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12 Luglio 2017

LAVAREDO ULTRA TRAIL: il viaggio di Luca e la Lotta ai Tumori

Una sera come un’altra, un momento magico, come una piccola stella in un cielo fatto di milioni di luci. Una manciata di istanti da condividere con una persona vera, niente più e niente di meno di un momento indimenticabile: il racconto attorno al fuoco di un amico.

Luca… Luca Talarico. Un appassionato, un atleta, un bravo ragazzo che crede in un sogno. Una tavola, pochi ornamenti, tante parole, una per ogni battito. Poco tempo fa abbiamo parlato del progetto Run for Balkans, al servizio della LILT, la Lega Italiana Lotta ai Tumori… e oggi, eccoci ancora qui, per parlare di avventura e di spirito trail, di montagne e di animo umano.

 

Cosa mi puoi raccontare oggi Luca?
Ho passato gli ultimi mesi a incastrare allenamenti quasi quotidiani, lavoro, idee e pianificazioni per il progetto Run for Balkans e i nuovissimi impegni come papà. Tutto per arrivare vagamente preparato all’appuntamento dell’anno: la Lavaredo Ultra Trail.

Com’è iniziato questo nuovo passo nel tuo cammino?
Il Giovedì partiamo di buon mattino con Michal Lazzaro Rafinski alla volta di Alessandria, dove ci attende il kumpel Giacomo “Kuba” Fornelli. Si riorganizza alla meglio il carico bagagli e si riparte con un auto sola. Il disagio trip ha inizio: prossima destinazione Cortina!

Si fa tappa al Lago di Dobbiaco per recuperare la Crew (Silvia ed Eleonora) e riempire un po’ lo stomaco. Il tempo di due discorsi, un po’ di musica e, abbozzate quanto improbabili, strategie di gara …e sbuchiamo a Cortina.

Cortina: un posto unico! Ti sembra l’ombelico del mondo trail?
Si respira già l’aria internazionale che, come da tradizione, trasforma la cittadina Ampezzana nella capitale del trail running! Il resto lo fanno vedere le Dolomiti da vicino: rapito e completamente innamorato per il terzo anno di fila.
Prepariamo gli zaini con il materiale obbligatorio e si va dritti filati a ritirare il pettorale di gara. Nella mischia dell’aria Expo si incontrano vecchi e nuovi amici: Filippo Canetta, il grande Francesco “Paco” Gentilucci (…grazie per la fanzine!) con il quale scambio sempre volentieri discorsi da runner, anche se l’ambiente caotico della fiera non è certo il luogo più adatto e glielo leggo negli occhi.

…E chi altri?
Giuseppe “Lobo” dei Cavrones di Finale Ligure in veste di inviato speciale che ci intervisterà sui rispettivi progetti Run for Balkans e I Run For Find the Cure. Si fanno incontri “illustri” per le vie di Cortina: il nostro fortissimo Giulio Ornati, sempre disponibile e di grande umiltà, gli atleti Fernanda Maciel (forte, simpatica e bella che si vuole di più!) e Sébastien Chaigneau (autentico gotha del trail running nazionale e internazionale, sulla scena dal 2005 a oggi e podi nelle più prestigiose competizioni del mondo).

Da un manipolo simile non poteva che nascere un momento unico!
Si infatti! …è presto sera: ceniamo tutti assieme con ottimi piatti locali, discutendo ancora di improbabili strategie di gara (che per noi umani significa arrivare in fondo in modo decoroso). Nasce ufficialmente il team dei “Tre Pinguini di Madagascar”: Soldato (Io), Kowalsky (Michal) e Skipper (Kuba). Obbiettivo di gara 120 km e 5800 d+ entro le 20 h.

Venerdì 23, dopo una meritata dormita di oltre 8 h e una abbondante colazione si prepara lo zaino e tutto il materiale, compresa la sacca con il cambio e i viveri per la base vita di Cima Banche (67° km). Scendiamo a Cortina all’ora di pranzo già inoltrata. Kuba nel frattempo ammorba tutta Cortina e buona parte delle Dolomiti Ampezzane, alla disperata ricerca di qualcuno che riesca a levigare la superficie del suo skate per farlo “risuolare” dai ragazzi di Vibram. Riuscirà nel suo intento!

Riesco a entrare in stanza solo alle sei e mezza, giusto il tempo di preparare le ultime cose, sdraiarmi un oretta, fare due parole con Michal ed è già ora di cena. Pasto leggero a base di ottima zuppa d’orzo, per non appesantire ma avere sufficienti energie per la partenza.

