Una notte come un’altra, sono lì a batter tasti, non più nella mia “torre” fra i boschi o in qualche landa ai confini del mondo, ma per qualche momento in una mansarda boheme nei vicoli genovesi… Il “coso” della posta elettronica s’illumina, suona muto, ho tolto l’audio, “non mi avrai fellone!”. (Non ho detto “fellone”)…
Scarico la mail: è Filip Babicz !
“Ciao Christian ,
Ti mando una lettera di Dariusz che mi aveva mandato in polacco. Mi ha chiesto se potessi tradurla per lui e poi se potessi pubblicarla in Italia […] Mi sei subito venuto in mente tu. E’ la voce di uno dei più forti drytooler al mondo: mi pare interessante far sapere il suo punto di vista. In allegato trovi la lettera tradotta da me, più 3 foto che puoi usare a piacimento. Io in questo momento sono in partenza per Himalaya!!”.
Darek Sokołowski… Climber polacco nato a Szczecin, classe ’63, con una storia davvero intensa e ai vertici. Un fortissimo esploratore delle capacità e dei limiti umani. Il suo soprannome “Łysy” significa “Calvo”, per evidenti ragioni, un mito. …che bel momento!
Scrivo subito al diretto interessato che si dimostra molto socievole e disponibile.
Sarà un bel momento, vediamo di renderlo comprensibile per tutti o quasi.
Prima di andare avanti direi di fare chiarezza: di cosa parla la lettera? Di drytooling, nello specifico dello stile DTS e della sua scelta!
Cos’è il drytooling? Per semplificare per i “non addetti” si potrebbe dire che è la tecnica derivata dalla arrampicata su ghiaccio e su misto con cui si scala una parete di roccia utilizzando piccozze e ramponi.
Cos’è il DTS? Per rispondere prendo spunto proprio dall’ultima intervista fatta a Filip che mi rispose “DTS è il nome di uno stile di dry-tooling (Il nome è ingannevole considerando che una salita non in stile DTS è sempre una salita di dry-tooling). Consiste sopratutto nel divieto di usare delle tecniche di Yaniro aka 4/9. L’acronimo proviene da “Dry Tooling Style”, il nome del contest francese “DTS Tour” organizzato annualmente dal 2009. La culla dello stile è l’Usine, una falesia vicino a Voreppe in Francia”.
Ed ecco quindi qui di seguito la preziosa lettera, un bel manifesto personale, ricco di storia e vissuto.
Perché il DTS?
Tutto iniziò quando nell’inverno 2013, insieme a Krystian Kostecki, costretti dalla pioggia ad abbandonare i Monti Tatra, abbiamo deciso di andare in un settore di drytooling a Szklarska Poręba. E’ stato allora che questa disciplina mi ha risucchiato. Non conoscevo ancora il termine DTS, non avevo le scarpette da dry e neanche le piccozze specifiche. Guardando i filmati, ero impressionato dall’abilità dei atleti che facevano quelle figure acrobatiche, che si sedevano sulle proprie braccia. Per i primi due anni, scalando sulle vie fino D11, non avevo avuto l’occasione di usare le figure “quattro” e “nove”, ma ovviamente le eseguivo spesso durante l’allenamento.
Poi all’inizio dell’inverno 2015/2016 durante un allenamento mi sono infortunato ad una spalla. Mi ha dato problemi per lunghi mesi. L’infortunio era fastidioso al punto che mia moglie e mia figlia mi aiutavano a vestirmi. Ma nonostante tutto la fame di arrampicata e la necessità di chiudere per lo meno il braccio sano mi hanno portato a Diebsofen in Austria. In quest’occasione ho provato per la prima volta un tiro di D12. Per via dell’infortunio non potevo farlo in stile DTS (ormai sapevo cosa significasse), soltanto la figura “quattro” mi ha permesso di arrivare fino in catena. E’ stato un momento di svolta per il mio approccio al drytooling. La delusione e la rivelazione allo stesso tempo. Cavalcando le mie stesse braccia ho avuto l’impressione di fare un altra via, un D9, forse D10. Mi costava più fatica fare la maggior parte dei D9.
Invece la felicità, la soddisfazione? Non c’erano. Erano evaporati. In realtà mi stavo chiedendo cosa fosse ciò che avevo fatto? L’arrampicata, una salita in libera? Non avevo impiegato alcun muscolo nonostante la via strapiombasse parecchio. Avevo semplicemente spostato il mio disabile corpo lungo la via, penzolando da buco a buco in posizione seduta. Percorrere la via in questa modalità mi faceva mancare tutte le cose che mi avevano reso felice delle salite di vie difficili: la scelta dei giusti appoggi, il posizionamento dei fianchi, delle spalle, rotazione delle ginocchia o l’ottimale piazzamento del piede. Oltre la contrazione dei muscoli di schiena, spalle e addome, il bicipite che scoppia dallo sforzo. Tutto questo era diventato inutile. Inutile era anche tutto allenamento di forza e di resistenza. Le scarpette invece? Erano un accessorio superfluo. Avrei potuto benissimo avere ai piedi delle scarpe da cowboy o degli zoccoli.
Ho pensato, c….o, mai più!!! Era la mia prima e ultima volta che ho sfruttato queste figure per salire una via. Dopo il rientro ho cambiato completamente le modalità di allenamento. Il nuovo metodo e gli attrezzi che ho inventato hanno portato ad ottimi risultati, è stato evidente soprattutto per le persone che si univano alla squadra dei seguaci del DTS.
Negli anni successivi durante i miei frequenti soggiorni al Tomorrow’s World (gloria a TOM BALLARD per aver creato questo settore, e aver messo a disposizione le sue fantastiche vie) mi ricordavo spesso delle mie sensazioni a Diebsofen. Facendo le vie un pochino più dure volevo vedere se le sensazioni fossero simili sui movimenti più difficili. Feci una prova. Appeso nelle figure “quattro” e “nove” i movimenti difficili diventarono facili, gli appoggi non avevano nessuna importanza. La misura della difficoltà diventava il numero dei pendoli del corpo necessari per arrivare al buco successivo: “Un pendolo – facile, 2 pendoli – difficile, 3 o 4 – ancora più difficile più lo sfregamento del polso.
Se nonostante tutto (teoricamente) dopo il soggiorno a Diebsofen avessi continuato ad usare le avanzate figure “4” e “9” e avessi avuto un quadernino con le vie fatte (non ce l’ho), vicino a tutte le vie ci sarebbero scritti altri numerini. Es. “Oblivion” (D14 in DTS) sarebbe D12+, “A Line Above The Sky” (D15 in DTS) classificherei come D13+, “Parallel World” (D16 in DTS) lo avrei gradato D14+. E non avrei avuto bisogno di allenarmi così tanto. Per fortuna (mia) è solo pour parler… Adoro allenarmi e lo faccio da quando in piedi entravo sotto l’armadio. Per questo ho scelto il DTS.
Dariusz “Łysy” Sokołowski (traduzione Filip Babicz)
Christian Roccati
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