Nel colossal hollywoodiano Quo vadis del 1951 diretto da Mervin LeRoy, Nerone (un Peter Ustinov da “Oscar”) osserva la folla inferocita in fuga dalla città di Roma che lui stesso ha dato alle fiamme, riversarsi contro il palazzo imperiale. “Vogliono salvarsi” dice il saggio Petronio (Leo Genn) a Nerone, che risponde: “E perché vogliono salvarsi?”. Di fronte al disastro, noncurante delle urla del popolo, Nerone ribatte: “La notte è umida, ritiriamoci…E’ possibile che esseri umani possano emettere suoni simili?”, e Petronio: “Si…quando si abusa di loro”. Questa scena scorre nella mia mente, in queste ore drammatiche per le nostre Alpi piemontesi.
Mentre le montagne delle nostre vallate bruciano ormai da sette giorni, abbiamo tutti quanti l’impressione di essere abbandonati, isolati dal resto del paese. Abbandonati dall’informazione nazionale soprattutto, che incredibilmente, da più giorni, ignora o relega a un’importanza secondaria il fatto che su queste montagne vi siano decine di gravissimi incendi attivi, che hanno già distrutto una buona fetta del patrimonio forestale alpino, danneggiato gravemente (quando non cancellato) una biodiversità di grande pregio, rilasciando enormi quantità di Co₂ che andranno a incrementare il riscaldamento medio di una troposfera già sofferente.
E mentre i montanari sono assediati da un fumo soffocante, da una nebbia spettrale che ha coperto anche una buona parte del catino prealpino, mentre, preoccupati, vedono lo sforzo ciclopico di pompieri e volontari che difendono metro dopo metro le loro abitazioni minacciate dalle fiamme, nei “salotti” delle trasmissioni di Mediaset si parla di Ivana Trump e del “Grande Fratello”. Ed è ancora più scandaloso che nei programmi di approfondimento della Rai, da giorni s’ignori qualsiasi notizia di una situazione che non ha precedenti nella nostra regione. Una condizione che nelle prossime ore rischia di trasformarsi in tragedia, quando l’arrivo del fohn nelle alte vallate occidentali, alimenterà ancor di più fronti e focolai finora contenuti a fatica.
Forse, per l’informazione “istituzionale”, ci vogliono dei morti per capire che la situazione è gravissima, e una sola vittima – un ragazzo 26enne morto d’infarto mentre tentava di rimuovere della vegetazione per fronteggiare l’incendio – non fa abbastanza notizia. Qualcuno dice che la Val Susa con quest’indifferenza mediatica, paga il fatto di essere una valle “ribelle”. Non vogliamo arrivare a pensare a tanto e sposare tesi complottiste. Anche perché ormai sono tutte le valli a essere in fiamme, pur se in misura differente.
I montanari piemontesi sono gente forte i cui avi hanno resistito fieramente alle legioni di Roma, hanno più volte fermato in armi le volontà espansionistiche del “Re Sole”, hanno combattuto nel Risorgimento, nelle trincee delle Alpi orientali nella Prima Guerra mondiale, in Russia, in Grecia e in Albania nella seconda. Guerre che certo non hanno voluto e per cui hanno pagato un contributo di sangue per l’Italia. Su queste montagne è iniziata la riscossa contro la violenza e il sopruso nazifascista. Gente fiera, forte, che certo saprà affrontare i drammi che potrebbero ripresentarsi nelle prossime ore e giorni. Attenzione però: l’indifferenza è difficilmente compresa, ancor più che la mancanza di aiuti concreti. Se così dovesse essere, questa volta non basterà voltare le spalle al rogo e ai montanari piemontesi, e ritirarsi perché la “notte è umida”.