3 settembre 2020. Ho sempre pensato che le vie nuove sulla roccia, come le opere d’arte, abbiano bisogno di una Musa ispiratrice. Oggi indubbiamente io avevo la mia. E’ una giornata strana, di una settimana altrettanto particolare, in cui i pensieri sono un vortice turbinoso che mi disorienta. Un po’ assorto in alcuni di questi, risalgo la valle in silenzio, seguito dall’amico Umberto. Siamo carichi di materiale, diretti a un pilastro di roccia che ho adocchiato lo scorso anno. Forse, in realtà, l’ho solo guardato con occhi diversi perché è sempre stato lì dacché percorro questa valle con intenti esplorativi. Già, è strano, a pensarci bene nessuno ha mai inteso scalarlo, né Gian Carlo Grassi né i tanti fuoriclasse che oggi non sono più tra noi. La roccia s’innalza a destra della grotta dell’Antro di Gilgamesh, strapiombante e articolata. Poche decine di metri a sinistra vi precipita una spettacolare cascata con un salto nel vuoto di trenta metri e, in primavera, la spaventosa valanga di Marmorand. Sono di casa qui, e spesso vi sono salito alla base arrampicando slegato. Qualche volta l’acqua nebulizzata del Mostro di Gilgamesh crea spettacolari arcobaleni quando è attraversata dai raggi solari, altre volte, la profonda grotta di neve ghiacciata che si forma alla base del salto ricorda la potenza della natura, e che un altro inverno è passato. Guardando la fuga del pilastro verso l’alto, talvolta mi coglieva un capogiro, quasi un senso di nausea. Chissà cosa succede girato il filo dello spigolo? Quelle fessure, visibili dal basso, saranno soltanto un’illusione? Quanto sarà difficile? Oggi però sono qui, e la mia Musa ispiratrice mi ha trasportato ancora una volta lontano. Forse mi ha già depositato sulla cima, oltre quelle fessure illusorie. Umberto, che a differenza mia ha scalato davvero poco, è preoccupato della mia determinazione. Lo è del fatto che oggi non mi colga il capogiro né m’impensierisca delle fessure inesistenti. Oggi, sono già oltre. Forse il mio corpo è qui ma il mio pensiero viaggia altrove. Le prime due lunghezze non hanno storia e mi depositano senza problemi alla base del “mostro”. Non m’interessa cosa c’è oltre lo spigolo. Salgo su una lastra affilata come un rasoio e infilo le dita nel fessurino strapiombante, che si stringe e finisce dopo breve sotto una sporgenza che pare insormontabile. Il “mostro” s’ingrossa e prova a far paura. Il passo è impegnativo e sul vuoto assoluto ma quest’anno mi sono preparato al meglio delle mie possibilità, per salite ben più difficili. Su quel pilastro potremo dimostrare il nostro “mestiere”. Alla fine raggiungo il ballatoio superiore in un angolo di Sea davvero particolare. La scalata ormai ha dischiuso le sue porte e, dinanzi a me, si profila una linea incredibilmente bella, di una logicità quasi disarmante. Umberto sbuffa, ricorre alle scalette ma dopo una dura lotta col vuoto anche lui beffa il mostro e mi raggiunge in sosta. E’ stanco ma ha capito che intendo vivere fino in fondo lo stato di grazia che oggi la mia Musa mi garantisce. Salgo sessanta metri di roccia bellissima e verticale. Quando apro una via nuova penso sempre al fatto che da 30 milioni di anni almeno sono il primo essere umano a toccare quella pietra. Non è di un’”energia” incredibile tutto ciò? Eppure sono così vicino a casa… La mia testa, invece, è di nuovo volata lontano. Mi accade spesso in questi giorni. E’ bello e sconvolgente al tempo stesso. Il “mostro” prova ancora a spaventarmi con un’ultima difesa: una larga fessura–camino poco proteggibile che sporge su un vuoto di cento metri. Umberto è perplesso ma io mi ci porto sotto e vi guardo attraverso. La mia Musa è già in cima, e mi chiama. M’incastro all’interno con la gamba e con un pugno, poi esco sopra il bordo con una larga spaccata. Meglio non guardare giù? Ormai, però, è fatta, poche decine di metri e sono in cima. Anche questa ennesima piccola storia di roccia è terminata. Cos’abbiamo davvero “conquistato”? Mi siedo un attimo e guardo verso il fondo del vallone. Degli sguardi a questo pilastro restano ormai solo due sottili corde colorate e distese, che spariscono sotto uno strapiombo, a ricordarmi che sono legato a un compagno. Altri “sguardi”, invece, non c’entrano nulla con la roccia, con le corde e con il vuoto . Sono ciò che resta d’immutato nel tempo, vi ci si appende come a un appiglio nei momenti in cui vorremmo essere altrove. La mia Musa lo è già. Io, invece, sono ancora qui.
Vallone di Sea – Alpi Graie meridionali
Antro di Gilgamesh – “Sguardi senza tempo”
Prima salita: Marco Blatto e Umberto Lardieri il 3 settembre del 2020 dal basso
Sviluppo: 150 m
Difficoltà: TD+; I/RS2; 6b+ (6a obbl.)
In posto 3 fix di passaggio e tre chiodi; una serie di friend fino al 4BD, nut piccoli, due mezze corde di 60 m
Relazione dettagliata su: http://www.vallidilanzoinverticale.it