Inverno 2019, proiezione del Reel Rock tour, una selezione di alcuni tra i migliori film di scalata al mondo.
Quattordicesima edizione, la seconda volta in Italia, in una versione davvero particolare che questa volta mi sorprenderà piacevolmente! Siamo a Genova, la sala si riempie e iniziano gli speech.
Prende la parola il presidente FASI Davide Battistella, e a seguire il rappresentante del meeting internazionale di beneficenza Finale for Nepal poi tocca a Roby Manfredi, ideatore della rassegna nazionale Gams Friends, ancora in pieno svolgimento.
Sono chiamato anche io a dire la mia e infine è la volta dell’organizzazione, la società Itaca, la stessa del Banff Film Festival e dell’Ocean, che tra le altre cose ha distribuito anche Free Solo, la magistrale opera su Honnold premiata con l’oscar.
Mi trovo al solito rito: in sala ci salutiamo in tanti, ci conosciamo quasi tutti. Una parte di questi amici sono i compagni con cui vivo le varie discipline. So già che al termine andremo a mangiare e inizieremo prima a parlare dei film, di fronte a qualche birra, e poi a progettare le prossime avventure.
Il Reel Rock è un po’ così: ti trovi nella stessa condizione dei film western anni ’80; dopo averli visti non potevi che entrare in un “saloon”, chiamare metà delle persone con un accentato “hei gringo”, e dire all’altra metà che “la città era troppo piccola per tutti e due”.
Dopo il cinema, ora ti trovi a parlare di grandi pareti e terre selvagge… Qualche volta quando sono in spedizione, mesi dopo, sorrido, inseguendo il filo delle decisioni a ritroso fino alla birra di troppo dopo questi film!
Si abbassano le luci e si accende l’ascolto. Gli occhi si sgranano su THE HIGH ROAD (20′) che parla dei sogni e della voglia di ascesa di Nina Williams e della sua crescita. L’atleta è eccelsa nel bouldering e il suo cammino la porta a intraprendere il percorso delle high balls, le linee su massi erratici talmente alti da trasformarsi in delle vere e proprie free solo. Il tutto nasce nello spirito Reel Rock appena citato: Nina racconta di quando vide la settima edizione del festival, nel 2012, nella quale Honnold approcciava al boulder Too Big to Flail (V10).
Come si racconta in Inception, un’idea è come un seme che germoglia e da essa possono cambiare vite. E così è stato… nell’opera è possibile percepire il cammino della giovane scalatrice, il suo rapporto con il compagno che la segue e sostiene. La ragazza ha un volto di bimba entusiasta e il corpo di un cyborg, ed è proprio sulle facce che si leggono le emozioni. Basta osservare le espressioni nello sguardo del fidanzato per realizzare veramente la portata del rischio di questa solitaria…
La rassegna prosegue con UNITED STATES OF JOE’S (20′), ambientata in una delle regioni rurali dello Utah. Il tema è ancora il bouldering in una valle tutta da scoprire, non senza difficoltà, essendo la casa di una comunità di Mormoni: cowboy e minatori, dalle usanze molto conservatrici.
Il cambiamento è ovunque e parallelo, come fu nel ’68, tra movimenti completamente diversi eppure coevi, così è oggi, e quest’area non ne é esente. I valligiani osservano questi stranieri bizzarri e li associano a “homless” privi di fondi, fino al momento in cui le risorse locali vanno terminando. Le miniere non sono più redditizie e il rischio di ritrovarsi con città fantasma è concreto
…ed è in quel momento che la comunità di climbers si propone come l’esempio del settore terziario: un turismo ecocompatibile e sostenibile che riqualifica il territorio. Come farsi capirei? Prima di tutto mostrando il costo della propria attrezzatura, per spiegare che ciò che sembra a volte non è, e la libertà, di tanto in tanto, è semplicemente il decidere come impiegare i propri mezzi, per star bene e sorridere.
Non posso fare a meno di ricordare che gli abitanti di Kalymnos erano convinti che i primi climbers dell’isola, insieme ad Andrea Di Bari, si stessero arrampicando per sottrarre le stallattiti …o qualcosa del genere! Non so se la storia si ripeta, ma i cicli umani certamente si, in questo caso tra scalata e rodei!
I filmati sono tre ma esiste un piccolo teaser dedicato a Marc-Andre Leclerc, ai suoi pensieri sulle free solo alpine, tra roccia sfaldata e accumuli di neve; il trailer dello stesso Reel Rock 14, utilizzando la musica “Kingdom Come” del compositore Theevs, omaggia il grande alpinista e commuove lo spettatore in poche decine di secondi.
Dopo l’intervallo giunge il momento atteso con THE NOSE SPEED RECORD (55′). Il citato Alex Honnold torna da protagonista sullo schermo insieme Tommy Caldwell. Dopo il successo di Free Solo (2018) per il primo e di The Dawn Wall (2017) per il secondo, le premesse sono veramente intense.
Il film permette la sintesi delle salite della leggendaria parete di El Capitan con la prima ascensione a opera di Warren Harding nel 1958, in 45 giorni. Il racconto prosegue sino ai record in velocità dei più grandi scalatori: da Dean Potter ai fratelli Huber, ai meno conosciuti Brad Gobright e Jim Reynolds in grado di siglare il nuovo record in 2 ore e 19 minuti e 44 secondi, entrando nella leggenda. Godbright ha fatto parlare di sé anche arrampicando tre vie di El Capitan in 23 ore e 10 minuti nello specifico: Zodiac, The Nose e Lurking Fear.
Il sarcasmo e lo sfottò verso i titani, da parte dei nuovi detentori, alimentano un clima di divertente incredibile tensione. L’ironia e l’irriverenza dominano la scena!
La naturale risposta della squadra Caldwell – Honnold non tarda; i due professionisti vogliono riappropriarsi del record e proseguire in un cammino che punti ad abbattere il muro delle due ore. Anche in questo caso l’impresa stessa è un teatro in cui parlare di vita e di morte, di umanità e di rischi, di soloing e di famiglia.
La differenza tra queste opere e un qualsiasi film d’avventura inventato, é che sono vere e quando un personaggio rischia la vita, lo fa davvero. Alcune volte tutto fila liscio, mentre altre no… purtroppo mercoledì 27 novembre, il climber Brad Gobright è deceduto affrontando la via El Sendero Luminoso, 15 lunghezze di 5.12+ a El Potrero Chico in Messico.
La comunità dei climber una volta ancora si è affranta per la notizia; forse sembrerò retorico, ma lo dico lo stesso visto che é ciò che provo: ogni volta che ripenso a The Nose Speed Record e sento Brad che scherza, non posso che sorridere, come si fa con un vecchio amico. Sono contento che questo film abbia ritratto questo straordinario e fortissimo scalatore.
Christian Roccati
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