Questa é una sera come altre, appena rientrato dall’ultimo allenamento: una magica camminata finita in notturna, preceduta da una bella merenda con un buon tagliere e l’insostituibile vino rosso. Le mie dita ticchettano al computer in una casa calda e dolce; un pavimento di cotto, capriate lignee sulla testa, il té fumante, alberi tutto intorno: quiete …quiete e il profumo del bucato che sa di mani amorevoli e di cura.
Son cinque settimane che intensifico l’addestramento e ogni centimetro del mio corpo duole. Ancora pochi giorni e partirò per guidare un gruppo nel trekking completo della Rota Vicentina in Portogallo, poi mi fermerò a Nazaré a fare surf per quattro giorni. Questo periodo mi servirà come scarico, e al rientro in Italia ricomincerò a forzare e ad alzare il livello degli allenamenti in previsione delle nuove spedizioni.
Il te è oramai finito; la tazza sembra vuota, ma è in realtà piena della sua essenza. Inspiro, espiro… Penso ad aprile: tornerò in Portogallo per ripetere lo stesso percorso, tra l’Historical Way e il Fisherman’s Trail, con alcune varianti segrete. Tornato di nuovo in Patria intensificherò ulteriormente l’allenamento. Farò corsi e conferenze in Italia in maggio e giugno, ma testerò la mia preparazione prima a 3000 metri e poi nelle ascensioni di “corsa” a 4000 m, in giornata sulle Alpi.
…e finalmente sarà luglio. Prima tenterò il Peak Lenin, un magico 7000 m in Russia, nel Pamir, e dopo insieme a un team di appassionati nuovamente sull’Elbrus, dalla nord, un bel 5000 m. Così procederà la stagione, dapprima in Alaska, poi in Islanda, e dopo ancora in Nepal, tra 6000 e 7000 metri, a sfiorare il cielo, a cavalcare le nuvole.
Inspiro, espiro. Allenamenti, due nuovi libri, i quadri, altri progetti…
Mi fermo un istante… sorrido.
Calma, calma un secondo. Quante cose belle, costruite attimo dopo attimo in tanti anni. Questa è davvero la mia vita ora? Si. Così pare… Ho quasi paura a pensarlo, come se un genio oscuro dovesse portarmi via tutto da un momento all’altro. Non so se davvero potrò mai comprendere totalmente, essere consapevole di tutto ciò che ho passato, di quanto sia stata dura creare tutto questo… ma in fondo che importa? Forse alle volte basta lasciarsi andare.
Quando ero un ragazzino, immerso nei miei sogni, prima di chiudere gli occhi nel letto, mi chiedevo se un giorno, avrei potuto ricordarmi di quegli attimi sognanti. Oggi so che è così, rammento ogni brandello della mia vita.
Ero un “bocia”, un piccolo bambino che non riusciva mai a smettere di pensare e progettare, lassù allo chalet in Valle d’Aosta. Insieme a mia sorella, fantasticavo sul come sarebbe stato bello continuare con la tradizione famigliare delle grandi nottate in rifugio, delle salite in montagna, delle emozioni di vero cuore.
Ieri ne ho avuto la riprova. Stavamo scalando, due coppie fra le pareti e mia nipote Aurora che giocava tra noi. Arrampicavo con mio cognato e la piccola zampettava immaginando d’essere una grande alpinista, salendo sul suo primo sasso a punta, simbolo della grande montagna.
A poca distanza le muraglie su cui con il mio fratellone Erne aprimmo linee di scalata su calcare per poi chiodarle.
Immersi tra roverelle, carpini e vicini forteti d’erica, ho guardato mia sorella e ci siamo sorrisi. Non poteva che andare in questo modo…
La vita va sempre avanti, comunque sia.
Christian Roccati
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