Sei pronto per la gara?
Inizio ad avvertire un po’ d’ansia, l’ora della partenza si avvicina. Scendiamo a Cortina per le 22. giusto il tempo di scambiare due parole con gli amici, le ultime raccomandazioni con la Crew (che ci assisterà per tutta la gara e sarà fondamentale per l’umore della truppa. Mitiche Silvia e Eleonora!). Ripetiamo gli ordini di gara: si parte compatti e ci si tira a vicenda con l’obbiettivo, se possibile, di arrivare insieme.

Mi sembra di ascoltare i racconti dei miei zii, che emozione: l’avventura ha inizio!
A meno un quarto ci avviamo verso la start line e prendiamo posto nella “pancia” del gruppo (1600 atleti alla partenza). Mi godo il momento in silenzio e l’atmosfera fantastica che si respira, accompagnata dalla colonna sonora ufficiale della Lut: The Extasy of Gold di Ennio Morricone.
Partenza, andatura sostenuta, ma senza esagerare, cerchiamo di farci strada per toglierci di impiccio e portarci il più avanti possibile per limitare l’effetto imbuto della prima salita. La strategia sembra funzionare, ci ripetiamo un mantra scemo (che non ricordo) procediamo agili, prima discesa e poi tratto corribile e ci siamo, primo ristoro dove ci attendono Silvia ed Ele (le rivedremo l’indomani al 67°); ci tratteniamo il tempo di dissetarci e via nella notte. Sto bene e corro controllato, la trovata goliardica dei pinguini funziona e i km scorrono via veloci, forse fin troppo.

…Davvero troppo?
Passo Tre Croci e giù in picchiata verso il ristoro di Federavecchia. Un po’ di coca cola, riempio le borracce e dopo una breve pausa ripartiamo: ormai abbiamo trovato il ritmo e l’affiatamento giusti, la domanda è chissà per quanto riusciremo a tenere il passo! Lungo la salita a Pian Maccetto incontro “wild”: un cervo acrobata si fionda sul sentiero derapando rumorosamente sul ghiaione, quasi ci centra in pieno!
Kuba si porta avanti e ci guida in un tratto di sali e scendi nel bosco, molto scorrevole e via fino al Lago di Misuina dove ci accolgono le prime luci dell’alba.
Sulla salita al rifugio Auronzo ho un dejavu: la ricordavo bene dal Misurina Sky Marathon del 2015, l’avevo patita allora e così anche questa volta, con la differenza che avevo già il doppio dei km sulle gambe! Al rifugio butto nello stomaco un piatto di brodo e un pezzo di formaggio (buonissimo, ma impegnativo!), borracce piene e si riparte correndo a un passo di recupero, ma costante. Si sale a forcella Lavaredo ed eccole stagliarsi dietro di noi: le Tre Cime, bellissime e impressionanti allo stesso tempo; al loro cospetto ti senti piccolo piccolo. Torreggiano imponenti su di te, ma non puoi fare a meno di sorridere, un po’ inebetito dallo stupore.

Le tre Cime… ti puoi commuovere pensandovi pur avendole davanti: e poi?
Nella discesa della val di Rienza ci separiamo momentaneamente: Michal deve fermarsi per sbrigare bisogni “fisiologici”, Kuba è in stato di grazia e allunga il passo. Quanto a me …inizio ad avvertire dei fastidi al ginocchio sinistro e la cosa non mi piace nemmeno un po’, ma corro ugualmente alla “bell’e meglio” fino al lago di Landro. Sul lungo tratto corribile che porta alla base vita di Cima Banche alterno corsa a camminata, il ginocchio ora fa male. Alla base vita, come da copione, ecco Silvia ed Ele con la sacca del cambio e dei viveri e preziosissime parole di incoraggiamento.

Come ti senti? Cosa fai?
Infilo più velocemente che posso maglia e calze asciutte, cappellino (adatto alle temperature che di qui a poco dovremo affrontare) e secondo paio di scarpe. Cerco di recuperare bevendo molto e mangiando un paio di pezzi di crostata. Prendo un antinfiammatorio per i dolori e Silvia mi presta un tutore per cercare di contenere un po’ il ginocchio.
Perdiamo circa una quarantina di minuti a Cima Banche, ricompattiamo il gruppo e finalmente si riparte.
Attacchiamo la salita a Forcella Lerosa senza forzare, Kuba e Michal prendono un po’ di distanza, io li seguo cercando di gestire i vari acciacchi: ora anche il tendine tibiale sembra metterci del suo, di bene in meglio, penso! A Malga Ra Stua solita routine di acqua nelle borracce e ne approfitto per mangiare un piatto di pasta; per Kuba si rivelerà una scelta azzardata, costretto a fare i conti con problemi di stomaco che lo tormenteranno per i successivi trenta chilometri

…ma non vi fermate giusto?
Via in salita verso la temuta Val Travenanzes: andiamo di passo cauto cercando di quando in quando un po’ di brio, ma il caldo inizia a farsi sentire lungo l’interminabile greto del fiume. Non perdo occasione per raffreddare la testa, braccia e il collo con l’acqua che scende dalle cime e Michal approfitterà di una piccola cascata per concedersi una bella doccia!

