Il fotografo-alpinista è stato sulle montagne di tutti i continenti con i migliori atleti al mondo. “Mountains“, il suo ultimo libro, raccoglie, in sintesi, 30 anni di fotografia
In pochi sono in grado di superare difficoltà estreme in montagna e al contempo realizzare immagini fotografiche eccezionali. Robert Bösch ha perfezionato quest’arte e spesso è stato coinvolto nei progetti alpinistici del grande Ueli Steck.
La rivista tedesca Bergsteiger ha pubblicato recentemente un’intervista a Bösch sull’onestà in alpinismo e nella fotografia, di cui vi proponiamo alcuni stralci:
Un buon fotografo di montagna deve essere anche un buon alpinista?
Essere un alpinista ragionevolmente esperto è almeno di aiuto. Quando decidi di fare tennis, non devi essere un giocatore di tennis. Ma se vuoi fare delle foto sulla parete Nord dell’Eiger, allora è un vantaggio sapersi muovere lì autonomamente
Un elicottero non è sufficiente?
Forse per arrivarci. Ma anche questo è difficile. Molte volte sono andato con Ueli Steck sulla parete Nord dell’Eiger e spesso senza protezione.
Sei un alpinista e un fotografo di montagna. Quanto diversi sono questi mondi?
La cosa comune è che entrambi, nel loro ambito, sono stati molto stimolanti nella mia vita. Sono stato sempre affascinato dall’alpinismo, poichè ti permette di muoverti in un terreno pericoloso, con l’ambizione di fare cose il più difficile possibile. Non puoi semplicemente provarlo, devi conoscerti, prepararti e imparare a valutare molto bene i pericoli di quel mondo.
Un fotografo non trasforma anche le montagne se le mette in una giusta luce?
Come fotografo, imbrogli sempre in qualcosa. Inoltre, non è possibile mostrare tutto in una foto…. Nell’alpinismo, fotografo molti progetti in modo tale da renderli estremamente spettacolari, forse più spettacolari di quanto non siano. Quindi non puoi fidarti solo delle immagini…
Nel tuo nuovo libro “Mountains” scrivi: “Le immagini non raccontano storie.”
Spesso le storie che un’immagine racconta, o sono bugie o sono arbitrarie. Una foto per me ha solo una didascalia. Con un’immagine puoi dire cose completamente diverse, dipende da ciò che scrivi di seguito. È lo stesso in politica, ma anche nello sport. Pertanto, bisogna avere una certa “sfiducia” nelle immagini. Nel mio libro la foto doveva essere giusta, la storia che stava dietro non mi importava davvero.
Secondo Messner: la montagna è come uno spazio arcaico in cui l’individuo è concentrato su se stesso e sulle sue capacità?
Devi comportarti correttamente e non hai la garanzia che ti vada bene. Questo è tutto ciò che è l’avventura alpinistica. La sfida è affrontare questa situazione.
Quando vai in montagna, la morte è sempre una possibilità. La cosa infida è che, quando non te lo aspetti, è più vicina…
L’alpinismo non è un’attività che puoi semplicemente provare. Posso provare una maratona e vedere se mi va bene. L’alpinismo è più simile al salto in lungo su un grande gola che decidi tu quanto può essere ampia… Ma poi devi essere sicuro di poterlo fare. Se sei capace di saltare oltre otto metri, ma hai il coraggio di affrontare un burrone largo solo due, non otterrai nulla di intelligente. Ma ahimè, ti sarai solo sopravvalutato.
Il principio guida è: agisci sempre in modo tale da non aver bisogno della fortuna, ma se sei stato fortunato, allora sii riconoscente.
Ueli Steck è stato senza dubbio un alpinista di grande successo. Quanto ti pesa la sua morte ancora?
Mi sono abituato al fatto che Ueli sia scomparso… Eravamo molto amici. Tanti alpinisti che conoscevo sono morti, ma mai un amico molto intimo, fino alla scomparsa di Ueli.
In merito alle critiche rivolte a Ueli Steck in occasione della salita in solitaria della parete Sud dell’Annapurna, Bösch dice: “… so che ci sono un sacco di bari in alpinismo. Ma con Ueli nessuna storia mi ha mai fatto sentire non del tutto d’accordo con lui. L’ho sempre ascoltato molto attentamente su questa salita, e non c’è mai stato un punto in cui si è contraddetto. Andò su quello che considerava il punto più alto, ma non poteva dire con certezza al 100%, lo fosse. L’ho trovato molto incerto nei suoi dubbi. E, naturalmente, ci sono argomenti validi contro la “logica ingegnosa e il ragionamento” di alcuni giornalisti che parlano in pubblico.”
Alcuni sospettano che Steck abbia perso la vita per aver alzato il livello del rischio, a seguito delle critiche subite dopo l’Annapurna. In merito al progetto di Ueli, la traversata Everest-Lhotse, Bösch racconta: “Ueli aveva originariamente pianificato di realizzare l’Hornbein Couloir, quindi la traversata dell’Everest. Gli avevo detto in anticipo che consideravo l’Hornbein Couloir – e quindi il Lhotse – un risultato alpinisticamente eccezionale. Mi aveva scritto un messaggio che il suo compagno aveva abbandonato e quindi si sarebbe astenuto dal couloir. Quindi sicuramente non aveva intenzione di fare il kamikaze. Non ha mai voluto raggiungere il limite come sulla parete sud dell’Annapurna.
Secondo Bösch, l’incidente sul Nuptse “è stata solo sfortuna..”
Nella fotografia esiste il fotoritocco. Photoshop è la “fotografia del momento” e si profetizza la rovina della fotografia di montagna e naturalistica. Quale potrebbe essere una via d’uscita?
Dove tutto è possibile – trasformare ogni buona foto in una straordinaria – diventa rapidamente arbitrario… Non conosco la soluzione per la fotografia. La fotografia digitale e il fotoritocco, permettono immagini incredibilmente più spettacolari e straordinarie.
In realtà, l’immagine dovrebbe riprodurre il momento in cui è stata scattata. Attraverso il fotoritocco, la fotografia perde la sua forza e ciò che la rende affascinante: che quacuno abbia colto l’attimo. Ho paura che non si possa risolvere il problema.
Il libro di Robert Bösch “Mountains“, è una sintesi di 30 anni di fotografia e quindi il lavoro della sua vita. Nato nel 1954, lavora per aziende e per riviste internazionali come National Geographic, Geo e Stern. Bösch è sposato e ha due figli
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