La decisione di scrivere questo articolo è dovuta forse ad una misteriosa attrazione per una terra mai visitata. Credo avessi 15 anni quando mia sorella Eleonora portò a casa un libro con una copertina di un libro che mi incuriosiva e che una volta letto fece nascere un amore inspiegabile per quei luoghi mai visti: Sognavo l’Africa di Kuki Gallmann.
Durante l’ultimo anno di laurea in Scienze Ambientali a Ravenna presi la decisione di scrivere alla Gallmann Memorial Foundation per poter fare il volontario nel parco ma poi, per ragioni economiche, l’idea rimase un dolce sogno. Un sogno custodito in uno di quei posti speciali del proprio cuore dove non finirà mai nel dimenticatoio ma che di tanto in tanto verrà a bussarmi nella realtà ricordandomi che è li impaziente che sia il suo turno. Qualche giorno fa il suo bussare si trasformò nella decisione di riprendere in mano il libro e di rileggerlo. Non so se vi sia mai capitato di rileggere un libro e farlo come se fosse la prima volta: il ritmo del cuore segue meticolosamente ogni singola emozione che trasmettono quelle semplici parole stampate sulla carta. La mente viene trasportata in un mondo parallelo che mi porta quasi a vivere realmente ciò che leggo.
Il cuore batte all’impazzata quando un Bufalo sfiora Kuki, Paolo, Colin e Tharaka, il respiro viene interrotto dalla spettacolarità del tramonto africano visto con la schiena appoggiata ad un albero di acacia in cima alla collina che oggi è conosciuta come Kuki’s point o mi ritrovo a versare qualche lacrima quasi a soffrire con la protagonista come se fosse la mia più cara amica ora qui al mio fianco.
Qualche giorno fa leggendo un giornale scorgo un articolo intitolato Le italiane che lottano per la terra del Kenya. Sorrido per la gioia. Non posso credere che solo l’altro ieri ho ripreso in mano il libro ed ora mi ritrovo a leggere un articolo di Kuki Gallmann e Sveva (sua figlia). La luce di gioia che illumina i miei occhi lascia subito spazio al buio totale di chi sta leggendo qualcosa che non vorrebbe leggere. L’articolo parla di un ennesimo attacco a questa donna straordinaria e alla sua famiglia. Un attacco con lo scopo di farla scappare dall’Africa, la terra che ama. Il principale motivo di questo feroce atto è dovuto alla siccità che terrorizza il paese. Kuki Gallmann e Sveva in Africa sono un simbolo, un esempio e non una minaccia. Nata a Treviso nel 1943 all’età di 29 anni, Kuki si innamora assieme al marito Paolo di questo continente straordinario ed in particolare di Laikipia, terreno che da li a qualche anno diverrà la loro dimora. Ora è una tenuta di 400 km quadrati dove è stata fondata la Gallmann Memorial Foundation con circa 250 dipendenti con lo scopo di proteggere animali come elefanti, rinoceronti, educare la popolazione locale, difendere la natura e tanti altri progetti di sviluppo legali alla salvaguardia dell’ambiente. Ora la grave siccità nell’Africa Orientale sta spingendo le tribù di pastori ad andare a caccia di terre fertili con le armi. Ma perché proprio loro? L’amore per questa terra ha portato Kuki a prendersi cura di lei come una madre fa con la propria figlia ed ora sono tra i pochi ad avere ancora l’acqua, uno dei doni più preziosi che Madre Natura ci ha donato.
Purtroppo la situazione sta peggiorando e molti governi, trascurando nel tempo l’importanza nell’essere lungimiranti sfruttando l’ambiente, ora incitano i sostenitori a prendersi con la forza le terre dove c’è ancora erba (a proposito di governi vorrei ringraziare il governo kenyano che si è mosso subito mandando a Kuky e famiglia protezione). Ad agosto ci saranno le elezioni e la situazione potrebbe peggiorare.
Mi piacerebbe che ognuno di noi nel suo piccolo si fermasse un attimo a pensare: non è la terra che ha bisogno dell’uomo, ma l’uomo che ha bisogno della terra per vivere. E se continuiamo a non essere lungimiranti, a sfruttare l’ambiente chiudendo un occhio sulle conseguenze future del nostro operato (piccolo o grande che sia facendo finta che non stiamo facendo nulla di male), quello che sta succedendo in Africa potrà verificarsi in altre parti del pianeta. C’è chi dice che ormai sia troppo tardi per intervenire. Tardi o meno non lo sapremo mai se non iniziamo tutti a fare qualcosa di concreto nel quotidiano (partendo anche dai piccoli gesti come il riparare una qualsiasi cosa rotta invece di buttarla via subito e comprarne una nuova) ed educando i nostri figli alla salvaguardia del pianeta. In cuor mio, sono sempre un ottimista e credo che ci sia ancora tempo per salvare la terra. Ma ogni cosa si realizza quando con impegno e determinazione ci si rimbocca le maniche e si lavora per far si che ciò accada. Rileggendo il libro di Kuki Gallmann Sognavo l’Africa e vedendo come ancora oggi lotta per questa meravigliosa terra mi viene voglia nel mio piccolo di fare qualcosa per la salvaguardia dell’ambiente. Una voglia che spero con queste poche righe di avervi trasmesso.