Nonostante tutto arriviamo a Malga Travenanzes senza patire più di tanto il caldo. Si scollina a Col dei Bos e subito si inizia a scendere lungo il largo sentiero dal quale già si intravede il ristoro. Tocca risalire e poi ancora giù fino a Col Gallina. Ritroviamo Silvia ed Eleonora, instancabili e pronte a fornirci tutto il supporto e l’incoraggiamento di cui ora, a oltre 90 chilometri di gara, iniziamo a sentire il bisogno. Incontriamo anche Erica di Find the Cure che è quì con lo staff medico come infermiera volontaria, sempre pronta ad aiutare e regalare qualche parola di conforto. Mi siedo a terra e un po’ scoraggiato, tra me e me faccio il rapporto danni: il ginocchio da fastidio, ma la cosa peggiore adesso è il dolore al tendine tibiale che non mi permette di correre come vorrei, soprattutto in discesa. Mi rialzo e cerco di farmi forza, in fin dei conti non manca molto, mi dico. Chiedo a Erica un antinfiammatorio, ma saranno più i sorrisi e gli incoraggiamenti degli amici a ridarmi energie.

Chiunque ti legga… è con te! Come va avanti?
Si riparte per il rush finale: Michal sembra avere un paio di gambe nuove e lasciamo che faccia il suo ritmo. Io e Kuba arranchiamo, testa bassa, sulla dura salita al rifugio Averau. A passo Giau mi sbrigo a riempire le borracce, non voglio fermarmi troppo e inoltre mi sta venendo freddo, l’aria è cambiata e minaccia temporale. Kuba di contro è in down totale, scambiamo due parole e decido di non aspettare oltre e proseguire. Da qui in avanti la compagnia si scioglie e ognuno sarà da solo con i propri demoni.

Scollino alla micidiale forcella Giau, gestisco ormai come posso il dolore al tendine, stringo i denti e corro dove riesco. Finalmente forcella Ambrizzola e la vista di Cortina, là in fondo. Ultimo ristoro a Croda da Lago, mi concedo qualche istante di relax e ingurgito due pezzi di crostata. Via in discesa a spingere anche se il sentiero non è dei migliori, anzi fa schifo… eppure andare, ancora a spingere. Recupero un po’ di gente della “corta” e anche qualcuno della “lunga”, ormai si procede un po’ tutti con il passo stanco e pesante di chi ha quasi 120 km sulle gambe. Eppure sento l’arrivo ormai vicino e avanti non si molla. I piedi toccano l’asfalto ed eccolo, ricordavo bene dal Cortina Trail, il ristoro abusivo con tanto di doccia a due km dall’arrivo: non posso proprio farne a meno e mi butto sotto l’acqua fresca. Fantastico!
Riprendo a correre ormai in preda a esaltazione mistica, le gambe girano agili e leggere. Entro in Corso Italia con una volata insensata e me la godo tutta: la gente, meravigliosa, che esulta, applaude e fa il tifo, i bambini che allungano la mano per dare il cinque. Adrenalina, emozioni o semplicemente la magia dell’ultradistanza.

Che capolavoro… che emozioni… Questa non è solo una gara. Cosa fai al tuo arrivo?
Mi sdraio per terra, riprendo fiato poi vado dritto a salutare gli amici, arriva anche Kuba e tutti e tre assieme ci diamo al meritato recovery a base di prosecco!

Foto di rito sotto al tendone dei finisher. Telefono a mia moglie, le chiedo di Noah e la rassicuro che tutto sommato sono vivo. Già, perché nonostante tutto sono arrivato abbastanza bene, con lo stomaco che ha funzionato e ha retto per tutto il tempo e muscolarmente non sto poi così male.

Unico rammarico per i problemi avuti al ginocchio e al tendine che mi hanno rallentato e che senza i quali, forse, avrei potuto chiudere nelle 19 ore. Resta il fatto che un ulteriore passo verso l’avventura di Run for Balkans è stato fatto e che ora ho una gara qualificante per il sogno della Western States 100 Endurance Run e per il 2018, io un pensiero alla Lottery lo faccio…

Capisco perché corri ma hai anche guardato i risultati?
Qualche numero inutile: arrivato in 20h e 24 minuti posizione 241° e i miei compagni d’avventura rispettivamente: Michal 19:48 e 197°, Kuba 20:28 e 246°.

