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28 Dicembre 2024

Incontro con Andrea Lanfri intervistato da Roccati

Care amiche e amici, appassionati di avventura. Oggi, dopo un po’ di tempo, mi voglio dedicare nuovamente a parlare con una persona che stimo moltissimo, un amico straordinario che con la sua sete di esperienze è, tra le altre cose, diventato un simbolo di rinascita.

Foto by Ilaria Cariello

Parlo di Andrea Lanfri, classe 1986, nato a Lucca, pluriamputato in conseguenza all’aver contratto la meningite con sepsi meningococcica, che gli fa perdere entrambe le gambe, sette dita delle mani e gran parte della mobilità. Andrea è dapprima atleta paralimpico della nazionale italiana di atletica leggera, poi avventuriero e alpinista. Detentore del Guinness World Record per il miglio corso in quota più veloce e primo pruriamputato al mondo a salire in autonomia la montagna più alta del Pianeta. Andrea è molto altro e, prima di tutto, un ragazzo con un cuore immenso.

Nel 2022 hai raggiunto la cima dell’Everest, che cosa provi a ripensare a quella esperienza dal punto di vista del ciò che significa? Cosa significa per te?
Mi viene ancora da pensare alla grande emozione che ho provato, quando ho visto la vetta, ho visto la fine della montagna.. E’ stata un emozione diversa dalle altre ovviamente, ricordo che il mio pensiero è andato in dietro nel tempo, pensando a tutti quegli allenamenti e tante altre montagne salite per poter arriva in vetta all’Everest. La grande emozione è stata compiere quel viaggio, quell’avventura non iniziata con il trekking da Lukla, ma iniziata anni prima, da quando ho iniziato a pensare a questo progetto, a tutte le emozioni e a tutte quelle persone che mi hanno aiutato, direttamente e indirettamente a realizzare questa impresa. Un progetto nato dall’idea di dimostrare che si può andare ben oltre i propri limiti, se si crede veramente i noi stessi. Al mondo esistono molte montagne per le quali vale la pena di dedicare anche una vita intera per riuscire a scalarle. Però arrivare in vetta, raggiungere la cima in sé non ha nessun valore. È una vetta come tante altre, un semplice punto geografico. Quello che rende il momento speciale, unico e indimenticabile, è il grande impegno, la grande determinazione e motivazione che ci trasporta durante quel cammino verso la vetta, che ci regala emozioni! Rispondendo alla domanda: tutto il viaggio, gli allenamenti, le persone incontrare, le difficoltà, i dubbi, i sogni! E’ stato un mega viaggio!

Foto by Ilaria Cariello

Cosa ti è rimasto nel cuore di quella montagna? Se dovessi descriverla a chi non l’ha mai vista?
Dico sempre che se vai in Nepal una volta, desideri tornare il prima possibile. Non saprei spiegarlo, sarà per la bontà e semplicità dei nepalesi, per le bellissime montagne che abbiamo intorno a noi, ma è un posto veramente magico!

Qual è per te la montagna più bella del mondo e a quale sei più affezionato?
Difficile selezionare una sola impresa. Ogni salita che ho fatto, o che farò come ogni nuova avventura, è unica. Proprio lungo questi viaggi di momenti importanti ne ho vissuti veramente tantissimi… impossibile stilare una classifica. Sono emozioni non solo a livello “alpinistico”, ma anche umano ed esplorativo. Affezionato, senza dubbio alle mie montagne “di casa”, le Alpi Apuane. La grande emozione che provai al mio ritorno a casa dall’ospedale e soprattutto durante le prime uscite con gli amici in queste montagne: furono e rimangono dei bellissimi ricordi, un mix di emozioni anche strane e nuove con tanta curiosità e voglia di tornare a vivere.

Foto by Ilaria Cariello

Com’è nata invece l’idea del miglio più veloce a oltre 5000 metri? Ci racconti l’esperienza?
“Avrò delle protesi molto speciali, con cui voglio tentare un Guinness World Record. Lo farò non appena arrivato al campo base e sarà una sorpresa per tutti”. Questo è quello che avevo scritto prima della mia partenza. Nessuno sapeva di questo progetto. Era top-secret. Solo pochi giorni prima, durante il trekking al CB, ho svelato questa idea di segnare questo record. Volevo celebrale la corsa, che tanto importante è stata nel mia nuova vita, e volevo darle un riconoscimento importante in questa importante salita. E cosi pensai di fare questa corsa, strana, pazza e unica. E’ stata tosta e dico sempre che magari un giorno potrò magari fare l’Everest, ma la corsa no!

Tu hai anche un notevole palmares atletico: ci racconti i campionati mondiali ed europei? So che è un discorso incredibilmente ampio, ma a domanda aperta, facci sognare
Il mio percorso nell’atletica, un percorso totalmente nuovo, ma in quel momento era paradossalmente più facile che tornare a fare tutte quelle cose che facevo tutti i giorni. L’atletica, mi ha dato la possibilità di tornare nelle mie montagne. Dico sempre che è stata la mia “riabilitazione”. Paradossalmente ho iniziato prima a correre con i miei nuovi piedi, che con le protesi da cammino. E tutta questa voglia di “andare veloce”, mi ha portato in poco tempo a fare cose che mai avrei pensato. Lo sport, in particolare la corsa nel mio caso, mi ha salvato la vita 2 volte.

