La Procura di Trento annuncia la richiesta di archiviazione dell’inchiesta
La tragedia della Marmolada, nella quale persero la vita 11 persone il 3 luglio 2022, non era prevedibile.
“Le temperatura elevate registrate da metà giugno hanno indotto un’intesa fusione, superficiale della neve residua, del nevato e del ghiaccio”, comportando una riduzione di circa sette centimetri al giorno del ghiacciaio della Marmolada.
È quanto emerge dalla perizia tecnica richiesta dalla Procura di Trento in seguito del disastro.
La relazione di 45 pagine è firmata dai professori Carlo Baroni, del dipartimento di Scienze della terra dell’Università di Pisa, e Alberto Bellin, della facoltà di ingegneria dell’Università di Trento, con il contributo di altri tre docenti universitari e di un ricercatore del Cnr.
Nella perizia si ricorda che il ghiacciaio della Marmolada in “soli 10 anni avrebbe perso oltre cinque metri di spessore medio e oltre 7,7 milioni di metri cubi di ghiaccio”, dimezzando la sua estensione in poco più di 30 anni.
Secondo gli esperti, a provocare il distacco di 6.480 metri cubi di ghiaccio è stato un insieme di fattori: dallo scioglimento della neve di superficie alla formazione di “bédière” (torrenti epiglaciali), che “contribuiscono ad accrescere la disgregazione del ghiaccio”. Tuttavia – si legge nella perizia – “sulla base delle conoscenze disponibili l’evento non era prevedibile” e “non è stato possibile identificare elementi che potessero, qualora osservati nei giorni precedenti, suggerire un alto rischio di crollo imminente”.
Sulla base della perizia la Procura di Trento ha annunciato la richiesta di archiviazione dell’inchiesta sul disastro.
Il perito dell’Università di Trento: “due le cause principali del disastro”
“Non c’è un’unica causa del distacco del seracco glaciale avvenuto in Marmolada il 3 luglio scorso”. Lo ha detto all’ANSA, Alberto Bellin, docente del dipartimento di Ingegneria all’Università di Trento, che ha curato, assieme a Carlo Baroni, del dipartimento di Scienze della terra dell’Università di Pisa, le 45 pagine di perizia tecnica richiesta dalla Procura di Trento dopo il disastro, costato la vita a undici alpinisti.
“I crolli – spiega Bellin – sono avvenuti anche in passato, quando l’effetto delle variazioni climatiche era molto meno marcato. Sicuramente l’incremento della temperatura non aiuta e c’è una situazione generale che è molto più critica rispetto al passato, ma è quasi impossibile individuare dei segnali premonitori del distacco. Forse sarà possibile nel tempo, con l’avanzare degli studi”.
Due le cause principali che sono state evidenziate da Bellin e da Baroni nella relazione. “La prima è la presenza significativa di acqua, che ha diminuito l’aderenza del ghiacciaio al fondo roccioso – dice Bellin – la seconda è l’ammaloramento del ghiaccio, che ha visto un peggioramento delle proprie caratteristiche meccaniche: all’interno del corpo glaciale c’erano delle fratture, che però non erano visibili in superficie. Questo peggioramento l’abbiamo dedotto osservando le immagini che sono state prese dopo il crollo, non era visibile prima”.