La squadra, raggiunta la cresta sommitale, è stata ostacolata da un’incessante nevicata. Vasiliev: “Non c’è più tempo né energia per mettere in sicurezza il percorso”
Andrei Vasiliev e il suo team, impegnati sul versante nepalese del Cho Oyu, hanno deciso di rinunciare al vertice. La squadra russa, che ha affrontato la montagna senza l’ausilio di ossigeno supplementare, non è stata in grado di superare l’insidiosa cresta est e, alla fine, dopo settimane di lavoro, ha deciso di tornare indietro.
Vasiliev, Sergei Kondrashkin, Kirill Eizerman e Vitaly Shipilov hanno scalato la difficilissima parete sud e raggiunto la cresta sommitale a 7960 metri di quota, avanzando fino ad un’enorme cavità rocciosa, il punto chiave della cresta est.
Gli alpinisti hanno studiato come calarsi al fondo della parete per poi risalire dall’altro versante. Hanno superato il crinale e un primo tiro impegnativo trascorrendo la notte in quel punto, tuttavia, la loro progressione è stata ostacolata da un’incessante nevicata e, ormai esausti, hanno deciso di scendere.
“Non riusciamo a raggiungere il campo oltre il Dip (cavità rocciosa) in un giorno. Non c’è più tempo né energia per mettere in sicurezza il percorso”, ha comunicato il capo spedizione Vasiliev ad Anna Piunova di Mountain.ru. “Oggi rimuoviamo l’attrezzatura dalla via. Domani scendiamo”.
La prima salita della proibitiva cresta Est del Cho Oyu, fu effettuata nell’autunno 1991, da una grande spedizione sovietica guidata da Sergei Efimov. Solo cinque – Ivan Plotnikov, Eugeny Vinogradsky, Alexsander Yakovenko, Valery Pershin e Sergei Bogomolov – dei 14 membri del team, riuscirono a raggiungere la vetta. Un sesto membro, Yuri Grebeniuk, rinunciò a 8000 metri per un inizio di congelamento. Ironia della sorte, morì tragicamente il giorno dopo, durante la discesa, colpito da una pietra (Fonte).