Uno dei protagonisti della prima salita invernale del Manaslu si esprime sull’attuale spedizione al K2 e non solo…
Oggi 12 gennaio, ricorre il 36° anniversario della prima salita invernale del Manaslu, compiuta nel 1984 dai polacchi Maciej Berbeka e Ryszard Gajewski, lungo la via normale. In una recente intervista rilasciata alla testata sportiva polacca Onet, Gajewski ha ricordato il suo compagno di scalata, Berbeka. Durante la discesa c’era così tanto vento che lui e Berbeka dovettero strisciare. Gajewski ricorda nell’intervista anche le sue spedizioni, la morte dei suoi compagni e le difficili conversazioni che dovette avere con le loro famiglie.
Il “conquistatore in pensione delle vette himalayane”, come si definisce, parla anche di molto altro, tra cui dei suoi dubbi sulla salita invernale del Nanga Parbat compiuta dalla francese Elisabeth Revol e dal polacco Tomasz Mackiewicz (deceduto durante la discesa e che oggi avrebbe compiuto 46 anni).
Secondo Gajewski, la Revol non ha presentato alcuna prova del raggiungimento della vetta. “Noi facevamo foto o prendevamo qualcosa sulla vetta. Invece qui succede che non c’è niente”, afferma. “Quando sfortunamente non puoi documentare la tua salita, non faresti forse meglio a riprovare quella montagna? Il fatto che qualcuno le creda sulla base di ciò che lei ha scritto non mi ha convinto molto”.
Il polacco, che oggi è una guida dei Tatra, crede che quest’inverno sul K2, solo Mingma Gyalje Sherpa o Nirmal Purja possano avere qualche possibilità di successo.
Gajewski parla anche dell’ex runner polacca Magdalena Gorzkowska, il cui progetto di conquistare il K2 in inverno ha suscitato qualche perplessità. Pare, infatti, che pochi giorni dopo l’uscita della notizia, Marcin Miotk, il primo polacco in vetta all’Everest senza ossigeno supplementare, abbia scritto sui canali social: “Questa è la spedizione più frivola nella storia dell’alpinismo polacco”. “Marcin ha espresso quello che ho detto spesso e quello che continuano a ripetere altri rappresentanti della generazione passata – commenta Gajewski – Se hai esperienza di alpinismo invernale, se sei stato prima sui Tatra, poi sulle Alpi, allora il passo successivo può essere l’Himalaya o il Karakorum. Ma chi va oggi sulle Alpi? Nessuno. Vanno sull’Himalaya perché vende. È nata una sorta di industria: stiamo facendo molto rumore, i media si stanno surriscaldando, alcune persone ricevono contributi, perché ci sono molti appassionati di montagna nel nostro paese….. “Non condanno tali spedizioni … Ma quando sento come elogiano questa Magda dicendo che la ragazza può raggiungere la cima, mi viene da ridere – continua Gajewski.
“Al K2, scommetto sui nepalesi, perché hanno i polmoni per farcela e recentemente hanno migliorato la loro tecnica, che li ha fatti smettere di avere timore. Quando siamo stati sulle montagne più alte del mondo negli anni ’80, avevano paura di salire da soli. Quando c’erano difficoltà, aspettavano educatamente che io o Jurek Kukuczka le superassimo e ci seguivano… Ora è diverso, hanno il vento in poppa e vedo che finora stanno andando alla grande sotto la montagna. Hanno già fissato le corde abbastanza in alto.”
Secondo Gajewski, l’unico alpinista, non nepalese, che possa competere con loro in questo momento è il polacco Andrzej Bargiel.
A proposito dell’insuccesso dell’ultima spedizione invernale polacca al K2 (2017-2018), del tentativo indipendente in solitaria di Denis Urubko di raggiungere la vetta e della successiva intervista che rilasciò in cui fu molto critico nei confronti di alcuni alpinisti polacchi, Gajewski dice: “Non ero sul K2 durante quella spedizione, ma stavano andando male. In effetti, solo lui ha effettivamente lavorato e Bielecki gli è andato dietro, perché era il più forte degli altri. La verità è che lì c’erano persone non molto preparate. Ambiziosi sì, non si può negarlo, ma non al livello degli scalatori degli anni 80. Mancavano di abilità, non procedevano, quindi c’era animosità. Urubko ha continuato a spingere verso l’alto e alla fine si è arrabbiato. Dato che non aveva un partner, è andato da solo. Inoltre lui sostiene da tempo che l’inverno finisce alla fine di febbraio, motivo per cui ha voluto raggiungere la vetta entro quel mese.” Gajewski concorda con Urubko: “non è un’invenzione di Denis. Questa era l’ipotesi fatta dal governo nepalese negli anni ’80 e l’abbiamo accettata per tutti gli anni in cui abbiamo attaccato gli ottomila in inverno. Alla base dal 1 dicembre, da quel momento in poi si può attaccare la vetta, e alla fine di febbraio spedizione chiusa. “