I prestigiosi riconoscimenti verranno consegnati a San Martino di Castrozza nel mese di dicembre
La giuria internazionale dei Piolets d’Or , ha comunicato i vincitori dell’edizione 2024!
Premiate con l’ ”oscar dell’alpinismo’ le seguenti salite: ‘The Secret Line’ sulla parete nord del Tirich Mir (7708 m) in Pakistan di Kazuya Hiraide e Kenro Nakajima; ‘Round Trip Ticket’ sulla parete nord dello Jannu (7710 m) in Nepal di Matt Cornell, Jackson Marvell e Alan Rousseau; ‘Tomorrow Is Another Day’ sulla parete nord del Flat Top (6100 m) in India di Hugo Béguin, Matthias Gribi e Nathan Monard.
La ‘Menzione Speciale per l’alpinismo femminile‘ è stata assegnata all’italiana Nives Meroi.
L’obiettivo dei Piolets d’Or non è solo quello di riconoscere le ascese più significative dell’anno precedente, ma anche di promuovere, salite realizzate con pratiche alpinistiche etiche.
I prestigiosi riconoscimenti saranno consegnati a San Martino di Castrozza dall’8 all’11 dicembre 2024.
TIRICH MIR (7.708 m)
Prima salita della “The Secret Line” sulla parete nord del Tirich Mir (7.708 m) nell’Hindu Kush, Pakistan, dal 17 al 23 luglio. Traversata della montagna tramite la discesa della via normale verso nord-ovest.
Il Tirich Mir è la montagna più alta dell’Hindu Kush ed è stata relativamente popolare nella seconda metà del XX secolo. Tuttavia, trovandosi nell’estremo nord-ovest del Pakistan, vicino al confine con l’Afghanistan, è accessibile passando per Chitral e ha visto un’attività quasi inesistente dal 2001 a causa del maggior rischio terroristico in quella zona. L’alpinista giapponese Kazuya Hiraide, interessato da anni alla parete nord, nel 2019 ha ricevuto informazione da un agente locale che i turisti stavano nuovamente ottenendo i permessi per entrare nella regione. Richiese il permesso, ma gli fu negato. Dopodichè sopraggiunse anche la pandemia di COVID-19 e, Hiraide e Kenro Nakajima, riuscirono ad arrivare sulla montagna solo nell’estate del 2023.
L’accesso diretto alla vasta parete nord del Tirich Mir è bloccato da una cascata di ghiaccio alta quasi 1.000 m, che la spedizione cecoslovacca del 1967 superò, aprendo l’attuale via normale attraverso il Ghiacciaio Tirich Superiore e la cresta nord-ovest. Da
allora la cascata di ghiaccio non è più stata scalata, ed è diventata molto pericolosa.
La coppia giapponese aveva bisogno di una soluzione alternativa. Utilizzando foto satellitari, hanno identificato una via nel bacino del ghiacciaio sotto la parete nord che avrebbe seguito la sezione iniziale della via normale e poi attraversato un alto colle sulla lunga cresta nord-occidentale del Tirich Mir. Dopo aver ispezionato il colle e aver depositato l’attrezzatura, si sono acclimatati a 6.300 m sulla via normale, quindi il 7 luglio sono partiti dal campo base (4.600 m). Quella notte hanno bivaccato a 5.400 m e il giorno seguente hanno attraversato il colle a 6.200 m. La coppia ha installato quattro corde fisse per facilitare la discesa. Otto calate in corda doppia e alcune discese in arrampicata li hanno portati all’estremità occidentale del bacino. Quello stesso giorno hanno attraversato il bacino, mai più percorso dal 1967, fino ai piedi della parete nord e hanno sistemato il campo a 5.500 m.
Il giorno dopo, una complessa ricerca della via li ha condotti al loro terzo bivacco, a 6.150 metri, dove hanno costruito una piattaforma per le tende.
Neve e ghiaccio difficili hanno portato a un quarto bivacco precario a 6.750 m. In alto, c’era la sezione più incerta della via: una grande barriera di seracchi. Fortunatamente, la mattina seguente sono riusciti a superarla sulla sinistra affrontando ghiaccio duro e a raggiungere il colle a 7.200 m tra il Tirich Mir e Tirich West I, dove hanno montato il loro quinto bivacco. A quel punto avevano raggiunto la via normale, che arriva fino a questa quota dal versante più lontano.