…E la gara?
Bellissima, passaggi che ti fanno restare a bocca aperta, il percorso è un bel mix: molto corribile la prima parte, un po’ più ruvida con qualche passaggio tecnico la seconda, l’arrivo a Cortina è entusiasmante. Il passaggio alle Tre Cime poi è da pelle d’oca. Le Dolomiti non deludono mai.

L’organizzazione?
E’ l’evento più blasonato che abbiamo in Italia e di conseguenza organizzazione al top, il sorteggio può non andare a genio, ma i 3000 fortunati che prenderanno il via (tra gara lunga e gara corta) possono contare su di un supporto unico, fatto da centinaia di volontari lungo tutto il percorso. A loro va tutta la mia stima e un enorme grazie: senza di voi non potremmo “giocare” ai corridori su e giù per la montagna.
Partecipazione: facendo parte del circuito Ultra Trail World Tour è proprio il caso di dire “out there with the best of the best”, si vedono i migliori rappresentanti della disciplina nazionali ed internazionali. L’aria che si respira è spettacolare.

Che materiale hai usato? Quale equipaggiamento?
Maglietta I Run For Find The Cure, ormai è la mia compagna insostituibile in ogni ultra (quasi un feticcio) sempre perfetta. Cambiata a Cima Banche con Wild Tee Wild Eagle. Pantaloncini Kalenji Trail, comodissimi, leggeri e dotati di taschine laterali e due più grandi con zip sia davanti che dietro. Calze Injinji Trail, cambiate con un paio di Injinji Run 2.0 a metà gara, semplicemente perfette. Cappellino Wild Tee Technical Endurance: fantastico, leggerissimo e comprimibile sta in una tasca dello zaino, ripara bene la testa lo si può bagnare quanto si vuole per tenerlo sempre bello fresco nelle situazioni più “hot”.
Scarpe: alla partenza Neutron che conferma quanto di buono avevo già avuto modo di testare, una scarpa comoda e affidabile, protettiva e con una suola in Vibram Megagrip che conferisce un’ ottima aderenza, soprattutto in condizioni di bagnato. Nonostante i 320 gr rimane una scarpa piuttosto reattiva e divertente che da il meglio di se in discesa.
Nella seconda parte di gara ho invece usato le Dynafit Alpine Pro: perfette per le lunghe distanze grazie all’intersuola a doppia densità che le rende morbide e flessibili sull’avanpiede, per una maggiore sensibilità sul terreno e più strutturate e stabili sul tallone. Anche quà troviamo una suola in Vibram Megagrip. Protezione dagli impatti accidentali e una calzata fasciante ma che non costringe il piede. Comodo il quick lace!
Zaino Dynafit Vertical 4lt, nonostante la capacità contenuta si è dimostrato perfetto per tutta la durata della gara. Leggerissimo e dall’ottima vestibilità, non si sente quasi addosso e rimane ben fermo. Le tasche per le soft flask sono “minimal” e possono contenere borracce di sezione ridotta (le classiche da 500 ml oppure flask dalla capacità inferiore). Dentro avevo telo termico, la giacca impermeabile, un buff di ricambio, manicotti, guanti (e c’è spazio a sufficienza per farci stare ancora una maglia maniche lunghe ed eventualmente pantaloncini a 3/4) Fantastica la tasca a tenuta stagna all’interno, perfetta per riporre il cellulare. Nelle tasche laterali e frontali avevo 8 gel e 1 barretta.

Quale alimentazione?
Gel Powerbar, uno ogni cinquanta minuti, integrando ai ristori con ottima crostata e qualche bicchiere di Coca Cola ogni tanto, una barretta a Malga Travenanzes. Per variare un po’ con qualcosa di salato ho mangiato del brodo al rifugio Auronzo, un piatto di pasta a Malga Ra Stua e uno di riso freddo a Col Gallina più qualche cubetto di formaggio grana sempre ai ristori. A fine gara è come sempre necessario concentrarsi sulla reidratazione, anche se la bottiglia di prosecco (ottimo per altro!) e la Forst non sono esattamente bevande “ortodosse”, ma chi sono io per dirlo?

…e finita la gara?
L’apporto calorico dell’abbondante colazione consumata in albergo l’indomani, risulta incalcolabile. Non mi soffermo sui dettagli ma dico solo: grazie Hotel Fiames!
…un piccolo spuntino post colazione, a base di ottimo strudel e birra, che io e Michal ci siamo concessi in onore dell’amico Davide Grazielli che, dall’altra parte dell’oceano, portava a casa un risultato epico alla Western States 2017: 19 ore e 53 minuti, 18° assoluto! Complimenti man sei nella storia!
Cosa puoi dirci infine, prima del prossimo passo in Run for Balkans?
“In running, it doesn’t matter whether you come in 1st or last. You can say, I’ve finished. There is a lot of satisfaction in that… Right?”

Christian Roccati
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