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1 Agosto 2017

Spit al Rifugio Daviso

Quante volte siamo passati sotto la morena del Ghiacciaio Martellot diretti verso la grande parete della Punta Martellot e dei Dômes . In quest’angolo selvaggio e severo di Alpi occidentali abbiamo scoperto che dopo quasi 200 anni di storia dell’alpinismo, per primi avevamo salito in estate la parete est di quella che i francesi chiamano Roc du Mulinet 3452 m. Un itinerario complesso che sa di antico. Poi, nelle estati seguenti, sempre per mano nostra “cadevano” anche: il secondo spigolo – pilastro del Dôme Blanc 3337, e il terzo, più defilato, dove la roccia delicata è moneta corrente. L’alpinismo tradizionale classico, alberga tra queste grandi montagne, dove un passaggio aleatorio di A2 sospesi sulle staffe o un tiro di VII grado poco proteggibile, dialogano con facilità con canali sospesi, fughe di placche, spigoli di roccia incoerente. Così è l’alpinismo. Qui, tenere delle tacche di pochi millimetri serve a poco: bisogna sapersi muovere ed essere disposti a lunghi e non facili rientri. Salivamo la morena dell’ormai riducendo ghiacciaio e spesso ci chiedevamo come mai, a fronte di pareti così alte e di roccia metamorfica delicata, spuntassero qua è la affioramenti di gneiss ghiandone solidissimo. Peccato fossero alti spesso solo pochi metri, demoliti, fresati e ribassati dalle antiche glaciazioni. No, il Rifugio Daviso non sarebbe mai stato il punto di appoggio per comode arrampicate al sole protetti da solidi spit. Poi, un giorno, di ritorno da quelle alte montagne abbiamo osservato con occhi diversi un affioramento di questa “roccia madre” un po’ risparmiato dall’inesorabile discesa di grandi ghiacciai pleistocenici, di cui oggi conserviamo solo i segni. Un po’ più elevato degli altri, era stato protetto in qualche modo dalla morena di sponda laterale del Ghiacciaio Martellot, anche se i segni di più antiche erosioni erano evidenti. Posta a soli 20 minuti dal rifugio, non ne avrebbe certo soddisfatto le velleità “arrampicatorie” in senso sportivo, tuttavia, avrebbe valso una mezza giornata di scalata al sole, su roccia magnifica e al cospetto delle grandi montagne, rilassando la mente e tonificando il corpo prima di una ascensione “d’avventura” il giorno seguente. Grazie al materiale offerto dalla Sezione del Cai di Venaria Reale (tutto inox) è venuta così alla luce (si fa per dire) la “Parete della morena”. Placche levigate e compatte, fessure di “quarzo” e muri con piccole tacche, sempre al posto giusto, hanno così regalato piacevoli linee tutte aperte salendo dal basso con il trapano. Il rifugio è vicino, il posto è incantevole, il “salvataggio” di una giornata incerta è garantito, i gradi contenuti (max 6b+), terminando magari con una buona polenta. Che si vuole di più?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il rifugio….

 

 

 

 

 

 

 

Salire le placche levigate dai ghiacciai, specie se verticali, non è sempre uno scherzo…

 

 

 

 

 

 

 

Il trapano pesa, almeno questo modello, specialmente dopo che lo si è portato nello zaino per oltre 1000 metri di dislivello!

 

 

 

 

 

 

La brezza di valle, in sosta, gioca strani scherzi ai capelli…

 

 

 

 

 

 

 

Dopo una giornata di duro lavoro di apertura, finalmente si scende!