Qui la prima parte del racconto (link), qui la seconda (link).
Dal Sequoia national Park fino al Mount Withney…
Uscito dalla valle di Yosemite, con un comodo servizio bus navetta, raggiunsi nuovamente la famiglia di Nilo a Coursegold, ebbi modo così di raccontare a caldo e con incontenibile entusiasmo le mie recenti avventure.
Senza aspettare troppo, il giorno seguente, presso la cittadina di Oackurst, decisi di noleggiare un’auto perchè volevo appunto recarmi verso il Sequoia National Park nella maniera più veloce e autonoma possibile.
Presa l’auto e salutato nuovamente Nilo, guidai qualche ora verso sud, tra strade e paesaggi di grande respiro, tipicamente Americani; decisi di entrare nel Sequoia National Park per Grant Grove dopo Fresno e senza esitazione mi recai immediatamente a visitare le foreste delle sequoie giganti e di conseguenza anche la pianta più grande del mondo, il General Sherman.
Quando arrivai dinnanzi a quella maestosa opera della natura, fu impossibile per me realizzare in quegli attimi cosa stessi vedendo, un’ esperienza al di fuori di ogni immaginazione.
Solo in queste occasioni possiamo comprendere di cosa sia capace la natura e che la realtà a volte supera la fantasia. Camminare con il naso all’ insu’ ai piedi di piante immense, larghe come case e alte quasi 90 metri, ti fa pensare a quanto siamo spesso arroganti e irrispettosi nei confronti del nostro prezioso habitat; non si smette mai di sognare ad occhi aperti in questi posti, è impossibile non farlo.
A conferma di questo, dopo aver esplorato la foresta delle sequoie giganti, poche ore dopo scoprii e scelsi di salire su un comodo, ma sbalorditivo punto panoramico, il Moro Rock; qui mi trovai in compagnia con alcuni fotografi ed un ragazzo austriaco, Harald con il quale è poi nata una bella e sincera amicizia;
eravamo dunque tutti li fermi ad aspettare un tramonto che si rivelò poi nella sua più totale magia, sublime, dando spazio a tutte le emozioni possibili immaginabili andando ad incorniciare una giornata assolutamente fantastica ed indimenticabile.
Dall’ Alta Peak un incontro speciale…
Trascorso il tramonto si avvicinò veloce la notte e dopo una piacevole e conviviale cena, improvvisata con i miei nuovi amici, scelsi li vicino, un posto dove parcheggiare l’auto per dormire e decisi di soffermarmi presso l’area attrezzata di Wolvertone; questa volta niente tenda, decisi di sfruttare il comodo bagagliaio del mio veicolo. Apprezzai molto questa soluzione, era come dormire sotto un lucernaio, con veduta diretta sulla Via Lattea; fui decisamente fortunato.
La sveglia all’alba del giorno successivo arrivò puntuale; mi aspettava un trekking lungo, ma facile, verso l’ Alta Peak una montagna particolare per forma e colori, alta circa 3400 mt.
Durante la mia salita, un’aquila planava maestosa sopra di me, mi controllava, vedeva che ero felice;
arrivato in cima trovai una piuma, forse la sua e che ora conservo come portafortuna.
Sono fermamente convinto che lungo il percorso della nostra vita, ci sono segnali precisi a cui dobbiamo dedicare attenzione e saperli interpretare, questi ci guideranno verso la strada migliore.
Importante per me poi è il significato simbolico e profondo di quando arrivi sulla cima di una montagna, dalla quale puoi scrutare meglio l’orizzonte, prendere nuove ispirazioni, improvvisando senza timori e intuire dove proseguire il tuo nuovo percorso.
In questa occasione ero attrezzato e preparato, decisi di continuare per una lunga ed evidente cresta, meravigliosamente panoramica.
Nessun sentiero, nessuna traccia, avevo trovato la mia dimensione e non desideravo altro.
Andai a realizzare quindi un’esplorazione sulle Tablelands dopo il suggestivo Moose Lake; in fondo alla mia destra verso est, vedevo svettare il Mount Withney che mi aspettava.
Per due giorni mi sono gustato intensamente una sensazione di solitudine inusuale, il silenzio era pressoché totale.
Ricordo che verso il rientro, sdraiato sulle rive del Pear Lake, fissavo il cielo ipnotizzato e giocavo con la mia mente, ero capace quasi di sentire con l’immaginazione lo scorrere dell’aria tra le ali di quell’aquila che avevo incontrato il giorno prima, un piacevole smarrimento e abbandono dei sensi, il tempo non esisteva più…
Dopo questa mia esplorazione in posti assolutamente selvaggi, sapevo che mi aspettava un lungo cammino di rientro, decine e decine di chilometri prima di arrivare a Wolvertone dov’era parcheggiata la mia auto, pronta per essere guidata poi fino a Lone Pine, base di appoggio per la salita sulla montagna più alta della California, la mia ultima meta.
Verso la montagna più alta…
Il JMT comprende per i più allenati, considerando il notevole dispendio energetico di chi porta a compimento l’intero trekking, la cima più alta della California e che avevo deciso di salire, ovvero il Mount Withney che con i suoi 4421mt si distingue per le sue alte e meravigliose pareti di granito a sud della Sierra Nevada.
Arrivato il pomeriggio seguente, nel piccolo, ma fornitissimo villaggio turistico di Lone Pine, mi orientai senza fatica recandomi presso il visitor center, tappa obbligatoria per i turisti; qui ottenni dai rangers il permesso di salita per la montagna e senza particolari problemi, perchè ero in bassa stagione, altrimenti cosa alquanto ardua.