Foto by Ilaria Cariello

Vorrei che mi raccontassi la Sentinella di Pietra, il tuo Aconcagua
L’idea di questa salita fu semplice: è stata di voler affrontare la spedizione come un banco di prova in previsione della salita al Denali. Dopo l’Everest e il Kilimangiaro volevo prepararmi a una situazione più spartana, senza portatori e aiuti vari. È stata una decisione coraggiosa ma appagante. Da un lato ha comportato qualche complicazione in più, ma devo ammettere che, dall’altro, mi ha consentito di affrontare la spedizione in totale libertà. Poter seguire i miei ritmi e le mie necessità. Chiaramente la fatica si è fatta sentire quando mi toccava portare tutto il peso della tenda, montare il campo da solo, sciogliere neve e preparare da mangiare senza aiuti. E poi ho vissuto un’esperienza indimenticabile il giorno della vetta perché, a differenza degli altri alpinisti che hanno raggiunto la cima, sono partito da Campo 2 anziché da Campo 3: per un bel pezzo della salita eravamo io, la neve e la luna. Meraviglioso!. Ho quasi raggiunto la cima il 16 gennaio, poi sono tornato il 22… la prima volta mi sono fermato poco prima della vetta a causa del freddo e del vento fortissimo. Per cui, non appena ho iniziato la discesa, mi sono ripromesso di ritentare immediatamente. Avevo ancora tempo a disposizione e le condizioni meteo mi hanno aiutato perché la neve abbondante caduta durante i primi giorni al campo base, si è poi stabilizzata e compattata rendendo la progressione un po’ più semplice.

Mi piacerebbe che ci tratteggiassi la tua spedizione al Denali, una delle più importanti montagne del mondo
Il Denali è sicuramente la montagna più difficile che ho fatto fin ad ora nell’ambito del progetto Seven Summit, mentre l’Everest è stata la più impegnativa sul fronte della tenuta mentale. Prima di partire mi ero documentato molto sulle montagne dell’Alaska e sul Denali, leggendo libri e guardando video. Però, fino a quando non sei lì, è difficile capire cosa significhi davvero fare una spedizione in un ambiente di quel genere. Per andare a fare una montagna come il Denali devi essere davvero convinto e motivato, altrimenti scuse per abbandonare, per tornare indietro, ce ne sono davvero tante! Fa davvero un freddo cane su quella montagna. il Denali non è proprio una montagna per tutti: richiede una notevole abilità di organizzazione logistica in autonomia e un’enorme capacità di sopportare la fatica.

Foto by Ilaria Cariello

Hai già fatto anche il Kilimanjaro: è una salita che ti ha entusiasmato? Che percorso hai scelto e perché?
Una salita molto bella e varia, che ti accompagna dalla foresta pluviale ai deserti alpini, fino a raggiungere i ghiaioni lavici della vetta. Ho condiviso la salita con Massimo Coda, collega di “gamba”; anche lui ha un arto artificiale e insieme alla mia ragazza e ad un mio amico. Nel 2022 fu la nostra vacanza insieme. Una bella salita, non impegnativa, ma molto varia. Dalla foresta pluviale, al deserto alpino e alla roccia. Una montagna che ne racchiude molte dentro, ogni giorno avevamo una nuova ambientazione. Siamo saliti dalla Machame Route.

Terminerai il circuito delle Seven Summit?
Nel percorso verso il completamento delle Seven Summit il Denali era sicuramente la montagna che mi preoccupava di più per il meteo, la logistica e la fatica. Anche questa tappa è andata, quindi potrei dire che sì, ora la strada è in discesa dal punto di vista delle difficoltà alpinistiche. Però ci sono altre questioni di cui tenere conto. Il prossimo anno, sicuramente, troverò il modo di fare l’Elbrus anche se la situazione di instabilità politica in quell’area potrebbe complicare le cose. Penso che quella sarà una spedizione veloce, da risolvere in pochi giorni e cercherò di salirlo con la mia ragazza o con qualche amico. Poi sarà la volta del Monte Vinson. L’obiettivo è di riuscire ad andarci a fine 2025/2026.

Foto by Ilaria Cariello

Che spedizione stai preparando ora? Qual è il tuo prossimo progetto?
Spero di riuscire ad andare sul monte Elbrus, anche se non sarà una vera e propria spedizione. Nel 2025 l’idea è di tornare anche in Nepal, ad ottobre. Una nuova valle da esplorare mi aspetta. E ovviamente la prima spedizione importante è proprio quella in Antartide, in mente ho alcune novità particolari e nuove per me…

Cosa diresti a un ragazzo che ha un ostacolo di fronte, di qualunque tipo?
Da questo mio intoppo, non ne sono uscito incolume da questa battaglia, il meningococco si e portato via le gambe e sette delle dita, ma non si e portato via la mia voglia di vivere, la mia allegria, la mia incredibile forza d’animo, che mi ha permesso di trasformare questa esperienza in una ulteriore spinta in avanti, in potenza. E’ per me bello poter essere anche solo in minima parte uno stimolo per qualcuno. Non bisogna mai smettere di sognare. In fondo i giudici più severi, siamo noi stessi.

Cosa diresti a un ragazzo che volesse iniziare a vivere avventure?
L’avventura più bella inizia proprio dall’esplorare noi stessi, nel fare cose nuove e a volte anche strane. Quindi andiamo tutti fuori, che è bellissimo. L’avventura che ci aspetta, piccola o grande che sia, sarà sempre una vittoria perché ci farà scoprire sempre cose nuove di noi stessi. I limiti secondo me si rinnovano. Variano e mutano secondo il momento.

Christian Roccati
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