Ottobre. Le strade di montagna si liberano del traffico frenetico, tipico del periodo estivo, così come si svuotano i sentieri che in questo periodo raccolgono soltanto le impronte di qualche cacciatore. L’aria profuma d’autunno, quel tipico odore di aria fresca intrisa di legna bruciata e umidità che unito al suono dei campanacci delle vacche al pascolo rimanda a bucolici ricordi d’infanzia. Oggi il Trodo dei fiori regala le più ampie sfumature di giallo, rosso e arancione.
Sono sfumature che non solo si rispecchiano nei tanti laghi che caratterizzano questi posti, ma che vi si immergono letteralmente, quasi a volerne trarre più vita. È sempre in queste acque che si riflettono le cime più alte, quelle che sbarrano la vista, ma che allo stesso tempo permettono di sognare e di fantasticare. Dormire in certi luoghi equivale molto più che a riposare. Significa tornare alle origini, all’essenzialità, alla semplice purezza della vita vissuta secondo natura.
È il rilassante ticchettio della pioggia che batte sulla tenda a risvegliare i nostri animi assonati e i nostri muscoli infreddoliti. Nella più classica delle azioni la mano va ad accendere la fiamma del fornello, mentre i segni concentrici delle gocce che cadono sul lago scandiscono un tempo dettato dal paesaggio piuttosto che dall’orologio. Con un velo di malinconia ci accorgiamo che è arrivata l’ora di smontare il rifugio della notte e scendere a valle. Al passo Brocon anche i campanacci hanno smesso di suonare, oggi non siamo gli unici a tornare verso la città.