamo lavorato gratis e siamo stati felici di farlo, così come ci siamo sentiti di farlo per tutti coloro che al Campo Base guardavano verso la vetta.
Quando siamo tornati dalla vetta, avevo le dita congelate e alcuni membri della nostra squadra si sono lamentati del freddo e delle loro stesse condizioni di congelamento. Stavamo letteralmente cercando di tornare al Campo 3 il più velocemente possibile – Sapevamo che la velocità era la nostra unica possibilità. Inoltre, stavamo scendendo al buio usando le torce dove la temperatura percepita sembrava essere inferiore a -60 (a causa del vento). E come detto prima, la nostra unica speranza per la sopravvivenza era scendere dalla montagna il più velocemente possibile.
Mentre scendevamo in fretta, le corde che abbiamo sistemato fino al vertice. solo con il nostro sforzo, erano tutte stese e intatte, in modo che anche altri scalatori potessero utilizzarle. Non potevamo perdere nemmeno un secondo sulle pendici, perché le condizioni erano troppo pericolose.
Sono ancora in lutto per aver perso cari amici sul K2 quest’anno, e non passa giorno in cui io preghi per le loro famiglie e i loro cari, poiché tutti eravamo parte della comunità alpinistica. Principalmente, mi mancherà il mio caro amico e fratello maggiore, Ali Sadpara. Da oggi, tutti i nostri festeggiamenti e meriti sembrano vuoti quando pensiamo a lui e ai nostri anni passati insieme sulle montagne. È ora che l’intera comunità alpinistica si sostenga a vicenda e accolga gli scalatori Nepalesi e Pakistani nella stessa confraternita degli scalatori d’Elite di tutto il mondo senza alcun pregiudizio. Per troppo tempo, ho visto gli scalatori Nepalesi e Pakistani condividere la medesima frustrante sensazione di essere degli “aiutanti” senza vedersi riconoscere nulla, quando si trattava di scalare gli 8000. Facciamolo ora e andiamo avanti.
“Scalatori di tutto il mondo, uniamoci. Non abbiamo nulla da perdere se non la nostra reciproca stima”.