Per produrre energia in notevole quantità occorrevano abbondanza d’acqua e notevoli dislivelli. Fu così che iniziò il sistematico sfruttamento delle acque montane a fini energetici che ebbe il massimo sviluppo dagli anni venti in poi, specialmente con la realizzazione di grandi invasi, che potevano garantire una maggior produzione di energia, atta a soddisfare le crescenti esigenze dell’industria della pianura. Fu una sorta di “colonizzazione delle terre alte”, come l’ho definita, colonizzazione necessitata appunto essenzialmente dal fabbisogno industriale. Ma la demografia dell’arco alpino di quell’epoca in particolare prevedeva che le vallate fossero abitate. Ed ecco allora che la realizzazione di invasi poteva includere la sommersione di interi borghi e la ricollocazione altrove dei relativi abitanti.

E qui è opportuno sottolineare come quegli invasi prevedessero la ricollocazione di abitanti per garantire l’approvvigionamento energetico di quelle industrie della pianura che sarebbero in seguito state proprio la causa principale dello spopolamento di quelle valli. In realtà non furono comunque molti i borghi sommersi, ma furono concentrati proprio dove l’energia elettrica era maggiormente necessitata in allora, cioè l’arco alpino occidentale con la contigua pianura padana. Ve ne furono però anche altri. Famoso il Lago di Resia, dove le comunità di Curon e Resia si batterono inutilmente contro la realizzazione, e quello di Vagli, nell’Appennino, che comportò la sommersione di Fabbriche di Careggine.