Grazie alle loro preziose informazioni, capii che per salire sul Mount Withney, avevo un solo giorno di bel tempo.
Stava arrivando una perturbazione, caratterizzata da forti venti e con possibili burrasche in quota.
Normalmente per la cima, da Withney Portal, sono necessari due giorni a causa delle distanze da percorrere e anche per la quota, infatti suggerivano di bivaccare una notte in una delle tappe intermedie lungo il percorso.
Non avevo molta scelta purtroppo, l’indomani decisi quindi di salire, con non poche perplessità.
Trovai posto al Lone Pine Campground, collocato a quasi duemila metri di altezza, incastonato tra le desertiche e suggestive Alabama Hills, famose per i molti film girati che hanno fatto anche la storia del Cinema; qui ero coccolato da un bellissimo tramonto che instancabile stava dipingendo le montagne con colori sempre diversi, sempre più più intensi.
Preparai bene lo zaino per il giorno dopo e riuscii a fare anche una buona cena in compagnia con una simpatica coppia, mentre le stelle lentamente si stavano facendo strada in celo.
Chiacchierando del più e del meno, conobbi nel profondo le loro vite, lui originario dalla Russia, lei Americana, spesso in Europa per lavoro.
Io ricambiai raccontando la mia di vita, un giovane ribelle e pieno di sogni, loro ex insegnanti ora pensionati, alla scoperta del mondo, anch’essi pieni di sogni.
Un piacevolissimo incontro che porterò sempre nel cuore.
Dormii dunque la mia ennesima notte in auto, ma prima di chiudere gli occhi, avvolto dal mio caldo saccopelo, abbassai il finestrino per vedere meglio ed ammirare le miriadi di stelle, meravigliosamente uniche; non le avevo mai viste così, forse perché mi trovavo appunto nel deserto e tra l’altro solamente ad un centinaio di chilometri dalla famosa Death Valley.
Suonò la sveglia, questa volta alle 6.00, avevo dormito benissimo e pigramente mi preparai; ero tutto raggrinzito, quell’alba nel deserto era veramente fredda, ma fortunatamente il sole sorse in fretta e in poco tempo intiepidì l’atmosfera e anche il mio entusiasmo.
Bevuto l’ultimo sorso di té caldo, mi avviai con l’auto fino al parcheggio vicino al Withney Portal campground; qua potevo lasciare il veicolo con il permesso che avevo ottenuto il giorno prima;
Parcheggiato il mezzo, strinsi bene i lacci delle scarpe, gli spallacci dello zaino e in pochi minuti ebbe inizio la mia corsa contro il tempo..
Salii per un sentiero evidentissimo, molto bello, ma decisamente lungo, con infiniti zig zag prima di arrivare alla base della grande parete granitica del Mount Withney; ero completamente assorto nell’ammirare la grandiosità del posto in cui mi trovavo.
Escursionisti avevano dormito in tenda come buona norma, a metà percorso, a circa 3500 metri di quota, ma non li invidiavo, almeno per il freddo che c’era.
Io avevo riposato bene e nonostante la neve e la quota, arrivai in vetta dopo aver percorso circa 16 chilometri con oltre duemila metri di dislivello, in nemmeno quattro ore e mezza; sapevo che dovevo farlo velocemente e così è stato per fortuna, il gambe rispondevano benissimo.
29 ottobre 2016, dalla vetta si spaziava ovunque, il panorama era davvero notevole, in particolare verso la Death Valley.
Tra le fortissime folate di vento gelido ed un sole accecante; a fatica riuscii a fare qualche foto e salutai i due alpinisti che erano saliti prima di me; eravamo un poco ubriachi per la quota e con i volti congelati, ma riuscimmo lo stesso a comunicarci qualche frase di gioia.
Il brutto tempo in lontananza puntuale stava arrivando, ma ormai ero tranquillo, dovevo solo scendere e stavo realizzando, con incontenibile entusiasmo che avevo concluso la mia prima vera grande avventura in solitaria tra i Parchi e le montagne della California, lontanissimo da casa, in totale autonomia.
L’obiettivo era l’intero JMT, non sono riuscito a completarlo, ma questo non ha cambiato minimamente l’emozione e la soddisfazione che ho potuto vivere.
Sono sempre e comunque preziosissime esperienze che ti cambiano la vita per sempre.
Ho potuto scoprire in questo modo che spesso ci sottovalutiamo, vivendo ingabbiati nella routine, credendo che sia impossibile voltare alcune pagine della propria vita, ma a volte basta un pizzico di coraggio e magari scopriamo doti nascoste che mai avremmo immaginato di avere.
Tutti possiamo, tutti dobbiamo essere protagonisti della nostra preziosa vita, senza rimpianti, senza lasciare dubbi su qualcosa di intentato; la vita è un’avventura continua, passo dopo passo, inseguendo un sentiero sempre pieno di sorprese…
RINGRAZIAMENTI
Doverosi alle ditte che mi hanno fornito i materiali tecnici per affrontare al meglio questa mia avventura
CAMP – CASSIN
LA SPORTIVA
Un grazie di cuore all’agenzia Gusela Travel di Belluno, in particolare Martina.
Ai negozi specializzati
VERTICAL SPORT Primiero e
KAVESTREL SPORT Agordo
E a tutti gli amici più cari che mi hanno incoraggiato prima del viaggio, durante e accolto poi al rientro, in particolare (Tania Noakes, Dario Betton ed Eddj Nani, Nilo e famiglia )