Ho tra le mani un libretto, leggero ma pesante, carico di parole, concetti, una piccola porta per un grande tempo. L’Utopia nel terzo millennio e la montagna di Gabriella Pison, il sesto volume della collana relativa all’Etica dell’Alpinismo.
Si tratta della serie di tomi che l’accademia d’arte e cultura alpina, il GISM (Gruppo Italiano Scrittori di Montagna) conduce, promuovendo la spiritualità nel mondo outdoor in un globo che sovente va in tutt’altra direzione.
Gabriella Pison è un medico di Trieste; ha pubblicato numerose sillogi poetiche, collabora alla realizzazione di periodici socioculturali e coopera con numerosi siti come critico letterario per riviste internet, saggi e antologie.
Accademica del GISM ha contribuito alla stesura de “Il grande cuore dell’alpinsimo”, responsabile per Trieste del Cenacolo Accademico Europeo Poeti nella Società, firmatario del movimento culturale Alienismo, è vincitrice di numerosi premi internazionali, sia in ambito letterario, sia giornalistico. L’autrice, grande appassionata di montagna, ha partecipato a trasmissioni radiofoniche e televisive su emittenti ed è stata relatrice e presentatrice di eventi letterari a Trieste e in Slovenia.
L’Utopia nel terzo millennio e la montagna è il suo ultimo saggio, un interessante lavoro che parte dalle radici filologiche del sostantivo per sviscerare la condizione umana attuale. Secondo la Pison l’etimologia della parola “Utopia” potrebbe trarre origine sia da ou-topia (luogo che non c’è) sia da eu-topia (luogo felice) “ed è interessante osservare, come unendo i due significati ne nasca uno alquanto ambiguo: luogo felice che non esiste”.
L’analisi del testo contrappone dapprima “ideologia” e “utopia” e poi quest’ultima con il “mito”.
“Pulsione irrazionale istintiva o ragionata riflessione? Entrambe: guardare la realtà e costruire un sogno in questa vita. Una salita come un volo che ci avvicina al cielo. Per sempre”.
Il testo passa da “Il principio speranza” di Ernest Bloch al “Discorso della Montagna” (le Beatituini), sino a riconsiderare per intero il mondo moderno e le nuove possibilità.
“L’utopia va ripensata per coglierne la straordinaria capacità creativa, mezzo per riscoprire il vero senso della vita, senza costringerla in strutture rigide, tenendo sempre presente i limiti della natura umana e solo in questo modo e in questa direzione l’utopia apre la strada a scenari reali ed attuabili: la montagna e la Natura consentono all’uomo l’esperienza della solitudine sospesa tra gli echi della roccia, della stupefazione del silenzio di fronte alla maestosità degli scenari e dell’incommensurabile finitezza che lo contraddistingue”.
Galeano, Sant’Agostino, Rodari, Giovanni Paolo II, Marie-Madeleine Davy, “Tommaso Moro”, Aristotele: il tomo effettua una cavalcata tra le menti di scienziati, religiosi e filosofi, alla ricerca del significato ultimo, ai giorni nostri, della possibile elevazione, del vero cammino.
“La forza della tensione utopica rimane tuttavia viva e agisce tuttora nella nostra storia. Il valore dell’utopia sta nella sua dimensione escatologica: conferendo un senso alla vita, come meta ideale di perfezione cui tendere, realizzando una armonizzazione dell’esperienza umana tesa tra l’eccesso di materialismo e l’anelito alla sua autentica natura. […]
L’esperienza della sacralità della montagna, inizio e fine della nostra essenza, dimensione incorrotta di verticalità, superamento dell’Io, simbolo del trascendente, come autentica vera utopia che merita oggi di essere coltivata, perché ascendendo alla vetta si realizza la montagna dentro di sé, nel proprio spirito”.
Christian Roccati
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