In un’intervista rilasciata alla Tvn24.pl, oltre a motivare la sua decisione di chiudere con l’alpinismo estremo, Urubko non ha risparmiato critiche alle nuove generazioni di himalaysti polacchi
Come è noto, Denis Urubko, dopo l’insuccesso del tentativo invernale, in solitaria, sul Broad Peak, ha confermato di voler chiudere con l’alpinismo estremo. Tuttavia, il suo sembra non essere un addio definitivo all’himalaysmo:
“Non c’è nulla di definitivo per me – ha precisato in un’intervista rilasciata a Tomasz Wiśniowski della polacca Tvn24 – al contrario. Tutto ciò che faccio in montagna è mutevole. Tattica, tecnica e stile di arrampicata. Solo l’obiettivo rimane costante. Pertanto, nessuno dovrebbe rimanere sorpreso se riapparirò in Himalaya una o due volte. Ad esempio: perché non potrei battere il record di Juanito Ojarzabail che ha scalato il Cho Oyu quattro volte in una stagione? È molto più sicuro e divertente di quello che ho fatto finora. Tuttavia non vorrei più fare salite estreme in Himalaya, come nuove vie e cime invernali. C’è solo una possibilità: nel caso in cui mia moglie Maria Jose Cardell mi chieda aiuto per una nuova via in stile alpino. In questo caso proverò ad aiutarla.
Urubko continua: “L’età è un problema da cui nessuno scappa. Non riesco a fare quello che potevo fare quando avevo 30 anni. È importante capirlo e non provare a correre come uno scoiattolo su una ruota.”
Il grande scalatore russo, con cittadinanza polacca, fa poi una diagnosi, piuttosto spietata, sullo stato dell’himalaysmo polacco:
Alla domanda: “Se ricevessi un invito a prendere parte alla prossima spedizione polacca al K2?”, Urubko risponde: “Dovrei analizzerei a fondo la proposta per capire se mi piacerebbe trascorrere di nuovo tre mesi in una squadra piena di scalatori deboli, perdenti e bugiardi. Preferirei di no. C’erano tre o quattro buoni alpinisti nella squadra del K2. Erano Marcin, Adam, Rafał e il giovane Maciej. Ma l’azione era impossibile a causa della poca esperienza degli altri membri, la direzione non era in grado di fare nulla. Negli ultimi anni, il vero stile polacco sulle alte vette, lo abbiamo visto poco. Sì, c’è Andrzej Bargiel. Apprezzo i suoi successi, ma è qualcosa di diverso dall’alpinismo sportivo.
Tante parole, tante scuse erano all’ordine del giorno ma in realtà hanno dimostrato debolezza. Tante parole sul passato eroico di Cichy, Kukuczka, Kurtyka e altri, ma la nuova generazione non è pronta per l’alpinismo sportivo in alta quota. Successi recenti? Piotr Morawski (prima invernale allo Shisha Pangma) e la mia nuova via sul Gasherbrum II. Non troppo, vero?
Il grande obiettivo dei polacchi è quello di scalare il K2 in inverno, ancora inviolato nella stagione più fredda. La spedizione polacca, a cui fa riferimento il celebre scalatore nell’intervista, è quella dell’inverno 2017/2018. Ne doveva essere efffettuata un’altra quest’inverno, ma è stata rimandata a fine 2020/2021. Piotr Tomala, direttore del programma polacco, nel 2019 motivò così il rinvio della spedizione:
“Il motivo principale è la formazione. Al momento non ci sono abbastanza alpinisti esperti che possano andare al K2 quest’inverno – una squadra che realisticamente possa realizzare un attacco al vertice.”
Urubko, conclude le sue valutazioni sullo stato dell’himalaysmo polacco, aggiungendo:
“Spero che tutto ciò cambi presto. I polacchi hanno buone possibilità di realizzare le invernali al Broad Peak, Gasherbrum I e K2.” Da questa ultima affermazione, si denota come Urubko continui ad ignorare la prima invernale polacca al Broad Peak del 2013 (di cui si è festeggiato ieri 5 marzo l’anniversario!) o del Gasherbrum I (9 marzo 2012). Infatti, secondo la sua visione – che tiene conto del calendario meteorologico e non quello astronomico – le invernali si collocano da dicembre a fine febbraio.
Nell’ intervista, pubblicata anche in russo e in inglese su russian.climb, Urubko non è stato tenero neanche nei confronti di Simone Moro e del canadese Don Bowie, quest’ultimo compagno di cordata sul Broad Peak:
“Voglio dedicare più tempo ai miei cari. Sono stanco di perdere tempo. E’ successo troppo spesso. Ho dedicato molto tempo ad allenamenti, togliendo tempo alla famiglia e ad amici. Le spedizioni a cui partecipo durano 2-3 mesi … ma i partner si sono rivelati spesso zavorre, come Simone, alcune volte, come la squadra polacca nel 2018, come Don l’ultimo inverno. Essere bravi va bene, ma non sempre è sufficiente per conquistare la vetta. Ho dovuto smettere di scalare tante volte per l’irresponsabilità di altre persone! Ora, preferisco occupare il mio tempo per fare altro”.
Dal commento di Don Bowie, sul suo instagram:
“Siamo tutti dipendenti l’uno dall’altro, malgrado pensiamo di non esserlo, lo impongono le leggi sovrane dell’universo. E il grado in cui ignoriamo questa inevitabile interdipendenza è direttamente proporzionale alla misura del nostro ego e della nostra arroganza”. Ringraziando tutti coloro che hanno aiutato la spedizione invernale al Broad Peak Don conclude “E grazie mille ai miei compagni di arrampicata Lotta e Denis (nonostante quello che Denis ha scritto di recente su di me, ahahah)