Ogni piccolo villaggio, frazione o borgata possiede un proprio “cuore”. Potrà essere un edificio di particolare valenza storica, come una casa-forte, una chiesa o addirittura un albergo. A Forno Alpi Graie, un tempo comune autonomo, vi fu lo storico “Albergo delle Alpi” in cui soggiornò il Principe Umberto di Savoia, poi venne l’epopea dell’ Albergo Savoia”, gestito dalla famiglia Gerardi. Il cognome, antichissimo, deriva probabilmente da quello dei Girardi di cui ha sostituito una lettera, fatto questo ragionevolmente imputabile alla necessità di un distinguo tra rami familiari numerosi per un abitato così piccolo. Come non ricordare la vecchia pensione, con il negozio di commestibili, gestito da “Mini” Gerardi con la signora Ines Teppa? Rivivo le nostre serate giovanili, invernali, con meta il fondovalle. Si arrivava con la Vespa. Le strade con alti cumuli di neve ai bordi, gelate. In piazza poche macchine. Entravi nel vecchio edificio ed eri quasi subito stordito da un
odore di tabacco misto a quello del legno invecchiato. All’interno pochi avventori: il solito militare di leva del servizio meteorologico di stanza a Forno, un po’ annoiato e un po’ assonnato. Dietro il bancone di legno intarsiato e con mosaici di madreperla, la Signora Ines, sempre elegante nella sua semplicità, con i capelli bianchi ben pettinati e raccolti. Gian Carlo Grassi l’aveva soprannominata “Nonna Ace” per la sua somiglianza con la simpatica vecchina della pubblicità televisiva. Di lì erano passati i migliori alpinisti della tradizione subalpina. Lo stesso Grassi era di casa, tant’è che fuori dal locale, una bacheca di legno con vetro era riservata alle novità alpinistiche del vallone di Sea. Due erano le specialità del Savoia: le crêpes e la cioccolata calda. Le prime, furono tanto decantate da Gian Carlo al punto da dedicare loro un breve “monotiro” alla paretina di Borgo. La cioccolata calda, invece, è ancora oggi una degustazione obbligata per l’avventore, sia al rientro da un’escursione, sia che vi giunga in auto oppure con gli sci lungo la pista di fondo. Nel 1990 con l’ampiamento della vecchia struttura, bar e albergo si trasferirono nell’ala nuova. Dietro il bancone (lo stesso del bar vecchio) sempre la signora Ines con i figli Pietro e Giustina e Piera (quest’ultima una presenza più stagionale). Il locale, con un aggiunto tocco d’eleganza, mantenne però le stesse atmosfere quasi ottocentesche di un tempo. Superò il grave episodio dell’alluvione del 1993 e tornò a essere quel punto di riferimento per avventori, scalatori e sciatori che storicamente gli spetta. Certo, perché gli albori dello sci nordico in Val Grande si devono alla famiglia Gerardi e a un pugno di amici torinesi come Palozzi, Provera, Carello, Astrua, che si appassionarono ai campi innevati di Forno Alpi Graie battuti per loro durante la settimana da Giustina e Pietro a suon di passaggi con gli sci . Amo particolarmente i giorni infrasettimanali, soprattutto in bassa stagione.
Arrivando con gli sci, oppure dopo una scalata nel vallone di Sea, mi piace perdermi nella penombra del locale, in un silenzio quasi irreale, fino a pochi anni fa spezzato solo dal ritmato “tic-toc” di una pendola. Di questi tempi ci va coraggio a restare sempre aperti tutti i giorni dell’anno, in un luogo come Forno Alpi Graie. Eppure il Savoia continua quella tradizione di “resistenza” e di presidio del territorio che è tipica delle famiglie saldamente radicate nella montagna. Le mitiche estati degli anni ’60 e ’70 probabilmente non torneranno più. E lontani sono i favolosi anni ’80, quelli delle “Antiche Sere” e del “Sogno di Sea”. Ma entrate nel locale, assaporatene l’essenza, fatevi rapire dalla bellezza delle volte a mattoni scoperti del salone da pranzo o dalla maestosità del bancone del bar, finemente lavorato. Sfogliate il registro delle scalate appeso a lato della porta d’ingresso, ricco di storia e d’informazioni. Gustate una buona cioccolata calda, d’inverno, spruzzata con un po’ di rhum. La fantasia correrà indietro nel tempo. E sarà impossibile poi non ritornare.