Il 23 luglio 2023, Hiraide e Nakajima hanno lasciato il loro campo e sono partiti per la vetta. C’erano molte linee diverse sull’ampia cresta superiore e i due hanno scalato un paio di tiri ripidi, discesi in corda doppia durante il ritorno. I due hanno scalato, per lo più, in simultanea, raggiungendo la vetta intorno alle 9:30 e ritornando al loro campo a mezzogiorno. Sentendosi ancora in forze, hanno continuato la discesa lungo la via normale, calandosi in corda doppia nel couloir decisivo fino al Tirich Glacier superiore, scendendo fino a 6.300 m. Il giorno dopo hanno raggiunto il campo base.
Questa lunga, complessa e impegnativa avventura è stata considerata dalla giuria una splendida traversata di una montagna d’alta quota. I membri della giuria hanno anche tenuto conto che quasi nessuna informazioni era disponibile per aiutare il team nella salita della parete nord. L’uso di 200 m di corda fissa duranta la salita (purtroppo non rimossa dopo l’ascesa) è stata considerata una pecca minore rispetto alla portata complessiva dell’impresa e della sua riuscita.
JANNU (7.710m)
Prima ascesa della “Round Trip Ticket” (2.700 m, M7 AI5+ A0), una nuova via parziale sulla parete nord e cresta nord-ovest dello Jannu, nel Kangchenjunga, dal 7 al 12 ottobre. Discesa lungo la stessa via.
Jean Franco, leader del primo tentativo sullo Jannu (anche noto come Kumbhakarna), descrisse la parete nord come “una delle più alte pareti del mondo. Nessuno ci salirà mai”. Nel 2004 fu smentito da un grande team di alpinisti russi che, al secondo tentativo in due anni, scalò quella che il leggendario alpinista svizzero Erhard Loretan, che lanciò due tentativi sulla parete, definì come “la più grande sfida dell’Himalaya”. La scalata fu straordinaria ma anche molto controversa: la parete, che inizia a oltre 7000m, fu paragonata alla parete ovest del Dru e presentava difficoltà di 5.10d A3+ M6. Tuttavia, la squadra ricevette diverse critiche:
gli alpinisti avevano assediato la parete per 50 giorni fissando quasi 3.400 m di corda e utilizzando ossigeno supplementare d’emergenza.
Nel 2021, Jackson Marvell e Alan Rousseau stabilirono il campo base sul versante nord dello Jannu con l’intento di ripetere la via russa in stile alpino. Tuttavia, durante l’esplorazione della parete, notarono una possibile linea alternativa, che attraversava a
destra per raggiungere la cresta nord-ovest a circa 7.500 m. Decisero di provare questa via, evitando così le vecchie corde e le attrezzature lasciate lungo la via.
La cresta nord-ovest era già stata scalata in stile alpino nel 2007 da Valery Babanov e Sergey Kofanov, e l’ultima sezione verso la vetta coincideva con la via francese del 1983, che raggiungeva questo punto tramite lo sperone sud-ovest. Kofanov commentò:
“Forse un giorno qualcuno salirà una via diretta sulla parete nord in stile alpino, ma dovrà accettare l’idea che si tratti di un biglietto di sola andata”.
Marvell e Rousseau raggiunsero i 7.200 m, accumulando preziose conoscenze sulla via. Tornarono nel 2022 con Matt Cornell, ma Marvell dovette partire prima, e gli altri due non riuscirono a salire oltre i 6.500 m a causa di venti forti e temperature rigide.
I tre sono ritornati nel 2023, dopo aver perfezionato il loro sistema di scalata in Alaska sul Mt Dickey, con la via “Aim for the Bushes” (1.525 m, AI6 X M6), una delle scalate più significative dell’anno, fuori dall’Asia. Il 7 ottobre hanno lasciato il campo base con un materiale da bivacco leggerissimo per tre persone, che includeva due capsule gonfiabili G7 (portaledge).Le previsioni davano sette giorni di bel tempo.
Scalando uno sperone di roccia e 300 m di cascata di ghiaccio, hanno raggiunto un sistema di rampe ripido di 1.100 m, affrontando difficoltà su neve, ghiaccio e misto, e sono arrivati a circa 7.100 m, poco sotto il loro punto massimo del 2021, nel pomeriggio del 9 ottobre.
