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6 Ottobre 2016

Esploratori, nel cuore della materia

img228Esistono davvero: uomini fuori del comune destinati a lasciare un segno nella storia anche con azioni lontane tra loro nello spazio, nel tempo e nella modalità. E’ indubbio che Mike Kosterlitz sia uno di questi. Per gli alpinisti della mia generazione, almeno qui sulle Alpi occidentali, il nome di Mike è indissolubilmente legato a pochi metri di fessura che incidono un masso nella piana di Ceresole Reale, nella Valle dell’Orco. Il simbolo di una rivoluzione tecnica del gesto che avrebbe influenzato l’arrampicata moderna in modo significativo. Molti di noi, per anni, hanno portato sul dorso delle loro mani i segni dei tentativi falliti sulla “Fessura Kosterlitz”, quando non esistevano i crash-pad e quando il masso faceva bella mostra di sé in un prato alberato, prima della costruzione della galleria che l’avrebbe parzialmente inglobato. Ci volle tutta la mobilitazione del popolo degli scalatori, allora, per evitare la distruzione di un pezzo di storia dell’arrampicata. Quando anch’io, alla fine, in un pomeriggio d’autunno, riuscii a salirvi in cima dopo un gioco d’incastro, capii quanto poco contano davvero i gradi di difficoltà.  Non si può dire di essere “arrampicatori occidentali” se non si sono salite, oltre alla celebre fessura, anche le altre poche perle di roccia lasciateci dalla meteora dell’alpinismo subalpino, da quello studente scozzese giunto a Torino per studi, che doveva dischiudere ai nostri maestri naturali le porte di un mondo nuovo, fatto di aderenze delicatissime, di fessure senza chiodi. La via del “Pesce d’Aprile” e il “Sole Nascente” non sono soltanto i simboli di quel “nuovo mattino” dell’alpinismo su cui si sono forgiate generazioni di scalatori non solo subalpini, ma gioielli di intuizione, di tecnica e di sogni visionari. Allontanato da quel mondo verticale che aveva così profondamente segnato a causa di una malattia invalidante, Mike Kosterlitz ha continuato il suo viaggio visionario ed esplorativo nella ricerca in campo fisico. La notizia della vittoria del prestigioso “Premio Nobel per la Fisica” assegnatogli assieme ai britannici Thouless e Haldane, pochi giorni fa, ha piacevolmente sorpreso la comunità degli scalatori. Che nesso c’è tra la fisica quantistica e l’arrampicata su roccia? Molto più di quanto si possa pensare in realtà: genio, intuizione, dedizione, spirito avventuroso. Ora, caro Mike,  sei davvero nella storia, quella con la “S” maiuscola. Ma noi ricorderemo per sempre le giornate passate alla base del tuo masso, o i sudori freddi provati rimanendo appesi sul passo“chiave” del primo tiro di “Sole nascente”. Anche in quel caso, stanne certo, ti ricorderemo come un “esploratore nel cuore della materia”.