L’atleta paralimpico vince un’altra sfida
“Gioia, un altro 4.000!”, sono queste le prime parole pronunciate da Moreno Pesce, il pomeriggio del 1° luglio, al termine della salita e discesa al Breithorn.
E’ stata una giornata intensa, partita in condizioni meteo non ottimali, che poi l’atleta paralimpico veneto di Auronzo di Cadore, ha saputo gestire perfettamente grazie alla sua forza mentale e fisica ed il supporto di tutto il team che era con lui.
Strategica la scelta di aspettare due ore al Piccolo Cervino (3.883 m) per affrontare poi la salita ai 4.165 metri del Breithorn in condizioni migliori. Il gruppo che ha accompagnato Moreno Pesce, è stato guidato da cinque guide alpine, del gruppo Guide del Cervino. Oltre all’obiettivo di raggiungere il Breithorn oltre quota 4.000, si è riusciti anche ad individuare un percorso adatto anche in futuro ai disabili. A Moreno Pesce l’onore di percorrerlo per primo. Una mappatura dei sentieri ad uso futuro, dove i disabili con difficoltà motorie, possono pensare di affrontare questa montagna che porta oltre una certa quota che rappresentava un limite per i più di loro.
“Il futuro è orientato all’inclusione – ha dichiarato Moreno – cioè rendere accessibile e percorribile la montagna con un approccio coordinato con i professionisti della montagna e le località. Io o altri atleti disponibili per fare da apripista nelle varie località dell’arco alpino. Per noi, per questo gruppo sostenuto da Fondazione Mazzola e Sportfund fondazione per lo sport Onlus, la preparazione come la motivazione sono state è stata forti e così l’obiettivo è stato raggiunto insieme”.
“Le nostre Fondazioni credono in questo progetto – hanno dichiarato Carlo Mazzola e Alberto Benchimol– e siamo convinti che possa essere l’inizio di un’accessibilità a vette e luoghi che spesso sono considerati irraggiungibili, anche solo per mancanza di informazione. Abbiamo voluto enfatizzare l’importanza del ruolo delle Guide alpine e della sicurezza, punti centrali per godere appieno di queste esperienze, limitando così l’incertezza che spesso allontana le persone dallo sport inclusivo”.