Il 25 aprile, festa nazionale della Repubblica Italiana, purtroppo mi riporta a due anni fa, quando un terremoto violentissimo di magnitudo 7.8 ha messo in ginocchio il Nepal causando morti, feriti e distruzione. Ricordo come se fosse ieri il mio sgomento nell’ascoltare questa notizia. Ero tornato da un solo giorno dal sogno di una vita ( l’Himalaya ): mi pareva tutto assurdo. Avevo bisogno di isolarmi, di pensare a tutto ciò. Quel giorno scrissi:
Vorrei scrivere un pensiero per il Nepal devastato da questo terribile terremoto. Assurdo pensare di essere venuto via pochi giorni prima. In questi casi possiamo fare ben poco se non mandare un pensiero, una preghiera per tutte le persone morte, ferite, colpite dal sisma. Il Nepal è una popolazione poverissima ma di gente davvero incredibile: sempre disponibili, gentili. Riprendersi da un terremoto così è difficile per noi, figuriamoci in un paese così povero. Chiedo a tutti coloro che avevano intenzione di intraprendere un trekking o un viaggio in Nepal: non appena si sarà sistemata la situazione non rinunciate ad andare soltanto perchè è accaduto. Per questa popolazione il turismo vuol dire lavoro, vita. Senza di noi sarebbero ancora più poveri. Un amico giornalista (Emilio Previtali) dice “quel trekking in Nepal che è una vita che dite di voler fare e che continuate a rimandare, tra le montagne più alte del pianeta e dove vive la gente più ospitale e pacifica del mondo. Tra un pò, senza rimandare ancora e senza lasciar passare troppo tempo, fatelo. Fatelo davvero. E’ il modo migliore per dare una mano.”
Per non dimenticare tutto ciò ho deciso di riportare alcune pagine del mio diario di viaggio. Spero possano servire a far nascere in chi sogna questo viaggio ma lo ha sempre rimandato quella scintilla magica che vi farà decidere di partire.
Scritto del 26.03.2015 Namche Bazar
“Ho pregato coi monaci!
.. sono stato in giro fino alle 18.45: era già buio. Di rientro al nostro Lodge ho visto i bambini che giocavano per le stradine del paese quasi private del tutto dalla luce del giorno. Saltavano la corda mentre una bambina teneva dentro al maglione più grande di lei una gallina che spaventata si guardava attorno. Bellissimo. Avvolto nei miei pensieri ho sentito una musica strana provenire dal piano superiore di un edifici vicino a dove pernottavamo noi. Sono entrato. Mentre salivo le scale ho visto un giovane monaco e gli ho chiesto subito se potevo seguirlo: gentilmente mi ha fatto cenno di si. Ho tolto le scarpe e sono entrato. C’erano una decina di monaci. Tutti con un libro di preghiera davanti, chi con un tamburo, chi con i piatti, chi con uno strumento simile ad un oboe. Un odore simile all’incenso penetrava le mie narici e la stanza piena di coperte gialle, rosse, pareti dipinte, ecc.. aveva catturato il mio sguardo. La foto del Dalai Lama aveva davanti delle Kata ( sciarpa bianca di seta con simboli di preghiera ) avvolte non capivo dove.
Mi sono seduto a gambe incrociate ascoltando tutti quei suoni e parole strane alle mie orecchie e cercando il silenzio dentro di me ho chiuso gli occhi: in un attimo ho pensato a Dio. Ho pensato a quanto sarebbe stato bello se ci fossi stato tu Papà. Ho respirato a fondo. Credo che in quei suoni, in quelle strane parole ci fosse il respiro della vita..”
Scritto del 08.04.2015 Gokio – Renjo La – Lungden
“Questo è un po il giorno che segna la “fine” del nostro trekking in Nepal. Dei 3 passi che dovevamo fare questo è il primo e sarà l’ultimo. Troppa neve per fare gli altri pianificati all’inizio del trekking.
Renjo La, un passo a 5345 m..500 m circa sopra il Monte Bianco.
È stata durissima. Non riuscivo all’inizio a rompere il fiato. Il passo innevato (come poi tutta Gokyo).
Piano piano si arriva ovunque, mi sono detto, e piano piano sono arrivato in cima. Un dono stupendo, una visione magica (l’ennesima qui in Nepal). Il mio primo passo!Il tempo era super, con qualche nuvola che giocava con le cime e che ha reso ancor più bello il panorama. L’Everest si vede in quasi tutta la sua imponenza e maestosità assieme al Lhotse. Ma sono le cime cariche di neve che ci circondavano che mi hanno impressionato di più. Emozionante.
Al nostro portatore Danu avevamo prestato le nostre scarpe (troppa neve per le sue normali scarpe da ginnastica).
