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1 Novembre 2019

Un cappotto di primavere

Ci sono tante fasi della vita, tante persone e ognuna ti può insegnare qualcosa. Dare importanza a ogni momento, ogni istante, ogni respiro, viverlo, completi del proprio passato e del proprio futuro, non solo il mero e sterile qui e ora.

Ho deciso di vivere moltissime esperienze, ho avuto decine di occupazioni e tra esse anche la gestione di uno store di materiale da montagna.

Chiudo gli occhi un secondo e ricordo in particolare una primavera: un amico che aveva parecchi inverni più di me, venne a chiedermi consulenza in negozio, al fine di comprare un paio di scarponi d’alta quota. Se c’è una cosa che non dimenticherò per il resto del mio tempo sono i suoi occhi quel giorno; iridi lucide guardavano le mie, eppure passavano oltre, lontano, tra crinali e vette, quelle del tempo che fu e quelle che non sarebbero state.

L’uomo amava la vita da morire e così la montagna forse anche più di se stesso. Gli scarponi che stava per comprare sarebbero stati il suo ultimo paio, ne era conoscio. La livella passava anche dalle calzature, senza risparmiare alcun tratto.

Il negozio aveva un lungo corridoio che lo separava dall’uscita mediante tre scalini di ardesia adagiata, e su quel tratto, l’anno seguente scorsi da lontano uno sguardo fraterno e acuto. Era incastonato nel corpo di un uomo che si muoveva con un’andatura a me ignota, che non riuscivo a comprendere.

Ricordavo bene quegli occhi, il resto no, il resto non era mai appartenuto alla mia vita. Mi avvicinai tentando di capire chi avessi di fronte. Impiegai parecchio tempo; dapprima parole e ricordi per avvicinarmi alla verità e infine il linguaggio paraverbale, affaticato nella sua nuova traduzione.

Il mio amico si era reincarnato in nuova veste, sostenuto da un bastone, lento nel dire e nel fare, vittima di più mali. Aveva bisogno di una giacca invernale per difenderlo dal freddo, voleva indossarla sopra ai suoi anni che alla fine lo avevano raggiunto. La sua mano era decisa e gentile e serrava la mia con vigore, ma era anche fredda, come mai l’avevo sentita.
Non poteva più andare per montagne con il corpo, ma non poteva non farlo con la mente. Voleva che lo aiutassi a regalare i suoi sci da alpinismo, perché potessero scorazzare liberi e permettere a qualche buon giovane di stare lassù.

Lo salutai invitandolo a partecipare a serate e ritrovi, imparando una volta ancora qualcosa.
Si può smettere d’andare in montagna, ma non si può smettere d’esser alpinisti.

Christian Roccati
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