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4 Giugno 2016

Posso fermarmi, ma non voglio

Dicembre 2015… finalmente stavo entrando in forma, dopo vicessitudini pessime, ricominciando a scalare dai più semplici gradi e trovando difficoltà in arrampicata su tiri che prima consideravo troppo semplici per potermici scaldare… Finalmente stavo attaccato a un tetto orizzontale per 10 minuti scendendo solo per scelta.

…ed ecco l’errore da principiante, sempre lo stesso… “strafare”. Tre millimetri di presa svasa in strapiombo, la mano che si apre: e la reazione istintiva? Una tecnica semplice che la riserra sul… “chiamiamoloappiglio”. E il tendine, tutto fuorché infingardo, fa il suo lavoro: tende. L’articolazione invece no e un pezzettino d’osso viene strappato via.

Ero di nuovo in forma, dopo mesi, pronto a ricominciare e invece no… di nuovo infortunato, come un idiota. “Non ditemi che non lo posso fare”. Will to live. …insomma, qualunque cosa accada, sopravviverò.

Sei mesi di stop forzato. Sei mesi?! Ripartiamo subito in altro modo. Ricominciamo…
Rieducazione, neurodinamica, flessioni, pesetti, poi pesi e di tutto un po’.

Ancora avanti: nuovi brevetti nella subacquea, rescue, efr, oxygen provider… e fra poco, master, night…
Nel frattempo immersioni sotto il ghiaccio, slack line, camminata. E perché no? …di nuovo corsa!
Per esser pronto per le grandi montagne, per vivere l’oggi. Fra due mesi partirò per la Groenlandia, ma nel frattempo, voglio vivere i sogni e non viver di sogni.

Giornata pesante al lavoro; tra le varie cose gestisco un negozio outdoor, fornisco equipaggiamento per spedizioni, viaggi, hiking, arrampicate e via di consulenze; organizzo giornate di scalata, trekking esteri; progetto avventure sopra e sotto la superficie in diversi continenti, meeting di solidarietà e filantropia.

Sono stanco, ho bisogno di faticare, di vivere la tempesta nella culla di Gea.
Anche oggi devo mettere il mio punto rosso nel mondo.

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Non son più solo quindi mando un messaggio per indicare la via che seguirò, poi telefono nella tasca sinistra e chiavi in quella destra… e si parte con i vestiti che ho addosso e una piletta.
Corro, seguo il vento e le tracce di madre Natura. Incontro una piccola mandria di cavalli, orme di volpi e qualche cinghiale. Proseguo senza torcia, per ora, anche se il bosco si fa tenebra e la tempesta è in arrivo.

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Mi sento bene, mi sento davvero bene. Non ci sono lucciole né la luna può far capolino quindi accendo la frontale. Oltrepasso altri animali cercando di non spaventarli per evitare lo scontro; sono alto per loro, anche se peso molto  meno, e in armonia con il tutto sfreccio tra gli alberi ad alto fusto.

Il profumo del bosco delle Fate, (questo è il suo nome), m’inebria. Le ombrellifere ai lati della traccia lasciano cadere i piccolissimi petali canuti e il sentiero è una scia bianca in un mare verde che ondeggia alla pioggia. Ecco il colle, il punto di arrivo; alzo il sipario sul ritorno. Rimbalzo sulle marne bagnate, pietre più scivolose della presa del cuoio sul ghiaccio. La tecnica non l’ho scordata, pensavo molto peggio.

Proseguo ancora e vedo lontane le luci delle vallate che ricompaiono. Esco dalla tempesta.

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Scorgo di nuovo la cosiddetta civiltà: una minima parte del mondo, niente più che un frammento, e solo su un brandello della porzione terrestre della crosta superficiale. …e ci fanno credere sia il tutto.

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Doccia, ancora lavoro, cena e poi di nuovo lavoro alla mattina; Subacquea, qualche ora di sonno, lavoro e interludio serale, qualche bicchiere con amici, poi di nuovo a casa. Ancora allenamento… ancora sogni da respirare, pronto per partire.

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Posso fermarmi, ma non voglio. Desidero andare Oltre.

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Forse aveva ragione Vasco… “è tutto un equilibrio sopra la follia”.

Posso fermarmi, ma non voglio.

Christian Roccati
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