Probabilmente, dopo aver chiesto a mio nonno se per fare la sua attività di passeur usava le ciaspole, avrei notato sul suo volto un’espressione smarrita. Anche se avessi pronunciato il termine ciastra in uso nelle valli occitane del Piemonte, non avrebbe inteso. Facendogli finalmente vedere le mie racchette da neve avrebbe capito che stavo parlando de li stchalàt. Così, cercando in un vecchio baule dove teneva la sua piccozza e la sua corda, avrebbe estratto due strani aggeggi quadrati simili a piccole sezioni di una scala a pioli. Strumenti da vecchio contrabbandiere. Si chiamino come si vuole, ma le “racchette da neve” sono un mezzo di spostamento molto antico sulle nostre Alpi, ben antecedente alla comparsa dello sci. Come spesso accade nell’era dei social media dedicati alla montagna, anche le racchette da neve sono frequente oggetto di discussioni, piuttosto accese, specialmente quando vi sono degli incidenti. In questo periodo mi è capitato di leggere diversi interventi e prese di posizione con firme autorevoli, ricavandone delle indiscutibili verità ma anche convinzioni troppo severe nei confronti della racchetta da neve, che secondo alcuni dovrebbe avere un campo d’utilizzo molto limitato. Lo dico: non ho mai amato le posizioni rigide e assolute, da qualsiasi fonte autorevole provengano, e sono anche un pessimo “ciaspolatore puro”. Questo perché, come mio nonno, da oltre trent’anni uso le racchette come un mezzo di spostamento funzionale e non come “attrezzo ludico-sportivo”. Del resto è un po’ così per molte delle attività che faccio: uso degli attrezzi perché mi servono altrimenti ne farei a meno, m’interessa poco l’inquadramento della singola disciplina con tutti gli annessi e connessi. Vi è chi vorrebbe destinare le racchette a terreni pianeggianti ed esclusivamente di neve fresca, bocciandone l’uso in ogni altra situazione. Un’affermazione che di principio è di buon senso considerando che le racchette sono nate proprio per camminare nella neve fresca. Tuttavia, in quanto a ripidezza del terreno e natura della neve, questa tesi può essere altrettanto discutibile. Garantisco che ho utilizzato le racchette in luoghi piuttosto impegnativi per avvicinarmi a goulotte e cascate, e considerata la natura del terreno, era davvero l’unico mezzo possibile. Al contrario ho letto su alcuni siti dedicati all’outdoor definizioni sbrigative e semplicistiche, dove si sostiene che per usare questo strumento non occorre alcuna abilità né capacità tecnica particolare. Sono sempre stato convinto che anche il semplice camminare in montagna richieda corretti schemi motori e anche delle abilità motorie (tecniche) per affrontare le difficoltà oggettive di un terreno sconnesso o di un tratto ripido in discesa. A maggior ragione, se parliamo di racchette da neve intese come mezzo di spostamento e non come strumento di svago per percorrere piste battute di fondovalle, le abilità tecniche servono eccome, oltre, ovviamente, a una capacità di discernimento del terreno che si va ad affrontare. Una definizione rigida dell’area di competenza delle racchette da neve è quindi molto difficile: è sia soggettiva sia oggettiva, e attiene alla finalità d’utilizzo, al tipo di terreno, alla preparazione generale del singolo in montagna. Quest’inverno ho percorso dei bellissimi itinerari di cresta sulle montagne di casa calzando le racchette da neve. Una scelta di questo mezzo di spostamento dettata dalla morfologia del terreno e dalla natura della copertura nevosa. Certamente, affrontando esposizioni diverse mi sono imbattuto in un manto di durezza variabile e, all’occorrenza, non ho esitato a mettere le racchette sullo zaino, a calzare i ramponi e a estrarre la piccozza. Nei momenti di maggior pericolo me ne sono stato pacificamente a casa, oppure sono andato ad arrampicare al sole. Anche quando i bollettini offrivano uscite all’insegna di una maggiore tranquillità, ho sempre pianificato con attenzione le mie mete, mettendo mano alla carta topografica e portando sempre con me il kit di sicurezza per la neve. Siccome non ho doti di chiaroveggenza, né posso conoscere le condizioni di ogni angolo delle Alpi, quando ho deciso di fare delle uscite su montagne meno note ho sempre preso contatto con amici in loco di comprovata esperienza, oppure ho telefonato agli uffici delle guide alpine. Tutto ciò attiene al normale comportamento dell’escursionista avanzato (o dell’alpinista, sci-alpinista), dunque, un limite rigido per l’uso delle racchette da neve non esiste, vi sono semmai il buon senso e una preparazione “allargata” della montagna. Il metodo per definire il campo d’azione di questo strumento di spostamento parte quindi da una serie di domande che il “ciaspolatore evoluto” dovrebbe porsi: qual è la natura del terreno che sto per affrontare? Ho lo strumento adatto ai piedi? Sto utilizzando delle calzature idonee qualora dovessi togliere le racchette e procedere a piedi in alcuni tratti? Qual è la mia abilità motoria con le racchette ai piedi? Considerata la natura della neve, variabile, ho con me ramponi e piccozza? Li so usare? Ho l’ARTVA e il kit di sicurezza, e lo so usare? La risposta a queste domande che parrebbero scontate, definisce l’escursionista avanzato, il “se” e il “come”dovrà usare le racchette da neve. Rigide preclusioni mi paiono davvero inutili. Questa capacità di valutazione lo distingue da un “turista” che noleggia l’attrezzo ludico-sportivo per fare la passeggiata al bordo della pista di sci nordico (spesso sopra di essa, accidenti!). Probabilmente al turista l’esperienza piacerà e ne acquisterà così un paio, possibilmente da un negoziante specializzato (in grado di dare consigli professionali). Il nostro amico, dandosi risposte negative alle domande di cui sopra, dovrà pensare a un percorso di avvicinamento alla montagna se deciderà di uscire dall’ambito “turistico” dei percorsi segnalati e battuti. Dovrà prendere coscienza del fatto che possiede un mezzo da imparare a usare e conoscere. La cosa migliore in questo caso è affidarsi all’accompagnamento professionale, ma anche qui, purtroppo, assisto a una continua diatriba che coinvolge guide alpine, accompagnatori di media montagna e guide ambientali escursionistiche. Una diatriba che non mi appassiona e che trovo poco utile. Conosco guide ambientali escursionistiche in attività da moltissimo tempo, con una preparazione e un vissuto della montagna di prim’ordine, che utilizzano da decenni le racchette da neve. Lo fanno sicuramente più di certune guide alpine che hanno scoperto la montagna in senso allargato relativamente da poco tempo. Parimenti, ho amici che sono guide alpine di lunga esperienza che credono in quest’attività, la coltivano e la propongono ai propri clienti anche in un’ottica storico-culturale. Vi sono, infine, delle ottime scuole di escursionismo presso Club alpino italiano sparse sul territorio, che nel modulo invernale offrono gli strumenti idonei per un primo passo verso l’escursionismo in ambiente innevato. Come sempre i canali per informarsi a chi ci si affida esistono e sono molteplici, dunque, si scelga bene. Che si vada da soli o accompagnati è innanzi tutto necessario ridare alla racchetta da neve la dignità che le spetta, cioè quella di un antico mezzo di spostamento in un ambiente meraviglioso ma delicato come quello della montagna invernale.