Sopra i 7.200 m sono saliti a destra su terreno inviolato nella sezione più ripida della parete, fino a raggiungere un bivacco sospeso a 7.300 m. L’11 ottobre hanno affrontato il tratto chiave della via, una sottile lastra di ghiaccio verticale seguita da una
sezione complicata di arrampicata su misto. Si sono accampati a un tiro dalla cresta nord-ovest, a 7.500 m. Il giorno seguente hanno concluso la via francese del 1983, raggiungendo la vetta nel tardo pomeriggio. Sono tornati alle capsule alle 23 e il 13
ottobre sono scesi lungo la via in corda doppia, arrivando al campo base intorno a mezzanotte.
Marvell e Rousseau sapevano di avere diverse dita congelate. Il giorno seguente, si sono resi conto che camminare nella giungla per cinque giorni e poi guidare per altri tre giorni fino a Kathmandu, il rischio di infezione sarebbe decisamente aumentato. Amici statunitensi li informarono che una clinica a Kathmandu offriva un trattamento endovenoso, che se somministrato entro 72 ore avrebbe potuto invertire alcune delle lesioni. Decisero di chiamare un elicottero. Il trattamento ha poi limitato i danni, consentendo la perdita della sola punta di un mignolo per entrambi gli scalatori.
La giuria è stata unanime: questa è stata una salita straordinaria che ha portato l’arrampicata tecnica in stile alpino ad alta quota a un nuovo livello. Scritto un nuovo capitolo nella storia delle ascensioni himalayane che sarà di ispirazione per le generazioni future, grazie ad una combinazione di grande lavoro di squadra, strategia visionaria, abilità tecnica ed esperienza, e ad un’evoluzione nell’attrezzatura.
FLAT TOP (6.100m)
Prima salita della “Tomorrow Is Another Day” (1.400 m, ED, 5c A2 WI4 M6) sulla parete nord del Flat Top in Kishtwar, Himalaya, dal 2 al 6 ottobre. Discesa dalla parete ovest mai scalata prima.
Le cime granitiche del Kishtwar nell’Himalaya indiano si trovano nel territorio conteso di Jammu e Kashmir, una regione che per decenni è stata teatro di conflitti tra forze armate indiane, militanti e separatisti. La situazione indo-pakistana è irrisolta
dal 1947. Gli anni ’70 e ’80 hanno visto toccare l’apice dell’alpinismo in questa regione, dopo di che il dilagare delle insurrezioni ha reso l’area inaccessibile per gli alpinisti stranieri, soprattutto dall’ovest tramite la città di Kishtwar. Di recente, la situazione è
migliorata e molte delle splendide vette ancora inviolate sono ora accessibili.
Una di queste è la parete nord del Flat Top (6.100 m) nel Brammah, che aveva visto solo un’altra ascensione nel 1980, lungo la cresta est. Nel 2018 un team composto da due anglo-neozelandesi scalò circa 700m dello sperone nord ma fu respinta dal maltempo.
Fallì anche il loro tentativo successivo sulla cresta est.
Beneficiando di una finestra di bel tempo di quattro giorni, tre giovani alpinisti svizzeri – Hugo Béguin, Matthias Gribi e Nathan Monard – il 3 ottobre del 2023 hanno lasciato il loro campo avanzato. In condizioni meteorologiche perfette hanno seguito una linea
evidente al centro della parete nord, proseguendo verso destra dopo 600 m per raggiungere la cresta nord. La traversata in salita, effettuata il secondo giorno, si è rivelata il tratto più difficile. Al di sopra, arrampicata tecnica sulla cresta (dove possibile) e sul pendio sinistro li ha condotti alla vetta alle 19:00 del 6 ottobre, dopo di che i tre sono scesi lungo la ancora inesplorata parete ovest della montagna (15 calate in corda doppia) per bivaccare sul ghiacciaio a ovest della loro via d’accesso. Il giorno successivo hanno attraversato la lunga cresta che si collega al Brammah I, si sono calati sull’altro lato e hanno raggiunto il campo avanzato.
La giuria ha ritenuto la linea elegante e tecnicamente difficile su una cima affascinante, in un’area poco visitata negli ultimi 40 anni. Scalata in perfetto stile alpino, la montagna è stata attraversata senza incidenti.
