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11 Agosto 2020

Alpinismo e Spedizioni · Vertical

Piolet d’Or 2020 alle imprese su Chamlang, Tengi Ragi Tau, Link Sar e Rakaposhi

Marek Holecek, Zdenek Hák, Alan Rousseau, Tino Villanueva, Mark Richey, Steve Swenson, Chris Wright, Graham Zimmerman, Kazuya Hiraide e Kenro Nakajima riceveranno il l’ambito premio alpinistico al Ladek-Zdroj Festival il prossimo 19 settembre

L’organizzazione dei Piolets d’Or ha annunciato le quattro imprese vincitrici del 2020. Il maggiore riconoscimento alpinistico internazionale sarà consegnato il 19 settembre, durante il Ladek-Zdroj Mountain Festival, in Polonia.

Si aggiudicano l’ “Oscar dell’alpinismo” i cechi Marek Holecek e Zdenek Hák per il Chamlang; gli americani Alan Rousseau e Tino Villanueva per Tengi Ragi Tau; gli americani Mark Richey, Steve Swenson, Chris Wright e Graham Zimmerman per Link Sar e i giapponesi Kazuya Hiraide e Kenro Nakajima per Rakaposhi, autori delle migliori imprese del 2019.

Sarà il secondo Piolet d’Or per Marek Holecek, Zdenek Hák (dopo il Gasherbrum 1 nel 2018), per Mark Richey, Steve Swenson (dopo Saser Kangri II nel 2012) e per Kenro Nakajima (dopo  Shispare del 2018), e il terzo per Kazuya Hiraide (dopo Shispare del 2018 e  Kamet del 2009).

Ricordiamo che oltre a loro, sarà premiata anche l’alpinista  francese Catherine Destivelle,  Piolet d’Or alla Carriera 2020, prima donna a ricevere tale riconoscimento.

A decretare i vincitori, una giuria  internazionale composta da nomi di prestigio del mondo alpinistico: Gerlinde Kaltenbrunner, Kazuaki Amano, Nikita Balabanov, Vic Saunders, Hélias Millerioux, Enrico Rosso, Ales Cesen e Raphael Slawinski.

Le quattro imprese premiate

Chamlang, Ufo Line. Foto: Andy Houseman, autunno 2012. Foto: American Alpine Journal. Fonte: Piolets d’Or 2020

Marek Holecek e Zdenek Hak (Rep.Ceca), per  UFO Line (2.500 m, WI5, M6) sulla parete nord-ovest del CHAMLANG (7.321 m), nel Mahalangur Himal (Nepal)

Fin dalla prima volta che l’aveva vista nel 2001, Marek Holecek aveva sognato di scalare la grande parete nord-ovest del Chamlang. Altri avevano condiviso lo stesso sogno e, dopo più di una mezza dozzina di tentativi, il versante era diventato uno dei più ambiti del paese. Quando Holecek e Zdenek Zák vi giunsero ​​nella primavera del 2019, sulla parete vi era poca neve  e molto ghiaccio duro.

Da un bivacco a 5.300 metri sul ghiacciaio sotto il versante, i due cechi puntarono più o meno ad una diretta alla vetta. Il quarto giorno, raggiunsero la cima della cresta orientale e bivaccarono 80 metri sotto la cima. Il 21 maggio raggiunsero la vetta e trascorsero il resto della giornata cercando di orientarsi sulla via dei Giapponese sulla cresta Sud, che si rivelò più difficile del previsto. Ci vollero altri due bivacchi – senza cibo – e una discesa su pendenze complicate e spesso con scarsa visibilità per raggiungere la valle.

La via è stata chiamata UFO Line in onore di Reinhold Messner e Doug Scott, che nel 1981, con Sherpa Ang Dorje e Pasang, furono i primi a scalare la parete nord del massiccio del Chamlang e a raggiungere una delle vette secondarie. Là videro perplessi  un oggetto a forma di scatola che volava sopra di loro, luccicante nel sole di mezzogiorno.