Terminato il pranzo al sacco che il Namaste Lodge (gentilissimi) ci aveva preparato, siamo scesi dal passo per una valle incantevole. Abbiamo incontrato solo due persone che salivano…un privilegio!
Sempre immersi nella neve siamo arrivati al lago Angladumba Tsho, anch’esso ghiacciato e innevato. Mi sono fermato a contemplare l’infinito e il silenzio. Non so quante foto ho scattato, ma sicuramente nessuna di esse renderà il momento.Qui mi è venuto spontaneo ringraziare Dio. Avevo il mio zaino, acqua, qualche biscotto…non mi serviva altro. Grazie. Non posso che sentirmi fortunato.
Mi sono visto piccolo in quelle immensità, ma allo stesso tempo grande: stavo guardando il mondo con il cuore. Ho pensato a tutte le persone che conosco: se solo una volta nella vita potessero vedere ciò che ho visto io, o provare ciò che ho provato io, ovunque si trovino. L’infinito in un attimo.
A proposito di infinito: il ritorno lo è stato. Non so quanto abbiamo camminato. Assurdo. Ma da quanto era bello il posto in cui ci trovavamo, non ho sentito più la fatica.
Siamo arrivati a destinazione dopo quasi 7h totali di camminata (da Gokyo). Ci siamo messi a giocare a carte fino a cena assieme ai due tedeschi che ormai ci accompagnano nel nostro trekking.”
Scritto del 9.04.2015 Rest to Lungden
“Abbiamo deciso di farci una giornata di relax prima di correre a Namche e poi a Lukla per poi rientrare nella civiltà. Il trekking è finito ma abbiamo deciso di goderci qui l’ultimo silenzio prima di tornare nella caotica Namche, prima di riavere internet e tutte le comodità. Passeggiando in direzione del Tibet decidiamo di sdraiarci in un sasso a chiacchierare. Il cielo era pieno di soffici nuvole che giocavano con vette maestose di fronte ai nostri occhi. Strani uccelli simili alle aquile volavano sopra le nostre teste. In quell’attimo di pace sognavo. Che bello che è sognare. Posso solo dire grazie perchè l’Himalaya era il mio sogno: un sogno divenuto realtà.
Viaggiare è un pò come tornare a casa.. alla propria casa. Noi stessi. La vita è un viaggio.. è un continuo evolversi di situazioni, incontri, gioie, dolori. Forse se stiamo troppo fermi, forse se facciamo come l’ostrica che sta attaccata allo scoglio senza mai lasciarsi andare alla scoperta del mare aperto credo che un pò ci perdiamo la vita, la nostra vita. Penso che viaggiare serva anche a questo: ricordarci che la nostra vita è un viaggio, che si cambia, che non siamo infiniti. Viaggiare in noi stessi, alla continua scoperta di chi siamo. Viaggiate quindi! Ogni istante, attimo della nostra vita è un dono immenso che non va sprecato ma vissuto! ”
Scritto del 21.04.2015
“Sogni…Penso bisogna essere forti, coraggiosi e un pò pazzi per realizzarli o tentare di farlo. C’è chi li vede troppo lontani, c’è chi dice che in quanto sogni devono rimanere tali, c’è chi per paura di non farcela non ci perde tempo. Io dico: in qualsiasi cosa vi impegnate nella vita e in particolare per i vostri sogni, avete già vinto in partenza dopo aver fatto il primo passo verso di loro.
L’Himalaya, il mio sogno. Ancora a volte mi chiedo se è successo davvero. Mi dico di sì! Ho visto le montagne più alte della terra, ho calpestato i luoghi da cui sono partite le grandi spedizioni del passato. Ho toccato con occhi l’infinito, la durezza della quota, del freddo, della natura. E ho scoperto che quando si è stanchi, soli, affaticati in ambienti dove l’uomo dipende dalla natura, le tue radici, i tuoi amori, i tuoi amici, la tua vera vita affiora più che mai: e in questi momenti riscopri la tua energia inesauribile, quel qualcosa che non ti fa mai mollare. In totale il mio Garmin segna 256 km fatti a piedi, ma mi accorgo di aver percorso infiniti km dentro di me. Come ogni viaggio si rientra un pò cambiati, diversi. Ma il bello di viaggiare è anche questo: scoprire un evoluzione dentro di sè, fatta di emozioni vissute, incontri che ci segnano, gioie, sofferenze, mancanze. Ho ascoltato il silenzio, sentito lo spirito di quei posti. Bellissimo faticare in queste valli selvagge dove ancora il turismo non ha completamente cambiato il loro modo di vivere, dettato ancora dalla natura. Grazie Carl, grazie Mattia, siete stati dei compagni di viaggio magnifici. Ho portato con me, coi miei occhi mio padre e la mia famiglia. Sono stati in ogni centimetro di questa terra…e spero di essere riuscito a portare in qualche modo anche voi da casa con questo diario.”