MENZIONE SPECIALE PER L’ALPINISMO FEMMINILE 2024 A NIVES MEROI
I Piolets D’Or promuovono l’alpinismo femminile con una Menzione Speciale a una spedizione formata da sole donne che abbiano completato un’ascesa significativa su una grande catena montuosa, oppure a una o più alpiniste che abbiano avuto un ruolo di primo piano in una spedizione mista, oppure a una sola alpinista, per premiare più scalate svolte negli anni.
Quest’annno la Menzione va a un’unica alpinista, l’italiana Nives Meroi, per tutte le imprese realizzate finora.
Nel 2023 la più importante via di alta quota ad essere stata aperta da un’alpinista donna è stata la “Diamonds on the Soles of the Shoes” sulla parete ovest del Kabru Sud (7,318m) nel Kangchenjunga. È stata la seconda ascensione sul Settemila più a sud del mondo e la prima ascensione riuscita su una delle cime del Kabru dal versante nepalese. Dopo una prima ricognizione seguita da un tentativo fallito a 5.600 m, Peter Hámor, Bojan Jan e la squadra formata dalla coppia Romano Benet e Nives Meroi (marito e moglie), hanno scalato la parete in stile alpino in quattro giorni.
Benet e Meroi sono noti soprattutto per aver scalato vette di oltre Ottomila metri in coppia, con poco o nessun supporto oltre il campo base. Hanno sempre scalato senza ossigeno supplementare e per la maggior parte senza campi fissi, bensì montando loro i propri campi. Su 8 Ottomila, sono stati i primi a raggiungere la vetta, prima che la via venisse attrezzata. La coppia ha scalato lo Shisha Pangma e il Cho Oyu nell’arco di 10 giorni e Gasherbrum I, II e Broad Peak in 20. Nives Meroi è stata anche la prima italiana a scalare l’Everest senza ossigeno supplementare. Tuttavia, nel 2009, a 7.500 m sul Kangchenjunga, Benet, sempre più debole, cercò di convincere Meroi a proseguire verso la cima da sola. Lei si rifiutò e la coppia si ritirò. Benet scese sano e salvo grazie all’aiuto di Meroi. La malattia si rivelò per Benet più grave del previsto e solo nel 2014 poterono tornare sulla montagna per raggiungere la cima.
Benet e Meroi si sono conosciuti a fine degli anni ’70, quando Nives aveva 19 anni, e si sono sposati nel 1989. Per molti anni hanno vissuto nelle Alpi Giulie, vicino alla frontiera slovena. Qui, hanno scalato diverse vie, come l’Helba sulla parete nord del Triglav, e
hanno compiuto le prime ascensioni invernali del Pilastro Nord (Bellini-Perissutti-Piussi) sul Piccolo Mangart di Coritenza e i 10 km della celebre Cengia degli Dei di Comici sul Jôf Fuart. Sulle Alpi Carniche hanno ripetuto lo spigolo integrale nord della Sfinge della
Grauzaria, che viene scalato solo di rado. Sulle Dolomiti, tra i loro successi si contano numerose classiche impegnative, come la Brandler-Hasse sulla parete nord della Cima Grande di Lavaredo, lo Spigolo Strobel sulla Rocchetta Alta di Bosconero e le vie
Lacedelli e Skotonata Galactica alla Cima Scotoni.
La coppia ha scalato anche in Perù, nel Gangotri (una nuova via sulla parete nord del Bhagirathi II, 6 512 m), e sul Xinjiang, dove hanno tentato di salire per primi in assoluto la parete cinese del Gasherbrum II. Pur non riuscendo a scalare quest’ultima, raggiunsero
diverse cime fino a 6500m mai scalate prima.
A differenza di molti alpinisti che sembrano rinunciare all’alpinismo serio dopo il loro viaggio attraverso le vette di 8.000 m, Meroi ha continuato a tentare importanti salite ad alta quota, come il Kabru e un tentativo più recente sullo Yalung Peak. Mostra anche un grande rispetto per la verità. La trasparenza sulle sue imprese ha per lei di un’importanza fondamentale. Nel 2010 ha ottenuto l’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, il più alto degli ordini della Repubblica Italiana, e nel 2016 la coppia ha ricevuto il King Albert I Mountain Award.