Il tramonto oltre il tramonto…
Penso alle recenti immersioni notturne mentre nella notte più scura mi dirigo in gommone con i miei compagni verso il promontorio di Portofino, il parco regionale conosciuto per la sua rete sentieristica amena e unica. Non ne distinguo la sagoma; identifico solo la morfologia delle celate montagne di costa che schiacciano i piccoli uomini contro la distesa blu, ora più nera delle tenebre che la sovrastano.
Penso alle recenti immersioni con Elena, con il mio maestro Mario, con l’entusiasta e promettente Luca e l’espertissima Cristina. Quanto è diverso quando di giorno ci prepariamo, quanto tutto ciò che scorgiamo assomiglia a ciò che pensiamo che sia, quanto ogni cosa risulta pura illusione.
Mentre scorro veloce sui flutti a contatto con l’immensa acqua nera, senza sapere cosa vi sia al di sotto di essa, avvicinandomi alle invisibili coste, mi rendo conto che quando sarò in profondità, l’erogatore mi allontanerà dalla mancanza di aria, come quando sono in montagna la corda mi allontana dalla terra, centinaia di metri più in basso. L’erogatore e la corda mi tengono distante dalle cose: solo la morte potrebbe avvicinarmi alla terra, alla roccia o all’acqua e agli abissi. La morte mi avvicinerebbe alla vita.
Lottiamo con tutto ciò che chiamiamo anima per allontanarci dalle cose, sostanzialmente non viviamo a causa dell’assenza di morte: un giorno essa ci avvicinerà alla vita smettendo di ipotizzare il vero contatto con l’esistenza.
L’anima per altro non esiste, è una proiezione della nostra mente che a sua volta non esiste, ma è un’identificazione virtuale dell’insieme dei processi chimici che connaturano il nostro ragionamento fisico.
Penso alle recenti immersioni: in pochi metri d’acqua con una bombola sola in due, usando due erogatori nello stesso serbatoio, e i soli miei polmoni per gestire il mio assetto, la mia posizione in acqua. Mi rivedo con il naso all’insù a osservare uno spettacolo magnifico di luci filtrate dalla superficie…
Un tramonto? Fari al sodio?
Utilizzando la luminosità ci siamo orientati a lungo… il fine è stato raggiunto, ma posso dire di aver percepito con quale mezzo? Se non avessi saputo la natura di quelle luci, prima di immergermi, cos’avrei pensato che fossero?
Così accade durante la nostra vita: osserviamo quella che reputiamo essere la realtà e la utiliziamo credendo davvero che l’insieme dei fatti accaduti sia la verità, ma non abbiamo la minima idea di cosa si verifichi davvero al di là della nostra mente.
Mi scatto una foto… vedo poco, ma non significa che il resto non esista.
Schiarisco l’immagine a computer… vedo meglio: quali informazioni ho acquisito sulla realtà?
Assolutamente nessuna.
Giorni fa ho indicato un oggetto e ho provato a spostarlo con il pensiero, un gioco che faccio spesso da quando son bambino, finendo per esordire con il sorriso: “ce la farò prima o poi”…
Elena mi guarda e mi chiede se creda davvero alla telecinesi. Sorrido ancora.
“Amor mio cos’è la realtà? Noi dove siamo?”
Pensiamo di essere in una determinata stanza, con le tende, i vetri, il pavimento, adagiati su un letto… perché una serie di impulsi elettrici stimolano in noi sensazioni che il nostro cervello rielabora in ciò che chiamiamo suoni, immagini, profumi… Non possiamo nemmeno affermare che le nostre orecchie, gli occhi o il naso, siano in grado di trasdurre elementi e trasformarli in segnali, perché il nostro stesso organismo è qualcosa di cui abbiamo percezione e perciò potrebbe essere a sua volta pura illusione.
A ciò aggiungo che l’insieme dei dati che possiamo registrare e rielaborare, si riferiscono a tre dimensioni tra le innumerevoli esistenti. Non sappiamo dire né dove siamo, né quando siamo…
Proviamo ad affrontare la questione superficialmente: pensiamo a una persona non udente a un concerto; non avverte alcun suono e nessuno è in grado di spiegargli di cosa si stia parlando, eppure la sua cassa toracica vibra in risonanza con le onde… Cos’è per lui la musica? Cos’è per un udente la musica?
Se mangio un cibo che adoro per me è un qualcosa di totalmente diverso da ciò che rappresenta per qualcuno che odia tale elemento. Se maneggio un bicchiere di un determinato insieme di colori esso avrà la stessa funzionalità che ha per un individuo daltonico o discromatico pur non essendo lo stesso oggetto.
Esiste la realtà? L’unico elemento reale in tutto ciò è che in ogni epoca gli uomini si sono posti questa domanda: da Descartes con il suo dubbio iperbolico alle più facili identificazioni di Matrix.
Nuoto nel nulla oscuro, stringo Elena a me, osservo le luci che posso guardare, ma non posso vedere…
Anche se non so cosa sia la realtà, sento calore, ma non con la mia pelle, e so cosa è vero.
Christian Roccati
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