Tra ieri e questa mattina ho ricevuto un sacco di telefonate, messaggi, mail di amici che mi chiedono consigli per una gita domenica. C’è chi me lo chiede per le racchette o lo scialpinismo, chi per le cascate, chi per le zone dove si può arrampicare. Successe così anche il 4 di maggio, alla fine del primo lockdown. Allora, nel primo week-end, anche la montagna più semplice dietro casa vantò un record di presenze mai visto. La volta scorsa era primavera, adesso, in verità, è ancora più complicato. Posso dare poche informazioni perché io i confini comunali non li ho mai superati. Non ho il polso delle condizioni degli anni normali, quando seguo con attenzione l’evoluzione del ghiaccio o della neve, ricavando per me stesso delle informazioni che mi permettono di decidere se fare una salita oppure no. Ho informazioni limitate e, in ogni caso, ho risposto alle richieste dicendo che forse sarebbe meglio evitare di andare in montagna questa domenica, la prima della “zona gialla”. So che però è un discorso egoistico, di chi, bene o male, in queste settimane si è ricavato comunque un suo spazio di “libertà”, pur non potendo andare dove avrebbe voluto. Il problema di queste restrizioni è la voglia incontrollata che scatenano in chi frequenta abitualmente la montagna il fine settimana, come “valvola di sfogo”. L’esperienza recente, oltretutto, ci dice che attiva una certa curiosità anche in coloro che la montagna l’avevano fino ad ora considerata poco. Una comprensibile fuga dalle città per riprendersi il proprio spazio di libertà. E se gli impianti sono chiusi, si riempiranno così i sentieri o i percorsi per le racchette. Ci sarà chi vuole cavalcare fuori pista la prima neve di stagione e posta già da giorni le foto degli “sci caldi”, chi vuole aggrapparsi al primo ghiaccio. Semplicemente, vi sarà chi in montagna vuole andare al ristorante o nei bar, e riprendere per la seconda volta una parvenza di vita normale. Molti in cuor loro sanno benissimo che questa chiusura non sarà probabilmente l’ultima e che queste festività, seppure condizionate da alcune restrizioni, potrebbero spianare la strada alla tanto temuta “terza ondata”. Altri continueranno a dire che il virus è un’influenza semplice o che non esiste. Qualcuno spererà nel “buon senso” collettivo. Tutti comunque vorranno sparare le proprie cartucce da domenica prossima. Il bello della montagna, in fondo, è il grande senso di libertà che ispira. No, io non ho molte informazioni da dare sulla montagna, anche di quella che conosco meglio. Lascerò passare questa domenica di “riappropriazione” e poi, con calma, inizierò a “studiare” i luoghi che m’interessano per vedere le condizioni, per capire se posso fare alcune cose che vorrei oppure no. Non voglio tirare in ballo il “buon senso” perché alcune delle mie scelte qualche volta sarebbero in contraddizione, e non intendo dare lezioni a nessuno. Il “buon senso”, poi, è abbastanza estraneo alla pratica della montagna di un certo tipo. Lo è anche nella semplice vita quotidiana. E’ più corretto parlare di una strana e poco decifrabile commistione di paura, audacia, conoscenza, curiosità e intuito. Senza un po’ di audacia e di curiosità non potremmo fare dell’alpinismo, ma senza conoscenza, paura e intuito la vita sarebbe potenzialmente più breve. Questi sono gli stati d’animo che in molte occasioni guidano i nostri comportamenti, e se sbagliamo, oppure no, lo diranno solo le conseguenze. Questo è un periodo difficile dove fare delle scelte “giuste” è impossibile. Come in montagna, possiamo solo cercare di guardare un po’ più lontano, dopo aver guardato dentro di noi.