Sta per terminare il lungo periodo di preparazione e pianificazione al viaggio fotografico in terra d’Islanda, organizzato nell’ambito del progetto Outdoor Travel di MountainBlog.
Conosco la magia del grande nord, ma è la prima volta anche per me in questi luoghi da molti descritti come, potenzialmente – ossia se si ha la fortuna di vederli con la luce speciale di quelle latitudini – un “paradiso fotografico”.
La mia riflessione quest’oggi vuole soffermarsi su quegli aspetti, sia pratici che emozionali, che spesso mi trovo a vivere con il cuore e con la mente quando scelgo di andare ad esplorare un posto nuovo. Anche qui c’è il prima, c’è il durante, c’è il dopo.
La parte più lunga di un “progetto viaggio” è sicuramente il prima, il tanto tempo dedicato all’organizzazione e alla pianificazione, all’immaginazione e alla raccolta di informazioni, allo studio di mappe e locations. In questo senso, a mio parere, oltre che cercare di acquisire il più possibile indicazioni utili per iniziare a familiarizzarsi con un luogo che non si conosce, uno degli investimenti migliori che si possa fare è scegliere di farsi accompagnare da una guida locale esperta che conosca bene il luogo, i suoi segreti e soprattutto le esigenze del fotografo. Questo è non solo un requisito fondamentale ma anche una scelta organizzativa quale valore aggiunto da mettere a disposizione del gruppo con cui condivideremo l’esperienza sul campo.
Per conoscere bene un luogo non è certo sufficiente una settimana di vacanza, sono necessari mesi sul campo, spesso in tutte le stagioni, un investimento in tempo e risorse ben al di là delle possibilità reali di buona parte di noi. Una guida affidabile che conosca bene le esigenze di un fotografo aiuta non solo ad ottimizzare il poco e prezioso tempo disponibile, ma rende anche l’esperienza di viaggio molto più profonda e gratificante. Inoltre, l’informazione diretta acquisita nell’incontro con un altro essere umano è solitamente ben più ricca di quella trovata sulla pagina web di turno.
Sono molto convinto che questo sia un approccio vincente, personalmente ho già avuto modo di sperimentarlo in altri viaggi verso destinazioni da “prima volta”. Non a caso io stesso conduco la stessa attività qui sulle Dolomiti, dove mi capita spesso di accompagnare altri fotografi che vengono da ogni parte del mondo (qui alcune loro testimonianze) per visitare e cogliere con la fotocamera le nostre meraviglie naturali. Con l’esperienza maturata negli anni, mi risulta spontaneo sapere come arrivare “nel posto giusto nel momento giusto”, e quando anche la luce cospira accendendo la bellezza del paesaggio, allora ci si trova a contemplare e condividere momenti magici che si fissano indelebili dentro di sé e magari anche nella fotocamera.
In qualità di fotografo è certamente per me molto importante cercare di realizzare fotografie il più possibili appaganti durante un viaggio fotografico, ma non è tutto. E’ altrettanto importante scavare sotto la superficie, trovare una connessione con il luogo che vado ad esplorare, sentire la voce della Natura vera, quella con la N maiuscola, il profumo della terra, il suono della cascata, lo spruzzo del mare, il soffio del vento. Ed è proprio questa connessione la miccia che innesca quella creatività e quella intuizione che poi vengono tradotte nel click fotografico.
Poi c’è il durante, come nella vita così anche in un viaggio fotografico, si possono passare mesi a pianificare il meglio possibile ogni singolo momento del tuo nuovo viaggio, ma poi va vissuto, così come viene, con la certezza che sarà molto diverso da come tanto assiduamente era stato pianificato.
E’ la magia della serendipità, quella capacità o intuizione di scoprire apparentemente per caso qualcosa di speciale mentre si sta cercando tutt’altro. Fa parte questo del fascino della vita, dell’essere pronti ad accettare cambiamenti e sorprese che magari inizialmente si travestono da inghippi o contrattempi e che poi invece ti portano a incontri di luce che mai avresti immaginato e vissuto prima, nel tuo tanto desiderato programma originale…
E’ un’attività spesso più mentale che fisica, che è stimolata dal mettersi in uno stato d’animo di ascolto, aperto a percorrere anche la strada meno battuta e magari ben al di fuori della propria zona di comfort. Molte delle mie immagini più belle sono nate proprio così.
Il proprio occhio fotografico diventa così una sorta di “taccuino” su cui registrare attimi ed emozioni, vissute nel presente e con la prodigiosa capacità di arricchire il dopo, anche a distanza di molto tempo.
Al rientro da un viaggio fotografico, molto probabilmente le immagini realizzate non sapranno rendere giustizia a quello che ho vissuto. Durante i miei primi anni di attività fotografica non vivevo bene queste sensazioni di frustrazione, poi ho capito che semplicemente non è possibile stare alla pari con quello che occhi e cuore registrano e vivono. Le fotografie più belle le fanno loro, per fortuna che è così! E da quando questa consapevolezza è divenuta parte di me, anche le fotografie che scorro sullo schermo del computer risultano molto ma molto più accattivanti.