“Non dovevo rivederla mai più. Sarebbe morta l’anno dopo, nella Vallée Blanche, al ritorno dalla scalata della Pyramide du Tacul, modesta escursione che si fa in una mattinata. E’ morta perché il ponte di neve che scavalca la crepaccia terminale ai piedi della Pyramide ha ceduto nel momento in cui lo stava attraversando insieme con la sua guida. E’ morta sul colpo, schiacciata da un blocco di ghiaccio. La sua guida se l’è cavata con pochi graffi. Ora, attraversare in due un ponte di neve non è affatto contemplato, lo si può facilmente immaginare dal manuale della tecnica di alta montagna. Claudine però non lo sapeva..”
René Desmaison – “342 ore sulle Grandes Jorasses”
Una tragedia colpisce una comitiva impegnata nella traversata Chamonix-Zermatt, durante la quale muoiono 6 persone tra cui la guida alpina che conduceva il gruppo. I fatti (o presunti tali) rimbalzano sul web. Come spesso accade, si scatenano repentini i commenti, di vario genere: c’è chi punta il dito sulle responsabilità della guida (troppe persone in un solo gruppo e per una sola guida, leggerezza della stessa nella valutazione del meteo) e c’è chi, al contrario (le guide, soprattutto) sostiene che vi erano tutte le condizioni per garantire il buon fine della traversata. Nessuno peraltro, potrebbe mettere in discussione l’esperienza della guida alpina in questione. In questo travagliato mondo dell’alpinismo vi è la tendenza nel prodigarsi in giudizi sulle responsabilità altrui, ogni volta che avviene una tragedia in montagna. Perché “alpinisti” (ma spesso da semplici cittadini) ci sentiamo per forza in dovere se non obbligati a dire pubblicamente la nostra. Ed il giudizio il più delle volte è severo e spietato, specialmente se la vittima dell’incidente “se l’è cercata”. Cosa vuol dire “cercarsela” a questo punto, non l’ho ancora capito, ed è soltanto una questione di punti di vista. Nessuno è infallibile. Tutti possono commettere errori. Si può morire sul posto di lavoro anche se il “posto di lavoro” è la montagna. Con colpa o meno. Conta innanzi tutto il rispetto per i morti. Viene prima dei giudizi degli “spettatori” o delle scontate difese di categoria.