“Scendi a valle che piove e sei tutto bagnato…” – “Ma no, dai, proviamo ad aspettare ancora un po’…”
Questi due pensieri si ripropongono costantemente mentre con zaino fotografico e treppiede cammino nei pressi del Rifugio Roda di Vael, lambito da guglie appuntite lungo il sentiero che porta nel cuore del Catinaccio, nel Trentino orientale.
La serata estiva non promette nulla di buono, con nuvole persistenti e frequenti piovaschi, ma pur infreddolito e bagnato scelgo un terzo pensiero: “Proviamo a salire ancora un po’…”.
Così salendo confido nella brezza d’alta quota, oggi forte e tesa, che rende estremamente dinamiche e mutevoli le condizioni metereologiche.
Ed ecco che lassù, con vista all’infinito, mi pervade un sorriso di speranza quando vedo un buco di azzurro in direzione ovest all’orizzonte: il sole al tramonto dovrà necessariamente scendere al di sotto delle nuvole apparentemente compatte di adesso.
La parete dolomitica del Catinaccio beneficia infatti fino agli ultimi raggi di luce per la mancanza di rilievi imponenti e relativamente vicini verso occidente. Mi posiziono con un teleobiettivo, inquadrando in controluce in attesa dei pochi minuti di sole che la giornata regalerà, sapendo che come sempre succede in mezzo alla natura, gli attimi speciali sono rari ed evanescenti. Ogni volta è un carpe diem che solo il mix giusto di intuito, creatività, razionalità e fortuna ti permette di cogliere.
E finalmente il disco solare emerge accecante sotto la coltre bianca, la luce inonda il paesaggio e comincio a scattare. D’un tratto sento un tintinnio di gocce d’acqua e poco dopo sono sotto un improvviso e violento acquazzone. Mi giro alle mie spalle rivolto verso est e con immenso stupore terra e cielo sono uniti da 180 gradi di cerchio perfetto!
L’emozione del momento scorre dal cuore alla fotocamera. Cambio obiettivo sotto la pioggia cercando di non togliere lo sguardo dal cielo, cerco un primo piano interessante che non c’è, trovo una serie di pietre ed inquadro aprendo al massimo la lunghezza focale del grandangolo, che pur spingendo con tutta la forza non mi permette di scendere oltre 17mm.
La magia dell’arcobaleno crea un ponte colorato che vedo ma che non c’è… O meglio, c’è da lontano ma non da vicino, da qui lo vedo ma non posso andare lì e toccarlo… Ed anche oggi la natura mi insegna qualcosa. Mi ricorda di guardare le cose da una prospettiva diversa per vederne la luce, mentre quando si è immersi sotto le proprie nuvole tale luce spesso non si vede. E mi accorgo che è esattamente ciò che ho fatto un’ora fa, scegliendo il terzo pensiero…
Riesco a comporre un paio di scatti prima che il cerchio cominci a dissolversi, lancio un grazie potente verso il cielo e mi butto sul prato bagnato a godermi emozioni e titoli di coda.
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