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23 Novembre 2023

Ski · Ski Touring e Ski Alp · Resto del Mondo

Sei giovani guide francesi completano tre prime discese con gli sci nel Nepal centrale

Le sei guide in cima al Ratna-Chuli ©Victor Colombie

Maud Vanpoulle, Aurélia Lanoë, Victor Colombie, Firmin Fontaine, Damien Coelho-Mandes e Bastien Lévy, sono partiti per il Nepal per sciare una cima di oltre 7.000 metri ma il destino li ha spinti verso un percorso più emozionante e inesplorato

Quest’autunno, sei intrepidi giovani guide di alta montagna francesi, hanno completato tre prime discese con gli sci  nel Nepal centrale  e forse realizzato la prima salita dell’Hulang Go (6.687 m).

Maud Vanpoulle e Victor Colombie, da una parte, e Aurelia Lanoe, Firmin Fontaine, Damien Coelho-Mandes e Bastien Levy dall’altra, formavano due squadre distinte, ma con una passione comune per l’esplorazione. Il loro desiderio era scendere con gli sci da una bella cima inviolata, senza spingersi in imprese estreme ed evitando la calca.

Entrambi i team hanno chiesto consiglio a due alpinisti esperti, Paul Grobel e Jean Annequin. Annequin, che aveva conquistato il Ratna Chuli nel 2000 (quattro anni dopo la prima salita compiuta da un team giapponese), ha condiviso con loro  le intuizioni raccolte in quella scalata epocale e ha indirizzato i giovani scialpinisti verso questa vetta enigmatica, suggerendo loro di fare squadra.

Le sei guide verso un percorso diverso, altrettanto affascinante

Poche settimane dopo i sei  francesi si sono ritrovati in Nepal, senza aver avuto il tempo di incontrarsi prima. “Ci conoscevamo per nome e avevamo amici in comune, quindi questo è stato sufficiente per riporre fiducia reciproca” spiega Bastien Lévy.

Ad eccezione di Aurelia Lanoe, che aveva partecipato ad una spedizione sciistica sul Gasherbrum II, gli altri membri della squadra non avevano molta esperienza su terreni di alta quota. Non si erano mai avventurati oltre i 7.000 metri, pertanto la loro aspirazione era trovare  cime in linea con le loro capacità, in mezzo alla natura selvaggia e incontaminata.

La spedizione è andata alla grande. “Tre prime discese con gli sci, due probabili cime inviolate, pendii di neve ripidi come si deve e un buon grip per le lamine. Cos’altro potevamo chiedere?”, ha affermato Maud Vanpoulle.

Primo obiettivo: l’Upche (6.100 m)

Il viaggio è iniziato  da Pokhara. Dopo diversi problemi di trasporto, la squadra si è allontanata dai sentieri più battuti, avventurandosi verso l’Himlung (una vetta di 7.000 metri abbastanza commerciale) prima di deviare più a nord-ovest, verso il Tibet, nella valle del Naar Phu.

Lì, Maud e i suoi compagni hanno allestito il campo base a 4.700 metri e hanno iniziato ad acclimatarsi esplorando la zona circostante dove non hanno trovato anima viva.

La prima cima su cui si sono messi alla prova è stato l’Upche (6.100 m). Partiti dal Campo 1 (5.600 metri), “passo dopo passo, abbiamo trovato la via per la cima”, ha raccontato Vanpoulle. Il team ha  poi completato con successo anche la discesa con gli sci.”E’ sempre bello posare gli sci su una cima inviolata. Anche se, alla fine, che sia inviolata o meno, l’esperienza è la stessa”, ha raccontato Maud a Montagnes Magazine.

L’altitudine ha, però, messo a dura prova Bastien, colpito da mal di montagna acuto. Lo scialpinista è dovuto scendere a valle e riposare per qualche giorno, prima di partecipare alla seconda scalata di acclimatazione. “E’ stato un momento un po’ complicato perché non potevo diventare un handicap per gli altri che, d’altra parte, non potevano abbandonarmi – ha commentato successivamente Bastien  – Era un po’ come il dilemma dell’alpinista combattuto tra ego e spirito di squadra. Credo che il fatto di essere tutti guide, e quindi su un piano paritetico, ci abbia aiutato a prendere le decisioni giuste.”

Secondo obiettivo: l’Hulang Go (6.685 m)

L’approccio all’Hulang Go ©Maud Vanpoulle

Aurélia Lanoë sull’ Hulang Go © Maud Vanpoulle

 

Dopo aver allestito un campo più alto vicino a Ratna Chuli (7.035 m), il gruppo ha deciso di tentare l’Hulang Go (6.685 m). L’appuntamento con questa montagna ancora inviolata, ha rappresentato l’opportunità di incidere i loro nomi negli annali dell’esplorazione.

Combattendo contro freddo pungente e neve infida e dura, hanno scalato pendii che sembravano sfidare la forza di gravità. Con i ramponi e gli sci legati alla schiena, hanno affrontato pendenze di 50° con tenacia e abilità. Una volta in vetta, hanno potuto godere di una vista incredibile, contornata dall’Annapurna, dal Dhaulagiri e dalle vaste pianure tibetane. La squadra ha poi individuato una linea con neve migliore e ha completato con successo anche la discesa con gli sci dal vertice .

“È stato davvero bello raggiungere la vetta tutti e sei”, racconta Maud. “Per di più, la scalata è stata un po’ difficoltosa: non eravamo sicuri di riuscire ad arrivare fino in fondoè stata un’esperienza nuova per tutti salire così in alto”.

Pronti per l’obbiettivo principale: il Ratna Chuli (7.035 m)

Dopo aver atteso alcuni giorni che i venti forti e le temperature molto rigide si attenuassero, le sei giovani guide francesi hanno affrontato il loro obiettivo principale: la parete Ovest del Ratna Chuli (7.035 m). Partiti alle 2 del mattino, hanno raggiunto la vetta in giornata.

“La parte più complicata arriva dopo una specie di cascata di ghiaccio, dove si deve scendere fino a un colle sul versante tibetano, prima di affrontare il pendio finale. Di conseguenza, è necessario conservare un po’ di energia per il ritorno,  piuttosto duro –  ha spiegato Maud –  È qui che abbiamo avuto il nostro giorno più importante, con 1.400 metri di salita e qualche dubbio per il vento previsto. Alla fine il vento era quasi inesistente, tuttavia ci siamo divertiti lo stesso! La discesa è stata abbastanza ripida, 45-50°, ma eravamo leggeri perché avevamo lasciato i materiali più in basso.”

Bastien Lévy scende con gli sci dal Ratna Chuli ©Maud Vanpoulle