Tengi Rag Tau. Foto: Tino Villanueva/American Alpine Journal. Fonte: Piolets d’Or 2020

Alan Rousseau e Tino Villanueva (USA), per Release The Kraken (1.600 m, AI5, M5 +) sulla parete ovest del TENGI RAGI TAU (6.938 m), nel Rolwaling Himal (Nepal)

Nel 2012, durante la loro prima spedizione in Himalaya, Alan Rousseau e Tino Villanueva effettuarono la prima salita del Langmoche Ri sulla cresta nord del Tengi Ragi Tau. Camminando sulla parete ovest del Tengi Ragi Tau, rimasero affascinati dalla sua imponenza verticale e decisero di ritornarvi nel 2014 per tentare una linea diretta, salendo fino a circa 6.500 metri, con un tempo tutt’altro che ideale, prima di ritirarsi. Cinque anni dopo, la parete aveva attirato l’attenzione di diverse forti cordate.

Nel 2019, dopo aver attraversato il Tashi Laptsa ed essersi accampati sul ghiacciaio Drolambo, i due americani hanno salito i primi tiri in drytooling per accedere alla zona innevata, e dopo tre bivacchi raggiunsero la cima. Complessa la  discesa lungo la stessa linea di salita. L’apertura su una delle più spettacolari pareti inviolate del Rolwaling è stata la ricompensa per la tenacia di queste due guide alpine. Con questa impresa hanno firmato la seconda salita assoluta di questa difficile montagna, e la prima in stile alpino.

(A) Changi Tower. (B) K6 Main. (C) Link Sar (7,041m) la linea di salita del 2019, ABC e bivacchi. Fonte: Piolets d’Or 2020 – Foto: Matteo Della Bordella / American Alpine Journal

Mark Richey, Steve Swenson, Chris Wright e Graham Zimmerman (USA), per la prima salita attraverso la parete sud-est (2.300 m, AI4, M6 +, 90º) del LINK SAR (7.041 m), nella Cordillera del Masherbrum (Pakistan)

Altro problema molto ambito, questa volta nel Karakorum orientale pakistano, il Link Sar aveva visto almeno otto tentativi prima del 2019. Qui le difficoltà non si limitano alla scalata: è complicato anche ottenere i permessi, a causa dei conflitti tra India e Pakistan.

Steve Swenson tentò per la prima volta il Link Sar nel 2001 con una forte squadra americana, e poi di nuovo, dopo diversi tentativi senza successo, nel 2017 con Chris Wright e Graham Zimmerman. Dopo aver individuato una linea di salita fattibile, i tre decisero di ritornarvi nel 2019 con Mark Richey.

Raggiunsero la cima sei giorni dopo aver lasciato il campo base avanzato, comprese 36 ore di tormenta.  Il giorno di vetta, Swenson fu vittima di una caduta di 35 metri a causa di una valanga. Per la discesa impiegarono poco più di due giorni.

Rakaposhi (7788 m). Foto: Kenro Nakajima/American Alpine Journal. Fonte: Piolets d’Or 2020Kazuya Hiraide e Kenro Nakajima (Giappone), dalla parete sud e dalla cresta sud-ovest (4.000 m) del RAKAPOSHI (7.788 m), Pakistan

La regione di Hunza, nel Karakorum pakistano, conta una serie di montagne imponenti di poche centinaia di metri più basse degli 8.000 m. Una delle più spettacolari è il Rakaposhi, scalato per la prima volta attraverso la cresta sud-ovest nel 1958. La parete meridionale della montagna – che conduce alla cresta  sud-est –  era ancora inviolata.

Nel 2019, dal campo base a 3.660 metri situato sul ghiacciaio, Kazuya Hiraide e Kenro Nakajima effettuarono un primo giro di ricognizione scalando la parete sud fino a 6.100 metri per acclimatarsi e verificare la linea di salita.

Alla loro seconda uscita, ci vollero tre giorni di sforzi in neve fresca, per raggiungere il campo a 6.800 metri sulla cresta sud-est, dove furono costretti a fermarsi due giorni per il maltempo. Quindi raggiunsero la vetta, tornando a quota 6800 in giornata. Il giorno successivo ripercorsero la medesima via, scesero al campo base.

Sebbene il percorso non raggiunga le alte difficoltà tecniche delle altre tre salite premiate, la sua enorme lunghezza,  l’impegno e lo stile della salita di Hiraide e Nakajima su una montagna raramente scalata,  rendono l’impresa altrettanto degna di una Piccozza d’Or 2020.